ANCH’IO MIGRANTE, UOMO COME TE!


«Delle nostre parole dovremo rendere conto davanti alla Storia,

ma dei nostri silenzi dovremo rendere conto davanti a Dio
»

(don Tonino Bello)


Sentiamo il rischio delle parole. Delle parole già dette, ripetute, scontate, di circostanza. Parole come vuoti a perdere di retorica. E tuttavia sentiamo il dovere della parola. La parola che chiama «persona» ogni essere umano. Chiama persona – e non «negro»- anche l’immigrato. Di questa parola chiara, inequivocabile, sentiamo il bisogno, l’urgenza, la verità, per non cadere nei tranelli dei falsari, nella trappola dei demagoghi, nella rete dei complici.

«Bisogna ripartire dal cuore del problema! Dal significato della persona! Un immigrato è un essere umano, differente per provenienza, cultura e tradizioni, ma è una persona da rispettare e aiutare, in particolare nel lavoro dove è più facile lo sfruttamento» (Benedetto XVI, Angelus del 10 gennaio 2010). Meditando queste parole proprio nella giornata del migrante e del rifugiato, intendiamo ribadire la necessità e l’urgenza di non infangare il nome, il volto, la dignità del povero, dello straniero, del clandestino.

Si è seminato per tanto tempo il vento del sospetto e del disprezzo per chi proviene dal sud e dall’est, alimentando con foga in ogni circostanza la «caccia all’untore», e ora si raccoglie la tempesta di «una guerra tra poveri dove a soccombere è il più povero, cioè l’immigrato» (Mons. Bruno Schettino)

Si rivendicano con orgoglio radici cristiane e si difendono crocifissi di legno, ma si rinnegano poi le radici evangeliche e spesso si respingono con disprezzo i crocifissi di carne. Si dice che «siamo stati troppo tolleranti con i clandestini» di Rosarno, senza accorgersi che quei clandestini erano in gran parte immigrati con regolare permesso di soggiorno. Non ci si accorge invece che siamo troppo tolleranti con i nostri concittadini regolarmente sfruttatori del lavoro nero e con quei personaggi di casa nostra che alimentano traffici e interessi di «cosa nostra».

Il pericolo è quello di scivolare nuovamente nella follia fratricida, che può spingere ad una spirale di violenza senza limiti. Il sonno della ragione genera mostri. Il «sonno» dei politici può generare violenza. Il «sonno» dei credenti può generare disperazione. Perciò intendiamo rivolgere un appello a tutti ai cittadini, soprattutto agli uomini di cultura, perché manifestino un sussulto di indignazione e di disgusto per l’eclissi di umanità, l’oscuramento della coscienza civile e la latitanza di pensiero critico che da tempo ormai si respirano nel nostro Paese, e valorizzino le esperienze positive di umanità conviviale e di intelligenza politica e culturale. Ai politici perché si lascino risvegliare dal grido di rabbia, di dolore e di paura che sale dai tuguri della miseria nera, dai campi minati delle mafie, dalle fabbriche sempre più deserte e segnate da tante morti bianche. Si decidano a perseguire con lungimiranza progetti di pace e di giustizia, di salvaguardia dell’ambiente in uno spirito di solidarietà globale estesa a tutti e in ogni direzione, ripartendo dai principi fondamentali della nostra Costituzione e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, facendo tesoro dell’impegno e della passione civile e morale di tanti nostri connazionali. Ai nostri fratelli di fede, a tutti i credenti in Cristo e a tutte le comunità, proprio nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, perché facciano vibrare le corde più profonde del loro cuore con la stessa intensità profetica di Cristo che è presente nel volto del forestiero e del piccolo.

«E come non considerare tra i più piccoli anche i minori migranti e rifugiati? Gesù stesso da bambino ha vissuto l’esperienza del migrante per sfuggire alle minacce di Erode» (dal messaggio di Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante 2010).

Torniamo a gridare il Vangelo dal tetto dei nostri pulpiti e dei nostri mezzi di comunicazione. Ritorniamo al Concilio, al recente magistero sociale della Chiesa e ai ripetuti interventi di Benedetto XVI sull’accoglienza e sul necessario rispetto dei diritti umani per tutti. Testimoniamo la nostra coerenza con scelte di campo e stili di vita che ci pongano come compagni di viaggio accanto agli ultimi, agli invisibili, ai dannati della terra, agli umiliati e offesi, a tutti coloro che vengono discriminati, usati e non riconosciuti come figli dell’unico Padre, fratelli nell’unica famiglia!

É nella nonviolenza evangelica che potremo ritrovare la strada di una giusta e civile convivialità delle differenze. É nel rispetto accogliente di ogni volto umano che ritroveremo anche la luce e la bellezza del volto di Dio.

Pax Christi Italia