«Oltre 11mila tra carabine, fucili e pistole del valore di quasi otto milioni di euro – tutti sistemi d’arma semiautomatici di alta precisione e talune di tipo quasi militare, ma autorizzate come “armi da difesa” – sono stati esportati nel 2009 con beneplacito del governo Berlusconi dalla fabbrica d’armi Beretta al colonnello Gheddafi. Il fatto non sarebbe mai venuto alla luce se non ci fosse stata la nostra indagine su documenti resi pubblici dal governo maltese a seguito di discrepanze nei rapporti europei». Lo affermano in un comunicato congiunto la Rete Italiana per il Disarmo e la Tavola della Pace. Le due organizzazioni definiscono «grave e irresponsabile» la condotta dei ministri degli Esteri, Franco Frattini, e degli Interni, Roberto Maroni e stigmatizzano le «reiterate falsità» del ministro della Difesa, Ignazio La Russa, sul tema delle forniture militari italiane alla Libia.
«Al di là del singolare ‘errore di trascrizione’ dei funzionari maltesi – che avevano inizialmente riportato un carico di oltre 79 milioni di euro invece che di 7,9 milioni di euro di armi, una faccenda ancora poco chiara sulla quale il Governo dove ancora rispondere in Parlamento – abbiamo ampiamente accertato che l’Italia nel 2009 ha esportato oltre 11mila armi di tipo semiautomatico, molto simili a quelle militari e comunque estremamente letali alla Libia senza darne alcuna comunicazione né al Parlamento né all’Unione Europea», afferma Francesco Vignarca, coordinatore della Rete Italiana per il Disarmo. Si tratta di 7.500 pistole semiautomatiche modello Beretta PX4 Storm cal. 9×19, di 1.900 carabine semiautomatiche modello Beretta CX4 Storm cal. 9×19 e di 1.800 fucili Benelli modo M4 cal.12 sempre della ditta Beretta esportate dall’Italia via Malta. «Seppure, stando alle procedure burocratiche, l’autorizzazione possa anche essere fatta rientrare nella normativa nazionale prevista per le armi di ‘non specifico uso militare’, resta il fatto – gravissimo – che il Governo italiano abbia deciso di non segnalarla nelle relazioni all’Unione Europea senza poi fare un passo ufficiale di chiarezza una volta esploso il caso» segnalato congiuntamente da Tavola della Pace e Rete Disarmo.
«Il ministro La Russa – spiega Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace – ha cercato di sviare l’attenzione dalla faccenda affermando pubblicamente che «il Ministero della Difesa non ha dato nemmeno un coltellino per unghie a Gheddafi». É vero – commenta Lotti. Non si tratta di coltellini per unghie, ma di vere e proprie armi che oggi stanno facendo stragi di civili. Non è forse vero che il suo Ministero il 17 ottobre 2008 ha autorizzato la vendita di armi alla Libia per 3 milioni di euro? In ogni caso, al popolo libico interessa molto poco se le armi italiane siano state esportate con il consenso del Ministero degli Interni, degli Esteri o della Difesa. Sta di fatto che quelle armi vengono oggi usate per reprimere nel sangue chi si oppone al regime di Gheddafi. Che ne pensa il ministro degli Interni, Roberto Maroni? É lui che ha autorizzato l’invio di 11.000 armi al regime di Gheddafi».
«Stesso discorso per il ministro Frattini – aggiunge Giorgio Beretta, analista della Rete Disarmo. Il ministro degli Esteri sa bene che – seppur sia stato sollevato l’embargo di armi verso la Libia – è incaricato di far eseguire la Posizione Comune dell’Unione europea sulle esportazioni di armamenti».
Tale decisione comunitaria chiede espressamente ai governi prima di ogni esportazione di armi di accertare il «rispetto dei diritti umani nel paese di destinazione finale», il «rispetto del diritto internazionale umanitario da parte di detto paese» e di rifiutare le esportazione di armi «qualora esista un rischio evidente che la tecnologia o le attrezzature militari da esportare possano essere utilizzate a fini di repressione interna».
«Signor Ministro, chi le ha dato le necessarie garanzie? Forse Gheddafi quando è venuto a Roma? – riprende Giorgio Beretta – E, badi bene, quelle armi sono state personalmente prese in carico – come ha certificato l’Ambasciatore italiano a Tripoli, Vincenzo Schioppa – dal Colonnello libico Abdelsalam Abdel Majid Mohamed El Daimi, Direttore della Direzione Armamenti della Pubblica Sicurezza del colonnello Gheddafi, non quindi da una qualsiasi ditta autorizzata alla rivendita al dettaglio di “armi per uso civile”: sono cioè armi consegnate a funzionari del regime del rais e, lei signor Ministro non può dirsi estraneo alla faccenda».
