OK DELLA CAMERA ALLA LEGGE SUL COMMERCIO EQUO E SOLIDALE

[Amedeo Tosi – 04.03.2016] Il 3 marzo 2016 la Camera dei deputati ha approvato la proposta di legge «Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale», il cui iter era iniziato nel maggio del 2014. «Il dibattito parlamentare costituisce innanzitutto un grande riconoscimento del lavoro fatto in questi anni dal movimento del commercio equo, quella forma di economia che è grande strumento di cooperazione internazionale» spiega Alessandro Franceschini, presidente di «Equo Garantito», l’associazione di categoria che raccoglie le organizzazioni di commercio equo e solidale italiane.

Un provvedimento che -ricorda Ermete Realacci, presidente della VIII Commissione Ambiente della Camera e primo firmatario del testo- «riconosce al commercio equo e solidale e ai soggetti delle sua filiera la funzione di sostegno alla crescita economica e sociale dei Paesi in via di sviluppo, indica con definizioni precise significato e finalità di questa forma di commercio, dà garanzie di trasparenza e di correttezza sulle modalità produttive e sulle prassi produttive ed organizzative attuate dalle organizzazioni del settore, promuove e finanzia azioni di sostegno per il settore». Dopo una decina di leggi regionali, un corpo di diciassette articoli definisce il fair trade e ne disciplina la presenza nell’ordinamento nazionale.

Una legge che stabilisce i termini della cosiddetta «filiera integrale», affermando che chi fa commercio equo dev’essere un’organizzazione che lo fa in prevalenza senza fine di lucro, attraverso un testo elaborato a stretto contatto con «Equo Garantito» e ispirato, in parte, anche alla sua Carta dei criteri.

Tra gli aspetti principali della legge la definizione precisa di ciò che è commercio equo e solidale, con l’accento sul ruolo delle organizzazioni che lo promuovono. E poi la tutela: nei confronti del movimento, nel contrasto agli abusi, nel rispetto del consumatore. Sul versante della promozione la legge mette a disposizione risorse ingenti -fino un milione di euro per il primo anno- per sostenere a tutti i livelli il fair trade.

«Per commercio equo e solidale -spiega il documento redatto dal Servizio studi della Camera- si intende un rapporto commerciale con un produttore in forza di un accordo di commercio equo e solidale basato sul dialogo, sulla trasparenza, sul rispetto e la solidarietà, che è finalizzato all’equità nelle relazioni commerciali. Per accordo di commercio equo e solidale si intende un accordo di lunga durata stipulato con un produttore allo scopo di consentire, accompagnare e migliorare l’accesso al mercato di quest’ultimo, che preveda alcune specifiche caratteristiche, in particolare il pagamento di un prezzo equo, misure a carico del committente per il graduale miglioramento della qualità della produzione e in favore dello sviluppo della comunità locale, il progressivo miglioramento dei livelli di impatto ambientale della produzione, l’obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure e di remunerare in maniera adeguata i lavoratori e di rispettare i diritti sindacali».

Tra gli elementi chiave della legge, vi è il divieto di «descrivere un prodotto, nell’etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, con termini che suggeriscano in modo ingannevole all’acquirente che esso o che le materie prime utilizzate provengono da una filiera del commercio equo e solidale o sono stati prodotti, trasformati e distribuiti secondo le prassi del commercio equo e solidale o introdurre riferimenti non veritieri all’iscrizione nell’Elenco nazionale», che la stessa legge definisce all’articolo 6.

Ora il provvedimento passerà all’esame del Senato. E quando la legge verrà approvata definitivamente sarà uno strumento per fare in modo che il commercio equo e solidale non sia più solo un’avanguardia ma sappia coinvolgere sempre più consumatori. (am.t.)