[Unimondo • 11.03.04] In attesa dei tabulati ufficiali della votazione tenuta alla Camera sul decreto legge 2700 sul rifinanziamento delle missioni internazionali, tra cui quella irachena, va registrata l'approvazione di tutte le missioni militari italiane con il forte sostegno della maggioranza...

IRAQ. LE CONTRADDIZIONI DEL VOTO

In attesa dei tabulati ufficiali della votazione tenuta alla Camera sul decreto legge 2700 sul rifinanziamento delle missioni internazionali, tra cui quella irachena, va registrata l’approvazione di tutte le missioni militari italiane con il forte sostegno della maggioranza.

“Il voto di mercoledì 10 marzo della Camera dei Deputati a favore del rifinanziamento della missione militare italiana in Iraq è una decisione profondamente sbagliata” – comunica il Comitato Fermiamo la Guerra che si sta preparando alla manifestazione del 20 marzo. “Il voto in Parlamento non corrisponde alla volontà della maggioranza delle cittadine e dei cittadini italiani, che hanno manifestato contro la guerra il 15 febbraio del 2003 e riempito le città con le bandiere della pace. E’ per questo che la scelta di una parte delle opposizioni di non esprimere un voto contrario è in contraddizione con le ragioni e la piattaforma del movimento per la pace. Abbiamo bisogno di parole e atti coerenti”.

Va segnalato comunque che 70 deputati hanno votato a favore dell’emendamento che chiedeva il ritiro immediato dei militari italiani in Iraq. Di questi 70, ben 40 provenivano dalle file della Quercia, compresi quattro della maggioranza (Albonetti, Preda, Giacco e lo stesso Zani), e 7 da quelle della Margherita. E questo nonostante che i partiti della Lista Prodi avessero annunciato il loro voto contrario all’emendamento. Gli altri voti favorevoli sono giunti da un deputato dell’Udeur, da sei del Pdci, da cinque Verdi e da 11 di Rifondazione comunista.

Dall’editoriale di Carta scritto da Perigluigi Sullo riportiamo uno stralcio che richiama al principio di coerenza verso la manifestazione del 20 marzo. “Quel che è indiscutibile è che quello che è successo contraddice la ragione per la quale i pacifisti statunitensi hanno chiesto ai loro compagni in tutto il mondo di scendere in piazza il 20 di marzo: il ritiro immediato e incondizionato delle truppe di occupazione, quale premessa indispensabile per una effettiva pacificazione, in cui siano gli iracheni a decidere sul loro destino. Per gli statunitensi, peraltro, ancor più che per noi, ritirare le truppe è una necessità: per salvare la vita, letteralmente, a coloro che in divisa mimetica e loro connazionali muoiono ogni giorno. Sarà sbagliato, dal punto di vista dei riformisti, ma il punto è questo, non un altro, e non lo si evita imbrogliando le carte e, peggio ancora, facendo le vittime o i finti tonti”.

E proprio negli Stati Uniti la coalizione “United for Peace and Justice”, che raggruppa più di 600 organizzazioni pacifiste, invita tutti gli attivisti a incontrare nella giornata “Iraq Advocacy Day” di venerdì 19 prima della manifestazione del 20 marzo, i membri del Congresso che ritornano nelle città d’origine per continuare la propaganda elettorale in vista delle presidenziali. Dopo il faccia a faccia con i “congress” e a seguito della manifestazione mondiale, le reti americane hanno organizzato per il mercoledì 24 marzo a Washington un’audizione nazionale sul tema dell’Iraq.