[Giorgio Chelidonio • 24.04.04] Oggi i titoli in prima pagina di un giornale mi evidenziano la schizofrenia del nostro tempo e dei suoi messaggi: “Undici feriti tra i militari italiani, morti quindici iracheni”,  e poco sotto “E’ il giorno della sicurezza (sulle strade, ndr)...

25 APRILE. RICORDARE, PER RESTARE LIBERI

Oggi i titoli in prima pagina di un giornale mi evidenziano la schizofrenia del nostro tempo e dei suoi messaggi: “Undici feriti tra i militari italiani, morti quindici iracheni”,  e poco sotto: “E’ il giorno della sicurezza” (sulle strade, ndr).  

La contabilità degli incidenti stradali parla di 127 mila morti all’anno nell’Unione Europea, cioè circa 350 al giorno (su scala mondiale pari a 1.200.000 vittime all’anno, oltre 3200 al giorno!); sulle vittime della guerra in Iraq e di tutti i conflitti presenti nel mondo, Africa in testa, non si fa nemmeno contabilità, forse perché non si fa in tempo ad aggiornare le cifre!  

Il confronto fra la realtà vissuta e quella strillata dai media é davvero improponibile, soprattutto se pensiamo all’interdipendenza internazionale, anzi globale degli avvenimenti: la percezione collettiva e la memoria rischiano l’assuefazione.

Frastornati come siamo dalla società degli eventi, anche il 25 aprile rischia di essere vissuto come un anniversario in più, certo non per quelli che ne sono stati liberati, ma per la quasi maggioranza che per motivi anagrafici quella libertà l’ha solo ereditata. 

Anche per quelli come me, nati nel primo dopoguerra, il 25 aprile ha rischiato per anni di significare solo comizi, parate militari, etc. Poi la mattina di un 25 aprile di molti anni fa, a San Briccio, il racconto di un vecchio partigiano mi ha reso partecipe delle sofferte radici del valore libertà: per essere, e restare, liberi non basta essere liberati, come pure per essere in pace non basta essere liberi dalla guerra. 

La mia memoria emozionale corre subito alle parole in musica di Giorgio Gaber (1973) “la libertà non é star sopra un albero…non é neanche avere un’opinione” e anche “un uomo libero… che ha il diritto di votare e nel farsi comandare ha trovato la sua nuova libertà”, frasi che rimandano a mille altre riflessioni, non ultime quelle di Fabrizio De André “…signorina libertà, signora anarchia…”.

E gli echi si rincorrono: anche la memoria non é uno spazio libero ed è piena se é partecipata, condivisa in modi che ognuno senta di poter trovare in quella degli altri, come per la libertà e il giusto limite all’esercizio della propria, ma anche quel prezioso completamento che solo la partecipazione può e sa dare.  

Contro ogni barriera eretta dalla retorica di parte e dalle prevaricazioni di chi vorrebbe riscrivere la storia a proprio uso e consumo, ecco che memoria e libertà vanno a braccetto e dal reciproco  confronto quotidiano traggono entrambe nuova linfa e ragioni per crescere insieme. In questo modo si evita anche il rischio che, tenendoli separati e come “valori acquisiti”,  questi due principi chiave della convivenza pacifica non si sclerotizzino in forme di puro consumo, dove la dittatura della maggioranza finisce per imporsi come valore unico.   

Per tutte queste ragioni, anche il prossimo 25 aprile vogliamo festeggiare non solo la nostra libertà, quella che dobbiamo riconquistarci tutti i giorni, ma anche quella di quanti (troppi!) che ancora non l’hanno, magari per non averla sufficientemente coltivata come memoria.

Giorgio Chelidonio
Presidente Circolo ARCI Arcipelago – Verona