SICUREZZA E ACCOGLIENZA: UNA CONTRADDIZIONE INSUPERABILE?


A Coccaglio, un comune del bresciano, con circa 7000 residenti di cui 1500 stranieri, la giunta ha inaugurato l’operazione «White Christmas» per «mettere ordine» tra gli immigrati presenti nella cittadina. Un nome scelto proprio perché l’operazione scade il 25 dicembre. E perché, spiega l’ideatore dell’operazione, l’assessore alla Sicurezza, Claudio Abiendi, «per me il Natale non è la festa dell’accoglienza, ma della tradizione cristiana, della nostra identità».

Saranno controllati dai vigili urbani quelli che hanno il permesso di soggiorno scaduto da sei mesi e che devono aver avviato le pratiche per il rinnovo. «Se non dimostrano di averlo fatto – dice il sindaco Franco Claretti – la loro residenza viene revocata d’ufficio».

Quando ci si rifà al Natale, non si può trascurare che i racconti evangelici sulla nascita di Gesù riferiscono con tristezza il rifiuto opposto a Giuseppe ed alla sua sposa Maria che cercavano un luogo ospitale, nel quale ella potesse partorire il figlio; tale rifiuto viene attribuito proprio al loro essere forestieri; i presepi, poi, ci hanno mostrato l’avvenuta nascita in una stalla riscaldata da animali domestici…

Al di là di una lettura più o meno letterale di tali racconti, il messaggio sembra non prestarsi ad equivoci e si potrebbe ricollegare all’insistenza biblica sull’accoglienza dello straniero, che viene ripetuta più di 50 volte (a differenza dell’amore del prossimo il cui «comandamento» compare solo due volte), a sottolineare, realisticamente, che la diffidenza verso gli  sconosciuti può essere istintivamente molto forte e non così facile da superare.

Lo straniero, con la sua maggiore instabilità e vulnerabilità, può far emergere ed amplificare l’intima sensazione di precarietà insita nella condizione umana che si trova esposta alle sofferenze più varie anche quando appare relativamente più solida. Il sindaco di Coccaglio ha accettato le critiche rivolte all’operazione tanto discussa, riconoscendo: «Forse è stato infelice. Ma l’operazione scadrà proprio quel giorno lì». Probabilmente, però, è il caso di interrogarsi più a fondo: può la tranquillità personale, che rappresenta l’obiettivo della sicurezza, essere raggiunta al prezzo dell’angoscia e del risentimento che si semina negli esclusi? Quali conseguenze potrà avere nel tempo la frustrazione per una dignità umana non considerata e perciò sostanzialmente violata?

Certo non si possono sottovalutare le preoccupazioni degli abitanti “storici” che, raggiunti da un’immigrazione crescente e tumultuosa, hanno la sensazione di avere  degli “estranei in casa”; e forse sono inutili, se non controproducenti, certi appelli ideali all’accoglienza, magari da parte di chi non è direttamente coinvolto in queste sfide che possono presentarsi quotidianamente. D’altro canto, però, dovrebbe essere considerato un compito civile per tutti l’impegno costante per la riconciliazione in comunità divise, rese inquiete da timori e sospetti reciproci, e perciò potenzialmente inclini alla violenza nelle sue molteplici manifestazioni.

L’orizzonte permanente dovrebbe essere il raggiungimento di un livello sempre migliore di integrazione, rispettosa delle differenze; attraverso esperienze di incontri di conoscenza e condivisione a vari livelli, condotte con intelligenza, responsabilità e delicatezza, le differenze culturali in senso lato (incluse le diverse tradizioni religiose ed i comportamenti che ne derivano) potrebbero rivelarsi un’occasione di crescita più che una minaccia per il futuro.

Fonte: www.religioniperlapaceitalia.org