Un provvedimento che -ricorda Ermete Realacci, presidente della VIII Commissione Ambiente della Camera e primo firmatario del testo- «riconosce al commercio equo e solidale e ai soggetti delle sua filiera la funzione di sostegno alla crescita economica e sociale dei Paesi in via di sviluppo, indica con definizioni precise significato e finalità di questa forma di commercio, dà garanzie di trasparenza e di correttezza sulle modalità produttive e sulle prassi produttive ed organizzative attuate dalle organizzazioni del settore, promuove e finanzia azioni di sostegno per il settore». Dopo una decina di leggi regionali, un corpo di diciassette articoli definisce il fair trade e ne disciplina la presenza nell’ordinamento nazionale.
Una legge che stabilisce i termini della cosiddetta «filiera integrale», affermando che chi fa commercio equo dev’essere un’organizzazione che lo fa in prevalenza senza fine di lucro, attraverso un testo elaborato a stretto contatto con «Equo Garantito» e ispirato, in parte, anche alla sua Carta dei criteri.
Tra gli aspetti principali della legge la definizione precisa di ciò che è commercio equo e solidale, con l’accento sul ruolo delle organizzazioni che lo promuovono. E poi la tutela: nei confronti del movimento, nel contrasto agli abusi, nel rispetto del consumatore. Sul versante della promozione la legge mette a disposizione risorse ingenti -fino un milione di euro per il primo anno- per sostenere a tutti i livelli il fair trade.
«Per commercio equo e solidale -spiega il documento redatto dal Servizio studi della Camera- si intende un rapporto commerciale con un produttore in forza di un accordo di commercio equo e solidale basato sul dialogo, sulla trasparenza, sul rispetto e la solidarietà, che è finalizzato all’equità nelle relazioni commerciali. Per accordo di commercio equo e solidale si intende un accordo di lunga durata stipulato con un produttore allo scopo di consentire, accompagnare e migliorare l’accesso al mercato di quest’ultimo, che preveda alcune specifiche caratteristiche, in particolare il pagamento di un prezzo equo, misure a carico del committente per il graduale miglioramento della qualità della produzione e in favore dello sviluppo della comunità locale, il progressivo miglioramento dei livelli di impatto ambientale della produzione, l’obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure e di remunerare in maniera adeguata i lavoratori e di rispettare i diritti sindacali».
Tra gli elementi chiave della legge, vi è il divieto di «descrivere un prodotto, nell’etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, con termini che suggeriscano in modo ingannevole all’acquirente che esso o che le materie prime utilizzate provengono da una filiera del commercio equo e solidale o sono stati prodotti, trasformati e distribuiti secondo le prassi del commercio equo e solidale o introdurre riferimenti non veritieri all’iscrizione nell’Elenco nazionale», che la stessa legge definisce all’articolo 6.
Ora il provvedimento passerà all’esame del Senato. E quando la legge verrà approvata definitivamente sarà uno strumento per fare in modo che il commercio equo e solidale non sia più solo un’avanguardia ma sappia coinvolgere sempre più consumatori. (am.t.)