[GRILLOnews 24.02.05] Un lungo applauso liberatorio, nell'austera aula della prima sezione della Corte d'Appello di Venezia, ha salutato, giovedì 24 febbraio, la definitiva sentenza assolutoria per i 17 nonviolenti imputati del reato di blocco ferroviario perché "in concorso tra loro ostruivano ed ingombravano i binari d'entrambe le direzioni di corsa della ferrovia con la presenza fisica ed anche sdraiandovisi sopra, al fine di impedire la libera circolazione di un convoglio viaggiante con precedenza assoluta e recante forniture militari con destinazione Livorno e per il Golfo Persico"...

ASSOLTI I 17 NONVIOLENTI CHE BLOCCARONO IL TRENO DELLA MORTE

Un lungo applauso liberatorio, nell’austera aula della prima sezione della Corte d’Appello di Venezia, ha salutato, giovedì 24 febbraio, la definitiva sentenza assolutoria per i 17 nonviolenti imputati del reato di blocco ferroviario perché “in concorso tra loro ostruivano ed ingombravano i binari d’entrambe le direzioni di corsa della ferrovia con la presenza fisica ed anche sdraiandovisi sopra, al fine di impedire la libera circolazione di un convoglio viaggiante con precedenza assoluta e recante forniture militari con destinazione Livorno e per il Golfo Persico”.

Ad assistere al processo e portare solidarietà agli imputati si sono ritrovati in molti amici della nonviolenza a Venezia. Amici venuti anche da lontano, da Torino, da Ferrara, da Gorizia.
Cinque gli imputati presenti: Vincenzo Benciolini, Massimo Corradi, Vincenzo Rocca, Maurizio Tosi, Massimo Valpiana. Venivamo da un  processo di primo grado (Tribunale di Verona, 27 gennaio 1997); imputati di “blocco ferroviario” per aver partecipato nel febbraio del 1991 ad un’azione diretta nonviolenta alla Stazione di Pescantina (Verona) occupando i binari dove passava un convoglio militare che trasportava carri armati americani del tipo M-88 provenienti dalla Germania e diretti in Arabia Saudita per la guerra del Golfo. Il processo si era concluso con l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Ma il Pubblico Ministero, che aveva chiesto una condanna a 10 mesi di reclusione, aveva presentato ricorso chiedendo “che la Corte d’Appello di Venezia voglia condannare tutti gli imputati alla pena di legge”.
 
Prima dell’udienza del 24 febbraio il veronese Massimo Valpiana, direttore della rivista mensile “Azione Nonviolenta”, ha dichiarato: «La nostra presenza nonviolenta sui binari, con la fermata -seppur simbolica, per mezz’ora- di quel treno militare, voleva dimostrare che la corsa alla guerra non è inarrestabile e che la legalità deve e può essere ristabilita. Il passaggio di quel treno coinvolgeva attivamente l’Italia nella guerra in corso, così come accade oggi, violando l’articolo 11 della Costituzione ed il Diritto internazionale. Chi si è mosso personalmente a difesa della Costituzione e della Carta delle Nazioni Unite, solidale con la popolazione civile che subiva i bombardamenti, ora si trova sul banco degli imputati. Dopo 14 anni dal fatto la giustizia “ha fatto il suo corso”.  Mentre chi ha sganciato le bombe ha ricevuto medaglie al valor militare, i nonviolenti sono invece imputati di aver violato la Legge» ha sottolineato. 

Ed ha aggiunto: «Questo processo non fa un buon servizio alla nostra democrazia. Perciò noi vogliamo rovesciarlo e mettere sotto accusa quelle istituzioni che le guerre le preparano, le finanziano, le sostengono. Pensiamo che questo processo meriti attenzione da parte della stampa e dell’opinione pubblica, affinché non passi sotto silenzio, come una cosa “normale”. Con il nostro blocco nonviolento abbiamo interpretato i sentimenti di milioni di cittadini contrari a quella guerra, a questa  guerra, a tutte le guerre. Noi chiediamo ai giudici di Venezia di dire una parola chiara, di confermare l’assoluzione del primo grado, di  scrivere una sentenza che riaffermi la validità suprema del dettato Costituzionale che ripudia la guerra, e che assolva con formula piena il nostro gesto agire nonviolento per opporci alla guerra, che è il più grande crimine contro l’umanità». E così è stato.
 
