[di Sergio Pighi • 21.10.01] Dichiarazione del Coordinamento Nazionale
Comunità di Accoglienza, che raggruppa, nel solo Veneto,1872 persone accolte in strutture residenziali e 4863 in quelle semiresidenziali nei settori della tossicodipendenza, minori in difficoltà, carcere, alcoolismo, disagio psichico, immigrati, senza fissa dimora, prostituzione.

SERGIO PIGHI: IN MARCIA PER LA PACE

Convinti che solo l’azione non–violenta possa rappresentare una credibile risposta a tanta rabbia ed ingiustizia, scegliamo di partecipare e coinvolgerci nella costruzione di alleanze con tutte le persone impegnate a “sostituire la cultura della competizione selvaggia con quella della cooperazione, la cultura della guerra con la cultura della pace, l’esclusione con l’accoglienza, l’individualismo con la solidarietà, la separazione con la condivisione, l’arricchimento con la ridistribuzione, la sicurezza nazionale armata con la sicurezza comune”.    Crediamo che queste parole e questi obiettivi – così espressi in occasione della Marcia per la Pace Perugia Assisi del 26 settembre 1999 – siano più che mai attuali ed urgenti.  Per questo motivo scegliamo di essere presenti – come Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza – in occasione della Marcia per la Pace 2001 che si svolgerà il 14 ottobre in Umbria organizzata dalla Tavola della Pace di Perugia e dal Coordinamento Nazionale degli Enti Locali per la Pace.  La marcia vedrà sfilare, lungo un tragitto di 23 km, persone provenienti da tutte le regioni italiane e dall’estero: vuole rappresentare il momento conclusivo della 4° Assemblea dell’ONU dei Popoli, la tre giorni dedicata al tema “La globalizzazione dal basso.  Il ruolo della società civile mondiale e dell’Europa.” Facciamo dunque nostri gli obiettivi con cui i promotori della 4° Assemblea dell’Onu dei Popoli e della Marcia per la Pace del 14 ottobre 2001 intendono dare seguito agli impegni assunti a New York dal Millennium Forum e contribuire alla preparazione del 2° Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre (Brasile, gennaio 2002): 1. promuovere la globalizzazione dei diritti umani, della democrazia e della solidarietà, sollecitando un cambiamento delle priorità della politica e dell’uso delle risorse; 2. contribuire alla costruzione e al rafforzamento della società civile mondiale, della sua capacità di proposta e azione comune per la pace, un’economia di giustizia e la democrazia internazionale; 3. contribuire alla costruzione di un’Europa aperta e solidale, strumento di pace, giustizia e democrazia nel mondo. 4. promuovere la costruzione di una rete europea delle organizzazioni e istituzioni locali che operano per la pace; 5. promuovere la costruzione di un “network per la globalizzazione dal basso” e di un “Forum permanente della Società Civile Mondiale”; 6. costruire una coalizione internazionale in vista della Conferenza dell’Onu “Financing for Development” (Finanza per lo Sviluppo) (Messico, marzo 2002); 7. rilanciare le proposte della società civile mondiale, in vista della conferenza dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (Qatar, novembre 2001); 8. sollecitare l’intervento dell’Europa e dell’Onu a favore della pace in Medio Oriente, nei Balcani, in Africa, in Colombia, in Turchia, …;  9. promuovere una campagna (e una coalizione) internazionale per il rafforzamento e la democratizzazione dell’Onu; 10. promuovere una campagna (e una coalizione) internazionale contro il progetto di scudo spaziale americano, per il disarmo e la prevenzione dei conflitti. La nostra storia è – da sempre – coerente con questi contenuti.  L’attenzione al territorio ed all’accoglienza – da cui siamo caratterizzati – hanno senso solo se sanno diventare progetto anche politico e se riescono a costruire – con la denuncia – una cultura della giustizia radicata in concrete pratiche (locali e globali).  Nel momento in cui il C.N.C.A. si avvicina alla scadenza del suo ventennale, ci sembra doveroso riaffermare la nostra ferma intenzione di proseguire sui sentieri della non-violenza, della giustizia globale e dello sviluppo sostenibile. Oggi siamo spaventati da quanto ci circonda.  