[di ROBERTO ZANINI • 12.03.04] «Proxima estacion, Atocha». Il computer del metrò spagnolo aveva una delicata voce di donna artificiale, la stazione moderna ed efficiente come si addice a una capitale europea con perenne promessa di successo. Ora è una rovina fumante e Madrid una città colpita al cuore...

L’ORRORE VICINO

«Proxima estacion, Atocha». Il computer del metrò spagnolo aveva una delicata voce di donna artificiale, la stazione moderna ed efficiente come si addice a una capitale europea con perenne promessa di successo. Ora è una rovina fumante e Madrid una città colpita al cuore. Atocha è una moschea a Najaf, una fermata d’autobus a Gerusalemme, un palazzo di Mosca prima delle presidenziali. L’orrore è arrivato in Europa. Oggi ha fatto strage di pendolari castigliani e domani sarà il fantasma dietro le spalle di tutti. Ben dentro le nostre tiepide case. Ci colpiscono le proporzioni del massacro, la sua scienza feroce, la casualità con cui il macellaio ha scelto le sue vittime. Ma più di tutto l’idea che l’orrore sia tanto pervasivo, che ci riguardi tanto da vicino. Ha padri e madri, ma a che serve saperlo? Ai morti di Madrid non importerà molto stabilire d’essere stati ammazzati dall’Eta o da Al Qaeda. Gli altri vivranno nella paura di prendere un treno, tragicamente rassicurati dal ministro spagnolo che punta il dito contro l’affare interno basco oppure sconfortati dalla rivendicazione islamista ricevuta da un giornale. Vivendo, tutti quanti, in una guerra permanente che svolge in modo mirabile la sua funzione di moltiplicatore dell’angoscia. Inutile cercare altre spiegazioni, l’orrore non ne ha e non ne dà, confligge con ogni logica e ogni logica affonda sulla sua scacchiera insanguinata.

Può darsi che sia stata accantonata troppo in fretta l’antitesi tra socialismo e barbarie. Liquefatto il primo – come ogni ipotesi di società diversa realizzabile in terra, come ogni razionalizzazione dei conflitti sociali – non ci resta che la seconda. Pronti ad accogliere soluzioni poliziesche ben accette da città terrorizzate e barattare libertà per sicurezza. Tra il disordine e l’ingiustizia sceglieremo di combattere il disordine. E quel giorno avremo perso, definitivamente.


(tratto da “il manifesto” del 12.03.04)