LA BASE AMERICANA DI VICENZA DECISA SENZA ALCUN ATTO FORMALE

La vicenda della nuova base militare Usa a Vicenza si è arricchita di un importante convegno: «La difesa dei diritti fondamentali nella vicenda Dal Molin». L’iniziativa, svoltasi il 3 marzo, ha trattato interrogativi e argomentazioni di diritto internazionale e costituzionale, presentati da docenti universitari, che hanno tenuto vivo l’interesse di centinaia di persone accorse all’appuntamento nella città palladiana. Dopo la grande manifestazione di popolo del 17 febbraio, cittadini e movimenti vogliono capire i fondamenti giuridici e costituzionali della loro opposizione alla nuova base voluta dagli Stati Uniti.

Un primo aspetto messo in evidenza da Lorenza Carlassare, docente universitaria di Diritto costituzionale, ci ha lasciati di sasso. Il fatto cioè di non essere in possesso di alcun atto formale che attesti la decisone presa. C’è stata una richiesta americana, una disponibilità del Governo Berlusconi, qualche lettera, e la base è stata assegnata per le vie brevi. Non c’è in sostanza una decisione formale assunta dal Governo. E soprattutto non si è pronunciato il  Parlamento a cui, nella democrazia parlamentare italiana, spetta ogni decisione. Le comunicazioni del Ministro della Difesa al Senato hanno avuto come conseguenza due ordini del giorno. Uno votato dall’opposizione: «Il Senato, udite le comunicazioni del Ministro, le approva». E uno della maggioranza che chiede di dare attuazione alla Conferenza sulle servitù militari. Ciò che appare insomma è una ‘decisione’ priva di atti formali. Contro ogni atto – ha sostenuto la professoressa Carlassare – è ammessa la possibilità di un ricorso. Ma se l’atto non c’è? Se non c’è un decreto legge o una decisione parlamentare presa a maggioranza dalle due Camere? É un modo per far saltare il ricorso, strada questa invece garantita dalla Costituzione con l’art.113, per evitare decisioni arbitrarie.

Il concetto della libertà della forma è stato in seguito evidenziato da Laura Forlati Picchio, docente di Diritto internazionale all’Università di Padova. Nel diritto internazionale, il fatto che non ci sia un atto pubblico può non creare problema. L’importante è che l’accordo avvenga tra chi detiene il potere. Però per i trattati segreti la Carta delle Nazioni Unite prevede l’obbligo della registrazione, pena l’inefficacia dell’atto stesso. La Spagna, la Grecia, la Turchia hanno trattati sulle basi militari che sono pubblici. Perché solo l’Italia è reticente?

Tullio Scovazzi, docente all’Università di Milano ha reso evidente come oggi siamo in presenza di una deriva del Diritto internazionale. Verso quale direzione stiamo andando? Forse verso quella dove chi bombarda meglio ha più ragione degli altri? E parlando della Nato, il docente ne ha messo in evidenza le contraddizioni, ricordando le modifiche politiche e militari avvenute nel 1999. É diminuito il carattere difensivo dell’alleanza, mentre si sono affermati concetti molto aggressivi, come la possibilità di intervento militare al verificarsi di alterazioni del flusso di risorse fondamentali o per contrastare il movimento incontrollato di persone. Concetti in totale violazione della Carta Onu.

Le domande sono state tante. Ma quello che vorremmo ribadire è che l’opposizione alla nuova base militare americana di Vicenza non si fonda – almeno per noi – su posizioni ideologiche o antiamericane. Ma ha motivazioni che attingono alla Costituzione e ai dettati del Diritto Internazionale, oltre che all’istanza della nonviolenza.

Sandro Bergantin

(Pax Christi Venezia)

fonte: quotidiano «La Nuova Venezia» del 13.03.2007