Dopo l’11 settembre e dopo Genova gli scenari sono cambiati in modo irrevocabile.  Anche a noi sarà chiesto di confrontarci con questi cambiamenti e di creare meccanismi perché la fedeltà alla nostra storia non diventi rigidità che ci impoverisce in sola nostalgia. Mentre la guerra – perché questo è il suo nome – prosegue il suo assurdo progetto di distruzione, noi vogliamo respingere con fermezza, chiarezza e determinazione ogni tentazione  di vendetta, di rivincita, di rappresaglia e di odio ormai incontrollabile o insuperabile. Nuovi lutti e nuove tragedie non si prevengono con lo strumento della guerra. Mai. Logiche di guerra impugnate in nome di una giustizia militare non “ricordano” le vittime e nemmeno preparano riconciliazione. E’  illuminante, da questo punto di vista, la lettera che i genitori di Greg, un ragazzo morto in una delle Torri, hanno scritto al “loro” presidente:  “Caro Presidente George W. Bush, nostro figlio Greg è una delle vittime dell’attacco al World Trade Center di martedì 11 settembre.  In questi ultimi giorni abbiamo letto la Sua risposta circa la risoluzione con la quale il Congresso Le dà pieni poteri per rispondere all’attacco terroristico.  La Sua decisione di rispondere a questo attacco non ci fa sentire meglio rispetto alla morte di nostro figlio.  Ci fa sentire peggio.  Ci fa sentire come se il nostro governo stesse usando la memoria di nostro figlio per giustificare il fatto di causare dolore ad altri figli e genitori di altri Paesi.  Non è la prima volta che una persona della Sua posizione ha avuto pieni poteri per poi rammaricarsene.  Non è tempo di gesti vani per farci sentire meglio.  Non è tempo di agire come dei prepotenti.  La sproniamo a pensare come il nostro governo possa trovare soluzioni pacifiche e razionali al terrorismo, soluzioni che non ci facciano cadere al livello disumano dei terroristi”.  Se non vogliamo che il sacrificio di quanti sono morti in quel drammatico 11 settembre diventi inutile, dobbiamo ri-costruire – in loro memoria e tutti insieme – nuove torri: di sviluppo internazionale, di giustizia globale e di pace duratura perché fondata su criteri di sviluppo sostenibile ed equamente ripartito. Ma non ci vogliamo nemmeno rassegnare al fatto che condannare la guerra possa essere inteso come “complicità” con le logiche criminali di un terrorismo che in nessun modo può essere giustificato. Significa non usare gli attentati terroristici come tappeto per nascondere quelle omissioni e quelle colpe che hanno visto divaricarsi le forbici tra un Nord sempre più ricco e un Sud sempre più privo di cure sanitarie, di acqua, di cibo, di scuole e di politiche in grado di contrastare quei tristi fenomeni di schiavitù e di emigrazione disperata che siamo ormai abituati a conoscere. Due ultime considerazioni. La prima. Non siamo in presenza di uno scontro tra Occidente (giudeo-cristiano) e Oriente (islamico). Nessuno, nemmeno per un istante, può ridurre la complessa cultura e sapienza della religione islamica ai frammenti dell’integralismo o, peggio ancora, del terrorismo. Entrare in questa prospettiva coincide con il negare l’evidenza ed individuare nel pluralismo religioso un pretesto per nascondere meccanismi economici e finanziari che alimentano con ben altre logiche i tanti conflitti che conosciamo e che si sono consumati sotto i nostri occhi. La vera guerra da contrastare è la guerra dell’ingiustizia alimentata dall’assenza di politiche capaci di fronteggiare queste emergenze. La seconda. Televisioni e media ci propongono, quotidianamente, immagini altamente emotive di morte, di distruzione e di violenza. Non possiamo, però, restare prigionieri di cronache drammatiche trasformate in spettacolo.  Dobbiamo fare in modo che anche le immagini facciano un passo indietro perché la tragedia non diventi un “teatro” che entra nelle case alimentando ulteriori paure, rancori e divisioni già difficili da sanare. Giustizia e pace non possono restare sepolte sotto immagini altamente emotive che bloccano il procedere della nonviolenza. Fare in modo che alle immagini seguano le Parole della Politica e della nonviolenza, è la grande responsabilità che ci dobbiamo assumere, insieme, nessuno escluso. (Sergio Pighi)