[di CARLOS MONTEMAYOR • 09.07.02] XXI SECOLO: LA NUOVA SCHIAVITÙ È QUELLA DEGLI IMMIGRATI IRREGOLARI NEL PRIMO MONDO, PRIVI DI TUTELE E GARANZIE.

SERVI DEL GLOBO

I lavoratori “illegali” o irregolari sono quelle migliaia di persone che non godono della giusta tutela nel lavoro, pur essendo richiesti e accolti da numerose fabbriche, aziende agricole, turistiche o altro degli Stati Uniti. Sono lavoratori ai quali viene negata la piena legalità del loro lavoro, non il lavoro stesso. Sono lavoratori, non delinquenti né terroristi, né sono un cancro, come il governo messicano ha affermato recentemente. Con la sentenza emessa dalla Suprema Corte degli Stati Uniti continueranno a lavorare come irregolari, ma ora senza garanzie umane e senza garanzie sul lavoro; saranno i nuovi schiavi del secolo XXI e del Terzo millennio. È significativo che tutto questo accada al vertice giuridico del Paese che si definisce il difensore della democrazia nel mondo.
La Suprema Corte degli Stati Uniti ha dichiarato che i lavoratori irregolari non hanno diritto a chiedere il rispetto dei loro diritti di base alle imprese che abbiano violato la legge licenziandoli o punendoli. Ha chiuso in questo modo il caso del lavoratore messicano José Castro, licenziato insieme ad altri tre operai dalla ditta Hoffman Plastic Compound a Paramount, California, nel 1989.
Jim Cason e David Brooks, corrispondenti de La Jornada, hanno dato notizia che la Giunta Nazionale per le Relazioni del Lavoro aveva decretato che i diritti di Castro erano stati violati e aveva ordinato che gli fossero pagati i salari non percepiti e che fosse riassunto. I tribunali avevano appoggiato l’ordine della Giunta, ma la Suprema Corte non ha condiviso queste decisioni.
I due giornalisti hanno intervistato Arturo Rodríguez – presidente dello United Farmworkers of America, il sindacato dei giornalieri fondato dal leader chicano César Chávez – che ha dichiarato che i padroni ora cercheranno di assumere più irregolari possibile, sapendo che non godono di protezione legale: “Questo vanifica, per i lavoratori, il diritto di confrontarsi con i loro padroni… li situa quasi in condizione di schiavitù, visto che non hanno risorse per difendersi”.
La politica economica imposta nel mondo a partire dagli anni ‘80 ha prodotto uno smisurato aumento della povertà, un’accelerazione nella concentrazione della ricchezza in determinate regioni del pianeta e in certi strati sociali delle varie economie nazionali. Presupposto di questa nuova povertà è un’altra idea di umanità: la libera circolazione di capitali e merci, ma non la libera circolazione del lavoro. Si aprono le frontiere agli investimenti, ma si chiudono all’immigrazione.
Tuttavia è impossibile chiudere le frontiere. Arrivano asiatici e messicani negli Stati Uniti, asiatici in Europa, maghrebini e sahariani in Spagna, nigeriani e algerini in Francia, curdi in Germania. Questo flusso permanente va aprendo in modo lento le frontiere, in controtendenza rispetto a quello che l’attuale modello stabilisce o suppone. Per questo nei Paesi del cosiddetto primo mondo c’è una crescente violenza culturale, razziale, economica, giuridica e del lavoro contro le minoranze, siano esse turche, nere, minoranze asiatiche o ispaniche. La discriminazione razziale fa parte di una più profonda gamma di esclusioni sociali che invadono aree politiche, economiche e giuridiche. Un’altra idea di essere umano sorge quando intere regioni diventano superflue nell’economia del mondo.
Con il ritorno della schiavitù negli Stati Uniti si sta inviando un messaggio importante al mondo impoverito. O meglio, a Paesi come il nostro. Il messaggio spiega in cosa consista la modernizzazione delle legislazioni mondiali in materia di lavoro, In apparenza, il modello della globalizzazione si proponeva solo di “abbassare” la contrattazione e soprattutto facilitare il licenziamento dei lavoratori. Ora vediamo che si tratta di “abbassare” il lavoro in tutte le categorie, quello dei lavoratori “legali” e quello del lavoratori “illegali”. La maggiore modernizzazione doveva essere, invece, la schiavitù. Dobbiamo applaudire questo modello di modernizzazione del lavoro? Questa è la modernizzazione che ci aspetta?