[di Graziella Mascia, da "Liberazione" • 25.02.03] Edgewood (Maryland) - Presidente Bush, perché non vuole mostrare il centro di armi chimiche e biologiche ai nostri ispettori? Siamo arrivati in 14, con i cappellini delle Nazioni Unite e i cartellini di riconoscimento: scienziati canadesi e statunitensi, esponenti delle associazioni, parlamentari italiani, inglesi, danesi, canadesi. Abbiamo superato due ore di controlli all'aeroporto, da Toronto a Washington, scortati da una squadra speciale armata fino ai denti.

RESPINTA LA DELEGAZIONE CHE CHIEDEVA DI VISITARE IL CENTRO DI RICERCA DI ARMI CHIMICHE E BIOLOGICHE U.S.A.

Edgewood (Maryland) – Presidente Bush, perché non vuole mostrare il centro di armi chimiche e biologiche ai nostri ispettori? Siamo arrivati in 14, con i cappellini delle Nazioni Unite e i cartellini di riconoscimento: scienziati canadesi e statunitensi, esponenti delle associazioni, parlamentari italiani, inglesi, danesi, canadesi.
Abbiamo superato due ore di controlli all’aeroporto, da Toronto a Washington, scortati da una squadra speciale armata fino ai denti. Polizia e militari ci hanno atteso presso il centro di ricerca di armi chimiche e biologiche di Edgewood, nel Maryland, e ci hanno fermato. Ma il governo degli Stati Uniti ha dovuto difendersi, Rooting Out Evil ha cambiato il terreno di gioco. Giornalisti delle più importanti testate televisive e della carta stampata sono accorsi numerosi: è stato impedito agli ispettori internazionali di visitare il più grande sito di armi chimiche e biologiche del Middle West, quindi Bush ha qualcosa da nascondere. Non è servita la lettera al ministro della difesa Donald Rumsfeld, non c’é stato modo di convincere il responsabile del centro, che ha mandato il suo esperto di pubbliche relazioni per dire che non c’era modo, gli ispettori non erano graditi. Ci ha pensato la polizia a precisare che se avessimo insistito troppo qualcuno si sarebbe fatto male. A farsi male è stato invece il governo americano, perché la delegazione di R. O. E. ha desistito, non è arrivata allo scontro, ma mediaticamente ha vinto una battaglia. Non a caso i nostri ospiti canadesi e statunitensi erano al settimo cielo, dopo settimane di studio e di preparazione l’iniziativa è riuscita.
Non solo per la guerra – R. O. E., organizzazione che tiene insieme diverse ONG, insieme alla rivista Answer, ha lanciato l’iniziativa 8 settimane fa e da allora 24 mila persone, tra cui Susan Saradon, hanno aderito con un sostegno economico, dichiarandosi ispettori virtuali. Dopo la tentata ispezione a Edgewood, Alan Simpson, parlamentare del Labour Party inglese, nonché ispettore di R. O. E., è stato invitato a misurarsi in diretta televisiva sulla Cnn con un advisor della Casa bianca e ne è uscito vincitore.
Ora milioni di cittadini americani sanno che colui che vuole guidare il mondo in una guerra per “estirpare il male” ha qualcosa da nascondere, qualcosa di molto pericoloso per l’umanità.
Gli scienziati di R. O. E. denunciano infatti che nel laboratorio di Edgewood si sperimentano su animali armi chimiche e biologiche a base di tossine, compreso il botulino, agenti biologici con antrace, così come gas “non letali” come quello usato nel teatro di Mosca. Sarebbero in corso inoltre studi per sviluppare gas maleodoranti e armi biologiche genetiche pensate per colpire secondo una selezione etnica, tenendo conto cioé delle diverse sensibilità delle diverse popolazioni. Una vera e propria ricerca razzista, che sarebbe in fase di sperimentazione in laboratori degli Stati Uniti e di Israele. La possibile applicazione di tali armi potrebbe naturalmente sbizzarrirsi tra interventi militari e di ordine pubblico.
Gli esperti di R. O. E. ci raccontano che un anno e mezzo fa, l’allora segretario brasiliano della convenzione internazionale per le armi chimiche chiese di far entrare l’Iraq nei trattati, ma gli Usa si opposero: il famigerato Saddam Hussein sarebbe stato più controllabile, ma ciò avrebbe comportato ispezioni multinazionali con doveri di reciprocità. Gli Stati Uniti preferiscono la situazione attuale, con la possibilità di giocare un ruolo determinante nelle decisioni del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, senza doveri particolari.
I loro siti di armi chimiche e biologiche vengono resi formalmente disponibili una volta l’anno, senza che si svolgano vere ispezioni.
D’altra parte, si sa, è lo stesso governo statunitense a decidere di volta in volta chi è il paese che costituisce la minaccia per il mondo, atteggiandosi a giudice e mai a paese da giudicare. Perciò, il gigante statunitense non ha gradito che una piccola organizzazione come R. O. E. abbia puntato il dito sui loro centri di ricerca, accusandolo di violare le convenzioni internazionali.
Successo mediatico – Per questo, in ognuna delle iniziative svolte dal team degli ispettori di R. O. E., dalla affollata assemblea svolta a Washington in una chiesa presbiteriana, alle conferenze stampa, all’ispezione a Edgewood, ci siamo trovati alcuni assatanati (certamente pagati appositamente, si dice) con bandiere americane in pugno e cartelli del tipo: “Noi confidiamo nell’America, voi in Saddam”, oppure “Abu Jamal fray” (fritto – e non free, libero).
Ma l’accusa degli ispettori di R. O. E. ha bucato il video, la notizia è circolata. E dunque siamo stati accolti con curiosità ed entusiasmo, facendo anche una comparsa davanti alla casa bianca dove ogni giorno si alternano esponenti di Pax Christi con il loro striscione “la violenza finisce dove comincia l’amore”, nonché le Donne per la pace, rigorosamente vestite in rosa. Non si sa quante donne aderiscano alla loro rete, ma ricevono ogni giorno attestati di solidarietà da decine di giovani che forniscono loro – davanti alla Casa Bianca – provviste di cibo e caffé per resistere al freddo.
Si sono chiamate “Code pink”, codice rosa, in contrapposizione al codice arancio dell’Fbi, che indica l’allarme terrorismo.
Un allarme che in America non si è mai interrotto dall’11 settembre, ma che non ha impedito a centinaia di migliaia di persone di scendere in piazza contro la guerra. A New York come a San Francisco non sono mancati nell’occasione cariche della polizia e arresti, ma I media non ne hanno parlato. Come hanno evitato di dire che nel vicino Canada si è manifestato in ogni città, tra cui Montreal dove hanno sfilato in 150.000 a 20 gradi sotto zero, e gli esquimesi a meno 60 gradi.
Intanto, mentre sembra avvicinarsi il conto alla rovescia della guerra di Bush contro l’Iraq, negli Stati Uniti crescono l’insofferenza per il presidente e la contrarietà per al conflitto: se lo dicono anche i taxisti di Washington, deve essere vero!