Questo processo di secondo grado poteva concludersi in diversi modi: non luogo a procedere per intervenuta depenalizzazione di alcuni reati; accoglimento dei motivi dell’appellante e condanna sospesa per intervenuta prescrizione; rinvio alla magistratura civile per sanzione amministrativa; assoluzione con diverse motivazioni.

«Ciò che ci interessava era la piena assoluzione e quindi il riconoscimento da parte della magistratura della legittimità del nostro agire». Quindi gli avvocati presenti (Sandro e Nicola Canestrini di Rovereto, Maurizio Corticelli di Verona, Nicola Chirco di Bologna) era pronti a discutere la causa nel merito. Forse i giudici non si aspettavano di trovarsi davanti il collegio di difesa al gran completo, ne’ di vedere l’aula piena di pubblico. In apertura di udienza, dopo i preliminari di rito, il Procuratore Generale ha ritirato l’appello avverso la sentenza assolutoria di primo grado che era stato presentato dal Pubblico Ministero di Verona.

I giudici si sono quindi ritirati alcuni minuti in camera di consiglio e poi il Presidente ha dato lettura della decisione di confermare in via definitiva la piena assoluzione di tutti gli imputati “perché il fatto non sussiste”. Dunque una vittoria della giustizia, del diritto, della nonviolenza.

La sentenza, oggi definitiva, farà da precedente per altre future azioni nonviolente. Vale forse la pena di evidenziare qualche passo delle motivazioni assolutorie.

“… essendo stata l’azione comunque posta in essere per salvare delle vite umane compromesse dall’arrivo in Iraq dei carrarmati trasportati sul convoglio”.

“… porre in essere una manifestazione nonviolenta a carattere meramente simbolico rientrante nell’ambito dei diritti costituzionalmente garantiti ed in particolare quello della libera manifestazione del pensiero con riferimento al ripudio della guerra come mezzo per risolvere le controversie internazionali (forse per trovare un po’ di spazio sui mass media impegnati in quei giorni in una gara generale di conformismo, nel cercare di convincere, appiattendosi acriticamente sulla posizione assunta dal governo allora in carica, l’opinione pubblica italiana che quella che si andava a combattere in Iraq non era una guerra ma “un’operazione di polizia internazionale”)”.

“… La manifestazione inscenata dai pacifisti del Movimento Nonviolento e’ stato un semplice atto dimostrativo di carattere meramente simbolico finalizzato a sensibilizzare l’opinione pubblica in ordine al pericolo di risolvere con le armi le controversie internazionali”.

“… E che l’intenzione fosse quella cui si e’ detto, vi e’ chiara traccia anche nel comunicato, pienamente coerente col comportamento tenuto dagli imputati, letto in udienza e fatto proprio da quelli di loro presenti: ‘quando partecipammo a quella manifestazione nonviolenta eravamo perfettamente consci di non essere in grado di fermare se non simbolicamente l’escalation della guerra… la nostra è stata un’azione che è andata più in là della politica, nella speranza di poterla un giorno contaminare…'”.

«E’ una sentenza che andrebbe letta sui banchi di scuola» conclude Valpiana. «Una sentenza che accoglie il senso profondo della nostra azione nonviolenta: bloccare un treno che porta un carico di morte non è reato, ma è un atto coerente con la legge suprema della vita. La democrazia italiana oggi ha fatto un passo in avanti. La nonviolenza è cresciuta. E’ stata una vittoria di tutti».