[Benedetta Verrini • 07.09.03] Allarme sul Kosovo, sempre più dimenticato, sempre più povero, dove i bambini pagano, anche con la vita, le conseguenze di un conflitto tutt'altro che finito. Sono i dati che emergono dal workshop internazionale "I giovani sulla strada della famiglia", in corso a Sutomore (Montenegro), organizzato da Amici dei Bambini. Vi stanno partecipando 130 giovani appartenenti a diverse etnie e provenienti da Albania, Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Romania Kosovo e Italia. Dallo scambio di esperienze, ieri è emersa la testimonianza dei ragazzi del Kosovo, che hanno fatto una relazione sullo sfruttamento del lavoro minorile nel loro Paese...

AIBI: ALLARME INFANZIA IN KOSOVO

Allarme sul Kosovo, sempre più dimenticato, sempre più povero, dove i bambini pagano, anche con la vita, le conseguenze di un conflitto tutt’altro che finito. Sono i dati che emergono dal workshop internazionale “I giovani sulla strada della famiglia”, in corso a Sutomore (Montenegro), organizzato da Amici dei Bambini. Vi stanno partecipando 130 giovani appartenenti a diverse etnie e provenienti da Albania, Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Romania Kosovo e Italia. Dallo scambio di esperienze, ieri è emersa la testimonianza dei ragazzi del Kosovo, che hanno fatto una relazione sullo sfruttamento del lavoro minorile nel loro Paese. “Anche se il fenomeno dei bambini lavoratori e’ enorme in Kosovo (si possono vedere in ogni angolo e in ogni citta’) non esiste ancora un numero esatto” hanno detto Valentina Gogiqi e Ganimede Buzolli, “Riguardo questa problematica nessuna istituzione locale, ONG e nemmeno il Governo ha preso in considerazione questa situazione preoccupante, che sta danneggiando il futuro del Kosovo anche se le leggi e le convenzioni internazionali proibiscono il suddetto sfruttamento”. “Se noi osserviamo i bambini del Kosovo vediamo che sembrano piu’ vecchi della loro eta’ reale, poiche’ il loro impegno lavorativo ha fermato la loro crescita naturale, creando un ostacolo nella loro crescita normale” hanno aggiunto i due relatori, “Cosi’ vengono forzatamente privati delle loro attivita’ da bambini, dello sport, dei giochi, non si nutrono bene, manca la cultura dell’igiene personale, si espongono a temperature inadeguate senza remora, dormono poco, hanno paura e sono stressati durante il lavoro. Secondo i dati i bambini maschi lavoratori sono il 76% mentre le femmine sono il 24%, il 74% del totale provengono dalla citta’ e il 26% dai villaggi”.Tra le cause dello sfruttamento del lavoro dei bambini, in prima liena c’è la povertà estrema del Kosovo. Secondo le valutazioni della Banca Mondiale, circa il 50,3% della popolazione Kosovara vive sotto la soglia (livello normale) della poverta’ e l’11.9% si trova nella massima poverta’. Dalle informazioni e dati il 10 % di queste famiglie si trova senza uno dei genitori (soprattutto genitore maschio) e sono composte solo dalle donne, madri quasi tutte disoccupate. Si tratta di una popolazione giovane: secondo i dati OSCE nel 2000 la popolazione totale stimata ammontava a 88% albanesi, 7% serbi, 5% minoranze varie (turchi, bosniaci, rom e ashkalia). L’eta’ media era 22,2 anni e 1/3 di loro aveva circa 15 anni mentre l’altra metà 25. Solo il 5.5% aveva piu’ di 65 anni. Quindi circa il 60% della popolazione aveva un’età compresa tra i 15 e i 65 anni. “Anche se la povertà e’ sicuramente la prima conseguenza derivante dalla guerra, in seguito ad essa e’ peggiorata” illustrano i due relatori. “La distruzione delle case, le perdite a livello personale subite, soprattutto dei genitori. La maggior parte delle famiglie ha dichiarato che il numero dei bambini e’ aumentato dopo la guerra a causa della distruzione delle ricchezze familiari, rendendo cosi’ necessario creare nuove braccia per ricostruire e mantenere. Un esempio: nella regione di Dukagjini un bambino di 13 anni ha dichiarato di aver cominciato a lavorare con il suo papa’ tutti i giorni con il carrello come facchino, trasportando spesso pesi enormi. E lui giustifica il padre dicendo che devono lavorare tutto il giorno perche’ la loro casa e’ bruciata e devono in qualche modo sopravvivere. Anche secondo i giovani presenti nei nostri dibattiti questa e’ una delle principali cause dell’aumento del numero di bambini lavoratori”. Dal lavoro in famiglia allo sfruttamento vero e proprio, il passo è breve: “Del lavoro dei bambini ne approfittano soprattutto i ?tutor? (nel caso dei bambini venditori di sigarette), che fissano le loro zone di vendita, o (nel caso delle ragazze tra i 14 e i 17anni), i proprietari dei negozi per le commesse, che vengono sfruttate in parecchi casi anche sessualmente sotto la minaccia del licenziamento. Avendo paura delle minacce della famiglia per la perdita del lavoro infatti non parlano e stanno zitte per tutto quello che devono subire. Un altro esempio e’ lo sfruttamento dei bambini dai 10 ai 13 anni, che vendono il latte sui marciapiedi mentre il loro padre sta in un bar bevendo birra e aspettando il termine della giornata per prendere i soldi che il bambino ha guadagnato” accusano Valentina e Ganimete. Subito dopo la guerra, in Kosovo c’e’ stato un massiccio arrivo di ONG internazionali, e tra loro anche l’associazione Amici dei Bambini, che all’inizio ha curato l’Emergenza Bambini Kosovo e poi si e’ occupata della fase dello sviluppo con il progetto ?Ricostruiamo dai Bambini?, aprendo punti di animazione e centri giovanili nelle tre regioni piu’ importanti del Kosovo, Peja/Pec, Prishtina/Pristina e Vushtrria/Vucitrn, compresa l’enclave serba di Priluzje. Il presente progetto è in fase di implementazione in due aree del Paese: Fushe Kosova e Vushtrri. I CSF (Centri Servizi per la Famiglia) hanno la loro sede in città, ma operano anche in alcuni villaggi rurali limitrofi (i meno serviti dai CSW cittadini e dagli organismi internazionali), e precisamente nei 9 comuni di Bardh i Madh, Grabovc, Lismir, Miradie, Pomozotin, Vragolia, Gllavotin, Stanovc e Strovc. Sempre nell’area di Vushtrri si trova poi l’enclave serba di Priluzje. Info: www.aibi.it (di Benedetta Verrini [email protected]).