SOSTENIAMO IL REFERENDUM BRASILIANO

Ho letto, ho visto e ho sbirciato tra le pieghe di un referendum promosso in un Paese lontano, ma vicino – negli intenti e nei contenuti –  al sentire e all’agire di tutte quelle persone che ovunque testimoniano «La pace è nelle nostre mani».

 

Ho letto che il 23 ottobre i cittadini brasiliani avranno l’opportunità di dire se vogliono che nel loro Paese il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni venga proibito.

 

Ho visto chi sono i promotori di questa iniziativa referendaria (l’associazionismo democratico,  imprenditori, sindacati, chiese, movimenti, personalità della cultura, dello sport e dello spettacolo, operatori sociali e sanitari, docenti universitari…), ai quali mi unisco così come si sono già unite migliaia di persone di ogni angolo del pianeta a sostegno di una Campagna, quella brasiliana per il disarmo, che sarebbe bello vedere adottata, con la stessa tenacia e carica profetica, ovunque nel mondo, perché emana il profumo della proposta di buon senso, per la vita, per la giustizia, per la nonviolenza, per una cultura nuova.

 

Ed ho sbirciato anche tra i messaggi propagandistici degli accaniti oppositori del referendum, tra i quali spiccano quelli dei “pistoleri” dell’«Associazione nazionale dei proprietari e commercianti di armi», divulgati con forza in questi giorni per scongiurare l’affermazione di quel «SI» che per loro significherebbe, questo è certo, meno profitti per la catena dei «supermarket armati».

 

Insomma a finire sotto tiro, stavolta – e per la prima volta – non sono intere popolazioni inermi o le vittime di quella (in)giustizia fai-da-te che molto dolore ha seminato sulla terra rossa brasiliana, ma tutte le attività eticamente ingiustificabili, da Far West, delle lobby legate alla  produzione e al commercio delle armi, al dettaglio o all’ingrosso, fatturate e vendute a chiunque, compresi ai pazzi più furiosi del manicomio internazionale.

 

Dall’esito della consultazione popolare brasiliana può scaturire uno straordinario e luminoso esempio in grado di: tracciare nuovi percorsi di impegno e di speranza in altre nazioni; rinfrancare quanti sono impegnati a sanare le piaghe provocate dalla violenza armata; ammonire coloro che perseguono o giustificano politiche incentrate sull’uso opprimente dei muscoli e delle armi; ridimensionare la potenza economica dei molteplici «mercanti di morte» della filiera armata: produttori, commercianti, mediatori, finanziatori…

 

Disarmare le nazioni per spezzare la catena culturale che rende normale e giustificato l’uso di tali strumenti di morte è un percorso fatto di molti piccoli passi, tutti importanti perché tesi verso una pacificazione dei rapporti umani, verso un diverso modo di cercare strategie per la soluzione di problemi di giustizia sociale e squilibrio economico. In Brasile oggi, in Europa e altrove domani.

Sì, perché «La pace è nelle nostre mani». Anch’io sostengo e promuovo il SI. (am.t.)



Amedeo Tosi è direttore di GRILLOnews