[MISNA • 23.10.02] Ogni giorno viene versato del sangue innocente nelle miniere di diamanti gestite dal governo della Repubblica democratica del Congo, e il tutto nella totale indifferenza della comunità internazionale". È un quadro drammatico quello che emerge dal rapporto pubblicato alla fine di ottobre da Amnesty International e che ricostruisce quanto accade nelle miniere di Mbuji-Mayi, capoluogo del Kasai orientale nella Repubblica democratica del Congo.

AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA: I DIAMANTI DELLE IMPRESE STATALI GRONDANO SANGUE INNOCENTE

Ogni giorno viene versato del sangue innocente nelle miniere di diamanti gestite dal governo della Repubblica democratica del Congo, e il tutto nella totale indifferenza della comunità internazionale”. È un quadro drammatico quello che emerge dal rapporto pubblicato alla fine di ottobre da Amnesty International e che ricostruisce quanto accade nelle miniere di Mbuji-Mayi, capoluogo del Kasai orientale nella Repubblica democratica del Congo. “Decine di minatori sospettati di operare senza autorizzazione, tra cui molti bambini, vengono uccisi ogni anno e moltissimi vengono feriti dal personale incaricato di garantire la sicurezza nelle strutture. Le guardie, che agiscono nella più totale impunità, si macchiano di violenze gratuite – continua Amnesty – e i civili disarmati vengono uccisi a sangue freddo. Tra loro vi sono numerosi bambini e finora nessuno dei responsabili di questi omicidi è mai finito davanti ad una Corte di giustizia per rendere conto del suo comportamento. Inoltre nessuno sembra essere intenzionato a fare qualcosa per porre fine a questa pratica”. Il documento attacca duramente l’esecutivo di Kinshasa accusandolo di collusione con il regime di “anarchia” che regna nel settore diamantifero del Paese. Stando a quanto riportato da Amnesty, infatti, la maggior parte di queste morti ‘silenziose’ avviene nelle aree che sono state date in concessione alla Miba, la principale compagnia diamantifera del Paese di proprietà dello Stato congolese. Il personale della Miba addetto alla sicurezza, sottolinea ancora Amnesty, non ha ricevuto nessun addestramento formale nelle gestione dell’ordine pubblico. Ma nello stesso drammatico quadro rivestono un ruolo importante anche i soldati del vicino Zimbabwe, alleato storico del governo di Kinshasa. Le truppe agli ordini del presidente zimbabwano Robert Gabriel Mugabe, nelle ultime settimane hanno cominciato a ritirarsi dal Kasai orientale, come previsto dagli accordi internazionali siglati recentemente nel tentativo di porre termine alla guerra nelle Rdc. Stando a quanto riferito da Amnesty, però, i soldati di Harare hanno per lunghi periodi affiancato le ‘guardie’ della Miba nel controllo delle miniere, utilizzando gli stessi metodi e godendo della stessa impunità dei primi. Ma oltre alle decine di morti ammazzati, da anni si consuma anche il dramma dei tanti minatori illegali incarcerati. Stando agli ultimi studi effettuati nel mese di Aprile, l’età media di questi ‘prigionieri’, trattenuti nelle carceri che la società statale Miba possiede all’interno delle stesse miniere, si aggira intorno ai 15 anni. Uno scenario che le autorità congolesi continuano a smentire e di cui negano la stessa esistenza. Gli operatori dell’informazione e i difensori dei diritti umani locali, che hanno provato a rompere il muro di omertà che circonda quanto accade nelle miniere gestite dallo Stato, sono stati arrestati o costretti a subire pesanti intimidazioni. Ma secondo l’organizzazione per la difesa dei diritti umani più famosa al mondo, è altrettanto colpevole il silenzio della comunità internazionale che lascia che il binomio diamanti-violazioni dei diritti umani, prosegua indisturbato. A dimostrazione di questo disinteresse il fatto che Kinshasa abbia potuto sottoscrivere lo scorso aprile il cosiddetto ‘processo Kimberley’, senza che nessuno sollevasse la benché minima obiezione. Si tratta del sistema di certificazione internazionale dei diamanti congolesi chiamato ‘Kimberley’, dal nome del centro diamantifero sudafricano. Una tecnica che prevede la trasmissione per via elettronica di un messaggio cifrato che informa l’Alto consiglio mondiale del diamante, in Belgio, della spedizione a un posto determinato di un carico di diamanti. La comunicazione, segretissima, contiene indicazioni precise riguardo alla destinazione, alla quantità spedita, al valore in dollari e ad altri dettagli. Il Paese destinatario conferma la ricezione del messaggio sempre per via elettronica e in codice. In questo modo, può essere garantita la legittima provenienza delle pietre che dal Congo partono alla volta dell’Europa e del resto del mondo. Un procedimento studiato per evitare lo sfruttamento illegale da parte di gruppi ribelli e di governi stranieri dei diamanti congolesi, ma che, almeno nelle intenzioni, avrebbe anche il fine di porre un freno alle numerose violenze che spesso accompagnano l’estrazione dei diamanti nel Paese africano. “Sembra alquanto ipocrita che il governo dell’ex Zaire ostenti, con la sottoscrizione del ‘processo Kimberley’, il proprio impegno a rispettare i diritti umani, quando gravissimi abusi vengono compiuti quotidianamente nel commercio di diamanti gestito dalle compagnie statali”, sottolinea Amnesty. “Questi omicidi devono cessare. Il governo di Kinshasa deve al più presto istituire una commissione di inchiesta indipendente e fare luce sugli abusi che vengono perpetrati ai danni di civili innocenti nell’area diamantifera di Mbuji Mayi e in tutto il settore legato all’industria delle pietre preziose”, conclude l’organizzazione.


(fonte: MISNA 23/10/02)