UN MONDO LIBERO DA ARMI NUCLEARI É POSSIBILE!

Leggiamo questa mattina, 24 luglio 2008, la lettera aperta di Massimo D’Alema, Gianfranco Fini, Giorgio La Malfa, Arturo Parisi e Francesco Calogero, per un mondo senza armi nucleari. La accogliamo con lo stesso interesse prestato alle precedenti lettere di Schultz, Kissinger, Perry e Nunn negli Stati Uniti, e di Hurd, Rifkind, Owen e Robertson nel Regno Unito.

Non possiamo che concordare con quanto scrivono i quattro ex-ministri italiani: «Riteniamo importante che anche dall’Italia venga un’indicazione in questo senso». Intanto, però, ci sono delle vere e proprie emergenze nel campo della non-proliferazione e del disarmo nucleare che l’Italia potrebbe affrontare senza ulteriori indugi.

1. É della settimana scorsa la notizia che, nonostante l’allarme lanciato dai maggiori esperti di disarmo nel mondo, il percorso dell’accordo per uno scambio di tecnologia nucleare tra USA e India sta proseguendo. Scrivono l’Ambasciatore Jayantha Dhanapala (ex Sottosegretario Generale dell’ONU per il Disarmo) e Daryl Kimball (della statunitense Arms Control Association, anch’essa bipartisan): «Al contrario di ciò che sostengono i proponenti di questo accordo, esso non avrà affatto come effetto quello di incoraggiare l’India a perseguire un comportamento maggiormente in linea con quello previsto per gli Stati membri del Trattato di Non proliferazione. A differenza degli altri 178 Stati, l’India non ha firmato il CTBT (Trattato per la messa al bando delle sperimentazioni). Continua a produrre materiale fissile e ad espandere il proprio arsenale».

L’accordo USA-India deve passare per l’approvazione del Nuclear Suppliers Group (gli Stati fornitori di materiale nucleare) e del Board dell’AIEA (Agenzia Internazionale Energia Atomica). L’Italia è membro di ambedue questi consessi. In particolare, nell’NSG le decisioni vengono prese per consenso. I dubbi e le preoccupazioni anche di un solo Stato possono congelare l’accordo. L’Italia cosa farà?



2. Scrivono ancora i quattro ex ministri: «Ci rendiamo conto che la strada che condurrà all’eliminazione delle armi nucleari è lunga. Essa richiede alcune condizioni politiche. La prima è il miglioramento effettivo dei rapporti fra le superpotenze nucleari…». Concordiamo anche su questo punto. E pensiamo, però, che un primo piccolo passo per migliorare questi rapporti possa essere quello, ancor prima degli smantellamenti dei vasti arsenali nucleari statunitensi e russi, di non esacerbare ulteriormente i rapporti, come invece stanno facendo i piani per l’installazione del National Missile Defence (il cosidetto «scudo») in alcuni territori dell’Europa. Ma su questo l’Italia è stata molto silenziosa. L’Italia potrebbe invece farsi portavoce, insieme ad altri Stati europei, della necessità di congelare ogni innovazione militare sul continente. Se perseguiamo la riduzione delle tensioni e degli armamenti, il primo passo logico dovrebbe essere quello di non aggiungere altre strutture controverse.

3. L’1 luglio scorso, un gruppo di Europarlamentari (anche quello bipartisan!) ha promosso un appello in occasione del 40mo anniversario della firma del Trattato di Non Proliferazione, chiedendo che lo spirito di quel trattato sia finalmente realizzato. Sono passati 40 anni, si legge nell’appello, ma ancora non si è lavorato seriamente per realizzare il suo Articolo VI, «concludere in buona fede trattative… per il disarmo nucleare… sotto stretto ed efficace controllo internazionale». A questo fine, gli europarlamentari propongono di lavorare per una Convenzione internazionale che metta al bando le armi nucleari. Dopo la messa al bando delle armi chimiche e biologiche, è tempo di farlo anche con quelle nucleari.

L’Associazione Mayors for Peace ha predisposto, in questo senso, un documento che lancia il processo detto «Protocollo di Hiroshima e Nagasaki». L’Italia vorrà unirsi ai tanti Paesi membri della Nazioni Unite che già hanno annunciato il loro sostegno, in occasione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 2010?

4. Siamo molto contenti di leggere anche l’ultima parte della lettera. In effetti, «la diffusione di un nuovo modo di pensare – di una nuova «saggezza condivisa» – è un passo fondamentale in questa direzione, cui l’Italia deve contribuire». Da molto tempo le nostre associazioni cercano di lavorare proprio in questa direzione. Saremo felici di avervi al nostro fianco! Ma, allora, perché non cominciare proprio dall’Italia?

Noi crediamo che, quando si intuisce la strada giusta, è necessario iniziare a fare ciò che è nelle proprie possibilità e capacità, per poi poter chiedere – in maniera credibile – ad altri di procedere lungo la stessa strada. In Italia ci sono 90 bombe atomiche B61, che non dovrebbero starci secondo i nostri impegni come firmatari del Trattato di Non Proliferazione. Moltissime cittadine e cittadini hanno nei mesi scorsi firmato un progetto di legge d’iniziativa popolare che chiede che l’Italia faccia esattamente questo: rimediare alle proprie violazioni.

Oltre 80.000 italiane ed italiani chiedono che l’Italia si liberi di quelle armi nucleari. Il progetto di legge è stato assegnato alla Commissione Esteri della Camera il 22 maggio scorso. Giace, non calendarizzato, forse dimenticato. Tre dei firmatari della lettera sono membri di quella Commissione, il quarto è Presidente di quella Camera dei Deputati. Ecco una cosa che potrebbero fare da subito per dare concretezza ai sentimenti espressi nella lettera aperta pubblicata oggi sul Corriere della Sera.

Noi siamo disponibili a dare il nostro contributo.

Paolo Beni, ARCI

Albino Bizzotto, Beati i costruttori di pace

Lisa Clark, coordinamento «Un futuro senza atomiche»

Tonio Dell’Olio, Libera

Flavio Lotti, Tavola della Pace, Coordinamento Enti Locali per la Pace

Andrea Olivero, ACLI

Francesco Vignarca, Rete Italiana per il Disarmo