[Franco Giardina • 20.09.08] Racconto che partecipa al Concorso solidal-umoristico-letterario nazionale «Léggere nel verde».  Un pomeriggio abbastanza afoso: nella ricerca di un po' di fresco mi sono recato in campagna, abbastanza vicino alla mia abitazione e sotto l’ombra di un grande albero mi sono sdraiato gustando una leggera frescura. Il clima era ideale per leggere quel libro che una mia cara amica mi aveva regalato: sapevo che sarebbe stata una lettura amena, conoscendone il carattere...

UN POMERIGGIO D’ESTATE


Racconto che partecipa al Concorso solidal-umoristico-letterario nazionale «Léggere nel verde». Trovi il bando qui.

UN POMERIGGIO D’ESTATE

di Franco Giardina

Era un pomeriggio abbastanza afoso. Alla ricerca di un po’ di fresco, mi sono recato in campagna, abbastanza vicino alla mia abitazione. E sotto l’ombra di un grande albero mi sono sdraiato gustando una leggera frescura. Il clima era ideale per leggere quel libro che una mia cara amica mi aveva regalato: sapevo che sarebbe stata una lettura amena, conoscendone il carattere.

Ero ancora all’introduzione quando sentii: – Dai, non leccarmi il seno…

– Ma porca vacca, sono qui apposta, non fare la schizzinosa.

– Senti, sono stanca di sentirmi definire una porca vacca, ho la mia dignità e ci tengo parecchio alla mia onorabilità.

Rilessi la prefazione per paura di immedesimarmi troppo nella lettura. Una nuova voce si intromise: – Avrei anch’io qualcosa da dire: porca di qua e porca di là, vacca su e giù insomma orcocan è ora di finirla.

Da un po’ più distante: – Siamo alle solite, quando non si sa cosa dire si ricorre all’orco e sì che di verde non ho niente…

Per fortuna che cercavo in un po’ di silenzio! Ma molto probabilmente lì attorno c’era una riunione di buontemponi. Continuai a leggere nella speranza di non essere distolto.

– E cosa dovrei dire io che continuano a definirmi un’oca giuliva? Solo perchè mi piace cantare? E per fortuna che non sono gay, altrimenti…

Ma cosa stava succedendo: quelle voci così insistenti cominciavano a darmi fastidio; le pagine che stavo leggendo mi inducevano al riso, ma quei dialoghi cominciavano a scocciarmi.

– E vai con le allusioni… Non è detto che se, per un malaugurato incidente, me li hanno tagliati debba per forza essere gay. Mica me la faccio con qualcuno…

– Ma dai, non prendertela. Lo sai, è un’oca…

– Sì, va bene, ma ogni tanto qualche frecciatina… Sono un po’ stufo: lavoro come un mulo e mi secca che… E poi non ho mica un cervello da gallina.

Quel battibecco mi distoglieva costantemente ed avevo voglia di alzarmi per vedere chi stava parlando.

– Eccola, sapevo che sarebbe arrivato un insulto alla mia intelligenza. É una bella gatta da pelare.

– Ehi, io al mio pelo ci tengo! Me lo liscio costantemente ed è bello e lucente.

– Ma va, sei la solita schifosa. Il pelo… E per giunta sei anche golosa. Guarda la tua gamba…

– Sono inciampata in una tagliola. Anche se di notte ci vedo abbastanza bene, quella non l’ho vista.

– Le solite scuse, lasciamo perdere.

– E no! É ora di finirla con le allusioni, i sorrisini e le stoccate finali. Siete solo invidiosi!

Facevo fatica a stare fermo e a non alzarmi per dire a quel gruppo di spostarsi; chissà poi perchè erano venuti proprio lì a discutere delle loro miserie. Fortunatamente il granoturco era abbastanza alto da non vedere nulla.

– Statemi a sentire: anch’io dovrei offendermi, vengo chiamata la vacca dei poveri.

– E va bene, io sono testardo e non voglio insistere su questi appellativi. Lasciamo perdere e godiamoci questo pomeriggio…

Non resistetti un secondo di più: mi alzai e… stupore! In uno spiazzo un po’ più in là vidi una mucca e un vitello, una scrofa, un cane, un’oca, un bue, una gallina, una gatta con una zampa più corta, una capra ed un mulo.

Forse la lettura mi aveva talmente preso da non cogliere la vera essenza dei discorsi, o forse avevo acquisito la capacità di sentire le voci degli animali. Chissà. Continuai a leggere nel silenzio e mi sembrava di vedere la capra a quadri presente nella copertina del libro. Ma forse stavo solo sognando ad occhi aperti.

Franco Giardina