SEMPRE PIÚ SOLDI PER I MILITARI ALL’ESTERO. TRUPPE ITALIANE PERFINO IN ISLANDA E LETTONIA

[Carmine Gazzanni – 16.02.2017] Chissà, forse alcuni dei militari che invieremo in Islanda o in Lettonia (sì, anche lì), potevano tornare utili nelle zone colpite dalle emergenze maltempo e terremoto. Già, perché mentre imperversavano le polemiche sul personale e sui mezzi di soccorso insufficienti o tenuti fermi durante gli interventi in Italia centrale delle ultime settimane, lo scorso 14 gennaio è arrivato da Palazzo Chigi, nel silenzio generale, il consueto finanziamento alle missioni militari per il 2017. Un capitolo di spesa, peraltro, che lievita rispetto all’anno scorso, come emerge dalla deliberazione del consiglio dei ministri consegnata alle Camere. I conti, sulla base di tale documento, li ha fatti l’Osservatorio sulle spese militari italiane (Mil€x) di Francesco Vignarca ed Enrico Piovesana: rispetto allo scorso anno, dice l’Osservatorio, «emerge un aumento dello stanziamento generale di circa il 7 per cento»: 1,28 miliardi di euro contro gli 1,19 miliardi del 2016. Soldi destinati a finanziare l’impiego di 7.600 uomini, 1.300 mezzi terrestri, 54 mezzi aerei e 13 navali in decine di missioni attive in 22 Paesi, nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Indiano.

DALL’IRAQ AL VALICO DI RAFAH

Ma, a questo punto, andiamo a vedere dove manderemo i nostri militari. Perché nelle 49 schede di cui si compone la relazione governativa (una per ogni programma) c’è di tutto. In linea con l’anno scorso, il fronte che richiederà il maggiore sforzo sarà quello iracheno, dato che «la minaccia principale per la pace e la stabilità internazionale proverrà, anche nel 2017, dalle organizzazioni terroristiche di matrice etnico-confessionale e in particolare da Daesh». Ed ecco perché spicca «il contingente nazionale schierato in Iraq, secondo numericamente solo a quello statunitense»: 1.497 unità cui si aggiungono altri 500 uomini, confermati, a protezione della diga di Mosul. Per un costo complessivo di circa 300 milioni. Ma determinante, nella lotta all’Isis, anche la presenza italiana in Libia che ci costa altri 54 milioni di euro.

Di rilievo, come ogni anno, anche l’impegno in Afghanistan. Contrariamente infatti a quanto promesso da Matteo Renzi, che si era impegnato al ritiro del contingente italiano già nell’anno scorso, anche per il 2017 la presenza sarà notevole: 900 unità di personale impiegato, 148 mezzi terrestri e 8 aerei, per una spesa che sfiora i 180 milioni. Tra le missioni più rilevanti, ancora, c’è quella libanese: il nostro contingente, qui, è impegnato innanzitutto nella formazione dei soldati: «nel corso del 2016 – si legge nel report – sono stati svolti corsi teorici per 516 ore e pratici per 629 ore (130 ore in più rispetto al 2015), formando in totale 251 militari libanesi (23 allievi in più rispetto al 2015)». Ed ecco perché, secondo il Governo, è importante continuare con le “lezioni”. E con un contingente di oltre 1.100 unità, 300 mezzi terrestri, 6 caccia. E una spesa di 153 milioni.

Ma non è tutto. Tra le tante missioni rifinanziate, infatti, spunta anche quella in Kosovo e, in funzione anti-terroristica, nei Balcani (oltre 80 milioni e 546 uomini impiegati per «evitare instabilità e minacce, compreso il radicarsi di Daesh, in aree geografiche prossime all’Italia»). E poi Somalia (oltre 20 milioni con 110 uomini), Albania (5,8 milioni con 80 uomini), Egitto (3,9 milioni e 75 soldati), Palestina (3 milioni con 45 uomini), Mali (2 milioni con 23 uomini), Bosnia (0,3 milioni con 5 uomini), Cipro (0,2 milioni con 4 uomini) e Niger (0,4 milioni e 2 soldati). Senza dimenticare il nostro unico soldato impegnato nel valico di Rafah, una frontiera internazionale tra Egitto e Striscia di Gaza (per una spesa di 121mila euro annui), o, ancora, i due militari nel Regno di Jammu e Kashmir, in India.

QUESTIONE MIGRANTI DECLASSATA

Altro capitolo, il Mediterraneo. Nonostante l’emergenza sia una voce importante nell’agenda del Governo come chiaramente detto anche dal ministro Marco Minniti, stupisce che l’Italia, toccata direttamente da tale emergenza, stia retrocedendo, almeno nell’impiego di personale militare. Per l’operazione nazionale “Mare Sicuro“, ad esempio, i fondi messi a disposizione per il 2017 scendano dai 90 milioni dell’anno scorso a 83; stessa sorte anche per la partecipazione alla missione navale europea anti-scafisti EunavorMed/Sophia, drasticamente tagliata: da 75 a 45 milioni di euro, con un personale che scende da 620 unità a 585. Senza dimenticare, ancora, la missione navale della Nato nel Mediterraneo, Sea Guardian, cui l’Italia partecipa con la fregata missilistica “Bersagliere”, più altri assetti aeronavali su richiesta, che mira al contrasto del terrorismo in mare, e che quest’anno costerà 12 milioni rispetto ai 20 del 2016.

LE NUOVE MISSIONI ANTI-PUTIN

Ma se ci sono programmi che passano in secondo piano, altri avanzano prepotentemente. Da quest’anno, infatti, saremo impegnati su tre nuovi fronti, in chiara strategia anti-Russia e a difesa della Nato. Non è una novità siccome già dall’anno scorso partecipiamo a due programmi militari in Turchia, uno per lo «schieramento di batterie antimissile a difesa dei confini sud orientali dell’Alleanza» e uno a difesa dello spazio aereo: per il 2017 andranno in Turchia 136 militari, per una spesa complessiva di 13 milioni. Ma ora, come detto, la strategia anti-russa si rafforza. Questa è la ragione per cui invieremo 160 nostri soldati in Lettonia (per una spesa di 20 milioni) con 50 mezzi terrestri, per dimostrare, come si legge chiaramente nella relazione, «la capacità e la determinazione della Nato nel rispondere solidalmente alle minacce esterne lungo il confine orientale dell’Alleanza». E poi, ancora, 110 nostri militari e 4 caccia andranno in Bulgaria (per una spesa di 11,5 milioni) col compito di «preservare l’integrità dello spazio aereo dell’Alleanza». Stesso obiettivo anche nella piccola e gelida Islanda, dove andranno altri 145 soldati italiani.

fonte: Linkiesta – 16.02.2017