[di Francesco Iannuzzelli (Peacelink) • 03.07.03] Si e' svolto il 19 e 20 giugno, a Roma, un convegno sul controllo delle esportazioni di armi nell'Unione Europea, organizzato da Saferworld, dalla Fondazione Arias e dalla campagna "Contro i mercanti di armi in difesa della 185"...

ARMI – PAROLA D’ORDINE: PROGRESSIVA LIBERALIZZAZIONE

Si e’ svolto il 19 e 20 giugno, a Roma, un convegno sul controllo delle esportazioni di armi nell’Unione Europea, organizzato da Saferworld, dalla Fondazione Arias e dalla campagna “Contro i mercanti di armi in difesa della 185”. Il convegno, organizzato volutamente poco prima dell’inizio del semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea, e’ capitato proprio dopo la recente approvazione delle modifiche alle legge 185/90, legge che regolamenta il commercio delle armi e che e’ stata stravolta per permettere la ratifica dell’accordo di Farnborough. Le associazioni che hanno promosso la campagna in difesa della 185 hanno  avuto quindi un importante occasione per incontrarsi e discutere dei  prossimi passi insieme ad altre associazioni della società civile europea. Numerosi e complessi i problemi illustrati nel primo giorno del convegno. A livello europeo l’unico strumento esistente per il controllo delle esportazioni di armi e’ il cosiddetto “Codice di condotta”, composto di alcune linee guida non vincolanti e troppo generiche per poter rappresentare uno strumento efficace. Manca ad esempio l’obbligo per gli stati  membri di presentare una relazione annuale, non considera il problema degli intermediari e delle armi in transito, e mancano delle norme chiare sulle consultazioni tra i vari governi. Al tempo stesso l’allargamento in corso dell’Unione Europea ad altri dieci stati pone nuovi e pressanti problemi; gran parte dei paesi entranti hanno delle legislazioni molto deboli in merito, non producono relazioni annuali, devono affrontare un riammodernamento del proprio materiale bellico per cui si disferanno del vecchio, svendendolo chissà dove e come. Infine, proprio per via delle voragini aperte nel controllo delle esportazioni dall’accordo di Farnborough, si prestano convenientemente a coproduzioni e conseguenti triangolazioni, vanificando di fatto il controllo sulla destinazione finale delle armi prodotte dagli stati membri. Nel frattempo sono emersi altri aspetti del commercio di armi che non sono tuttora regolamentati, come il problema degli intermediari, ovvero quei loschi figuri che conducono in porto le trattative per il commercio di armi, e le riesportazioni, cioé la rivendita, anche dopo anni, di armi da parte dei paesi destinatari verso altri paesi, in possibile violazione delle norme esistenti. Di fronte a tutti questi problemi e’ apparsa chiara la necessità di  sviluppare un network stabile sul disarmo a livello europeo, in grado di mantenere una pressione costante sul Parlamento europeo e sugli stati membri dell’Unione allo scopo di controllare il commercio delle armi. Questo network non esiste ancora ma ha sicuramente mosso qualche passo in avanti durante questo convegno, affrontando anche i problemi di interazione tra le varie Ong europee. Particolarmente utile e’ stata la presentazione di alcune campagne in corso in Europa, per comprendere i diversi contesti e confrontarsi sul problema importante della comunicazione. Il secondo giorno del convegno ha visto l’intervento di alcuni rappresentanti del governo, invitati a illustrare la linea del governo italiano nel prossimo semestre di presidenza e rispondere alle domande degli organizzatori. Dopo una dettagliata relazione di Francesco Terreri di Oscar, che ha descritto la progressiva erosione dei vincoli stabiliti nella legge 185 e i suoi effetti sulle esportazioni verso i paesi in guerra, e’ stato chiamato in causa Ferdinando Zezza, responsabile dell’UAMA del Ministero degli Esteri. L’UAMA (Unità di Autorizzazioni di Materiali di Armamento) concede le licenze di esportazione di armi verso paesi esteri, in base ai vincoli  stabiliti dalla normativa vigente. Zezza ha minimizzato gli effetti delle  modifiche alla 185, sostenendo che erano dovute e  necessarie per giungere  alla ratifica dell’accordo di Farnborough e che di fatto hanno cambiato poco per quanto riguarda il controllo delle esportazioni. Ha però rimandato alla  responsabilità di altri le richieste di maggiore chiarezza nella relazione annuale e i dubbi riguardanti alcuni casi concreti, come la concessione di licenze per esportazioni di armi verso la Siria e l’Eritrea. Di seguito e’ intervenuto Paolo Cuculi del Ministero degli Esteri, rappresentante dell’Italia all’interno di COARM (la commissione europea sugli armamenti); la sua presenza e’ stata particolarmente utile per comprendere l’atteggiamento del governo italiano durante il prossimo semestre di presidenza. La priorità del governo italiano e’ quella di occuparsi dei dieci paesi entranti, accompagnandoli nel processo di  integrazione all’interno di COARM e nella loro adozione del codice di condotta europeo.
Di fronte alle obiezioni sul fatto che il codice di condotta non rappresenti uno strumento efficace per regolamentare le esportazioni di armi, e che dovrebbe prima essere rinforzato con norme più specifiche e vincolanti, Cuculi ha risposto che ciò richiede tempo e non può essere affrontato solo nel semestre di presidenza italiana. Così pure per altri problemi importanti, come quello degli intermediari e delle armi leggere, la risposta del rappresentante del governo e’ stata che sono troppo complessi per essere affrontati nel breve periodo. Il convegno si e’ concluso con la presentazione della campagna di Amnesty International contro il commercio di strumenti di morte e di tortura. Molti di questi strumenti vengono prodotti nell’Unione Europea ed esportati verso paesi che violano i diritti umani, mentre alcuni corpi di polizia di stati membri hanno già adottato delle armi, note col nome discutibile di “armi non letali”, che si prestano pericolosamente ad essere utilizzate come strumenti di tortura. C’e’ tanto da fare contro il commercio di armi; e’ stato sicuramente positivo incontrarsi con rappresentanti della società civile di altri paesi europei, per confrontarsi sui metodi e sugli obiettivi da raggiungere. L’incontro con i rappresentanti del governo italiano ha messo in luce aspetti già noti a chi svolge da anni campagne sul disarmo in Italia. Da un lato  c’è la possibilità di effettuare pressione sul governo e ottenere dei minimi risultati per la regolamentazione del commercio di armi, dall’altro il governo sembra prestare ascolto preferenzialmente ai produttori di armi e continua nella sua opera di progressiva liberalizzazione del commercio di armi, opera cominciata col governo precedente, che ha raggiunto l’apice con la modifica della 185 attuata da questo governo e che purtroppo sembra continuare a livello europeo durante la imminente presidenza italiana. Il prossimo appuntamento e’ a settembre a Dublino, in vista del successivo semestre di presidenza irlandese.