«Vi è poi una grave mancanza di trasparenza della ditta Beretta», aggiunge Carlo Tombola, direttore dell’Osservatorio sulle armi leggere (OPAL) con sede a Brescia. «A seguito del comunicato della Rete Disarmo la ditta bresciana produttrice delle armi esportate alla Libia si è prontamente pronunciata per «smentire seccamente» il coinvolgimento nella fornitura di 79 milioni di euro di armi leggere alla Libia tramite Malta riportato da organi di stampa belgi, maltesi e italiani. Ma la ditta si è guardata bene dal dichiarare che in quello stesso anno aveva inviato oltre 11mila armi di sua fabbricazione ai funzionari del colonnello Gheddafi. Per non dire poi che le armi esportate sono di fatto alquanto simili a quelle presenti nel catalogo militare della Beretta. Le variazioni sono minime, assolutamente irrilevanti ai fini della repressione interna», conclude Tombola.
Chiediamo quindi al Governo italiano di fare immediata chiarezza sull’intera vicenda delle «armi leggere» italiane esportate via Malta alla Libia mostrando in Parlamento tutti i documenti ufficiali di esportazione e di transito e dimostrando che erano davvero solo del valore di 7,9 milioni di euro e non – come inizialmente riportato da Malta – di oltre 79 milioni di euro. Inoltre il Governo dovrebbe informare noi e tutti i cittadini a riguardo di chi sia oggi in effettivo possesso delle 11mila armi semiautomatiche italiane finite in Libia, che utilizzo ne venga fatto in questi giorni in cui – come riportano accreditate fonti di stampa internazionali – è in atto una violenta repressione della popolazione da parte del regime del colonnello Gheddafi.
Tavola della Pace e Rete Italiana per il Disarmo sollecitano poi il Parlamento affinché interroghi il Governo su tutto l’insieme delle armi vendute dall’Italia alla Libia, su tutte le forniture di armamenti, i servizi e le operazioni militari congiunte col regime di Gheddafi sia che siano state effettuate dal ministero degli Interni, degli Esteri e da quello della Difesa. Quante armi abbiamo venduto in questi ultimi anni alla Libia, quali, quando e in base a quali accordi politici e militari?
Chiediamo ai Ministri Maroni e Frattini di spiegare in Parlamento sulla base di quale criteri della Posizione Comune dell’Unione Europea e, quindi, di quali effettive garanzie di tutela dei diritti umani sia stata autorizzata l’esportazione di oltre 11mila armi semiautomatiche al Direttore della Direzione Armamenti della Pubblica Sicurezza del regime di Gheddafi.
Chiediamo infine al Ministro della Difesa Ignazio La Russa di spiegare in cosa consista l’autorizzazione rilasciata dal suo Ministero il 17 ottobre 2008 del valore di 3 milioni di euro avente come destinatario la Libia (Autorizzazione «Nulla Osta» n.53861 del Ministero della Difesa) e che tipo di armamenti prodotti dalla ditta Oto Melara del valore di 3 milioni di euro siano stati esportati su autorizzazione sempre del suo Dicastero (SMD/47890/05) segnalata nella Relazione della Presidenza del Consiglio nel 2009.
Rinnoviamo le nostre richieste al Governo a sospendere con atto formale e di fatto tutte le forniture di armamenti e ogni forma di aiuti e cooperazione militare con i paesi del Nord Africa (Algeria, Egitto, Tunisia e Libia, Marocco, Yemen e Bahrein) le cui popolazioni in questi mesi hanno manifestato e stanno manifestando contro regimi dispotici e illiberali.
Rinnoviamo, infine, la richiesta al Governo e a tutte le forze parlamentari di stralciare le annunciate – e peggiorative – modifiche alla legislazione nazionale sulle esportazioni di armamenti dalla Legge Comunitaria attualmente in discussione nelle commissioni parlamentari per aprire un serio e approfondito confronto con le associazioni della società civile sulla normativa sui controlli all’esportazione di armi alla luce delle recenti direttive europee.
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Rete Italiana per il Disarmo – [email protected]
Tavola della Pace – 075/5734830
Fonte: comunicato stampa congiunto di Rete Italiana per il Disarmo e Tavola della Pace