PERUGIA-ASSISI. IL COMUNE DI VERONA NON SI METTE IN «MARCIA»

La Marcia per la Pace Perugia-Assisi è alle porte. Evento che in ogni edizione si carica di speranze, di voglia di testimoniare con la presenza l’impegno faticoso di continuare il proprio cammino personale e di gruppo sui sentieri del dialogo, della nonviolenza, dell’ecumenismo, della riconciliazione. Moltissime le adesioni da tutta Italia di singoli e gruppi, associazioni, enti locali. Quest’anno, tuttavia, non sfilerà nella terra di San Francesco il gonfalone della Città di Verona: l’amministrazione comunale rimarrà chiusa in casa.

«Chi sta zitto e non dice nulla, chi sta fermo e non cammina, chi non parte -in verità- in nessun posto arriverà» recita uno spot radiofonico della manifestazione. Dispiace che gli inviti all’adesione lanciati nei mesi scorsi da parte del gruppo «Verona città di pace» (Arci, Attac, Associazione per la pace, Donne in nero, Pax Christi…) non siano stati raccolti dai rappresentanti politici della comunità scaligera, che hanno deciso di non dire nulla, di non camminare, di non arrivare. Starsene, appunto, chiusi in casa.

Proponiamo, di seguito, una delle riflessioni giunte in redazione un paio di mesi fa, scritta dai rappresentanti  veronesi di Pax Christi. Tra le righe il significato della bandiera della pace e delle testimonianze di tanti operatori di pace veronesi.

VERONA, CITTÁ DI TANTI OPERATORI DI PACE

Verona 24.7.07

Sembra che l’attuale amministrazione comunale non voglia partecipare alla Marcia Perugia-Assisi del 7 ottobre 2007, orientata ad affermare il rispetto dei diritti umani come base della pace, nel contesto di numerose iniziative.

Ci piacerebbe andare ad Assisi non solo come esponenti di un movimento ma anche come veronesi, con un’adesione del Comune, sua massima istituzione, espressione di una città europea e internazionale che negli ultimi anni ha inventato l’originale iniziativa del «Municipio dei popoli» che andrebbe sviluppata e rilanciata.

Dire che tali iniziative sono unilaterali fa ormai parte di un’argomentazione schematica e pigra come quella che vede nella bandiera arcobaleno un emblema di partito. Invitiamo il sindaco e la Giunta comunale a continuare la bella esperienza di questi ultimi anni e a rivedere la loro opinione, aggiungendo due parole sul significato della bandiera e su Verona.

1. L’arcobaleno della pace raccoglie sette colori (il numero, simbolico,indica moltiplicazione e totalità) proprio per evitare l’identificazione con un solo colore, una sola realtà politica o culturale, una sola nazione. É un segno plurale, universale, fraterno. Intende esprimere l’unità nella varietà, la «convivialità delle differenze». Questa idea spinse Aldo Capitini, fondatore in Italia del Movimento Nonviolento, a fare dell’arcobaleno il simbolo della prima marcia da Perugia ad Assisi nel 1961 d’accordo con i francescani di Assisi, che diventeranno subito promotori della marcia. Oggi l’organizzazione della Perugia-Assisi avviene per iniziativa del collegamento associativo «Tavola per la pace», nel contesto delle Assemblee dell’«Onu dei popoli» e del Coordinamento degli Enti locali per la pace.

La nostra trama colorata contiene un forte richiamo biblico. Nel capitolo 9° del libro della Genesi, l’arcobaleno si presenta come promessa di vita dopo il diluvio. Dio promette di non distruggere più la terra e ordina agli uomini di non uccidere: «Questo è il segno dell’alleanza che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è con voi, per tutte le generazioni future; io pongo il mio arco tra le nubi ed esso sarà segno di alleanza tra me e la terra». L’arcobaleno è, contemporaneamente, promessa divina e impegno umano per la vita.

2. Verona è stata ed è la città di tanti operatori di pace, di gruppi missionari, degli incontri areniani dei «Beati i costruttori di pace» (anni ’80 e inizio ’90), del cartello associativo «Nella mia città nessuno è straniero» (1995), del «Giubileo degli oppressi» (2000), della nascente Rete Lilliput, di riviste come «Nigrizia», «Raggio» e «Azione nonviolenta», della grande manifestazione contro la guerra all’Iraq (2003), delle «feste dei popoli» a Villa Buri, di aggregazioni ecumeniche e interreligiose, di persone come Renzo Bellomi, Enzo Melegari, Natale Scolaro, Silvio Tubini, Bruno Bertolaso, Filippo de Girolamo, Cecilia Dal Cero e tanti altri variamente attivi sui temi della pace, ora, come dicono gli scout, tornati alla «casa del padre» ma nel cuore di molti. Verona, infine, è gemellata con tante città dal Perù al Medio Oriente, comprese l’israeliana Ranana e la palestinese Betlemme. Anche questa è Verona, la nostra Verona.

Pax Christi Verona