CONFERENZA DI KYOTO/2: UNA TERRA DA SFEBBRARE

L’EFFETTO SERRA INONDERA’ L’ITALIA
[di Tam Tam Verde]

La comunità scientifica prevede, come possibile impatto del cambiamento climatico in Italia, l’aumento del livello del mare tra 8 e 29 centimetri con rischi di inondazione: 1) delle isole e della terraferma di Venezia, con l’accentuazione drammatica del fenomeno dell’acqua alta; 2) della Pianura Padana, in particolare Veneto e Emilia, fino a 1152 Kmq, corrispondenti al 10,2% delle coste del Nord Italia; 3) delle zone costiere del Centro Italia, fino a 284 Kmq, il 4,9% del territorio; 4) delle zone costiere del Sud Italia (Puglia e Calabria) e della Sicilia orientale fino a 2851 Kmq, corrispondenti all’11% del territorio; 5) delle zone costiere della Sardegna, fino a 301 Kmq, corrispondenti al 5,6 del territorio.
Si prevedono inoltre; a) modificazioni dei regimi di pioggia, con aumento della intensità delle precipitazioni nel Centro Nord e conseguenti rischi di dissesto idrogeologico, e con lunghi periodi di siccità nel Sud e conseguente inaridimento dei suoli e infiltrazione salina nelle falde; b) modifiche della redditività agricola dei suoli.

UNA TERRA DA SFEBBRARE
[di Giorgio Nebbia]

Si sono spenti i riflettori sul grande show di Kyoto, la celebre ex capitale dell’impero giapponese che ha ospitato i partecipanti alla riunione in cui si è cercato un accordo per un qualche freno ai cambiamenti climatici in atto: c’erano tutti, i rappresentanti dei governi, i loro assistenti, le lobby delle multinazionali del petrolio, dell’automobile, della plastica, del cemento. Come è ben noto, grazie all’attuale composizione chimica dell’atmosfera, la quantità di energia solare che raggiunge la superficie del nostro pianeta è rigorosamente uguale all’energia che la Terra irraggia nello spazio sotto forma di radiazione infrarossa. Questo delicato equilibrio garantisce che l’attuale temperatura media del pianeta resti costante a circa 15 gradi Celsius. Piccole oscillazioni della composizione chimica dell’atmosfera e della temperatura terrestre ci sono state nei milioni di anni passati. L’inconveniente è che adesso i mutamenti della composizione dell’atmosfera (e di conseguenza della temperatura media della Terra) sono molto rapidi per la frenetica immissione nell’atmosfera di molti gas di origine antropica (umana): l’anidride carbonica derivante dalla combustione di petrolio, carbone, gas naturale, dagli incendi delle foreste alle cementerie (25 miliardi di tonnellate all’anno); gli ossidi di azoto che si formano nelle combustioni, soprattutto nei motori a scoppio, e che sono emessi dalle industrie e dall’uso dei concimi; il metano proveniente dal crescente uso, spesso irrazionale, del gas naturale, dagli allevamenti zootecnici e dalle discariche dei rifiuti; molti gas clorurati usati nelle industrie. Il lento graduale riscaldamento della superficie del pianeta influenza i raccolti agricoli, provoca piogge intense, alluvioni e allagamenti di alcune località e fa avanzare i deserti in altre, fa aumentare gli incendi delle foreste, i cui gas a loro volta contribuiscono ad alterare il clima planetario (…) Da qui il pericolo che vaste, ecologicamente importanti e fragili, zone costiere, o che alcuni porti possano essere allagati dall’aumento del livello degli oceani provocato dalla fusione dei ghiacciai in seguito all’aumento della temperatura terrestre. I piccoli aggiustamenti e compromessi, le promesse di azioni future per diminuire le emissioni di “gas serra”, non portano ad alcun passo in avanti. Per fermare quella che ormai si chiama “la febbre della Terra”, e le sue conseguenze devastanti anche in termini economici e finanziari, occorre decidere, con coraggio, di usare meno energia e meno merci. E merci diverse dalle attuali. Un’operazione sgradevolissima, in un mondo in cui il capitalismo globale impone un unico credo e dovere, quello dei maggiori consumi, del continuo crescente sfruttamento della risorse della Terra, del crescente consumo di energia. Anche in Italia non ci viene, ogni mese, fatto credere che l’economia va bene “perché” aumentano i consumi di elettricità e di energia? Eppure sarebbe possibile realizzare una società meno insostenibile dell’attuale con fonti di energia, mezzi di trasporto, produzioni industriali, uso di materie prime diverse dalle attuali, con aumento dell’occupazione, della innovazione tecnico-scientifica, con nuove invenzioni, con una adeguata ristrutturazione delle città, della localizzazione di uffici e industrie, con un aumento della superficie verde e forestale: il grande sistema naturale con cui è possibile sottrarre dall’atmosfera, grazie alla fotosintesi, almeno una parte dell’anidride carbonica scaricata dai camini e dai tubi di scappamento. La tendenza ai mutamenti climatici è aggravata dal fatto che poco più di mille milioni di persone, nel mondo, immettono nell’atmosfera il 70% del totale dei “gas serra”; i restanti 4500 milioni di terrestri che abitano nei paesi sottosviluppati, poveri e poverissimi, vogliono liberarsi dalla loro condizione di miseria disponendo di più energia, più cemento, più automobili, più consumi, più macchine, vogliono distruggere le foreste per fare spazio a campi coltivabili per i loro alimenti. “Siano i paesi industriali -hanno detto ad alta voce i paesi del Sud del mondo anche al vertice di Kyoto- a limitare drasticamente la loro crescita merceologica, e le conseguenti emissioni di gas serra, se è vero che gli sta a cuore il futuro del pianeta. Lascino che noi poveri si faccia almeno qualche passo verso lo sviluppo, uno sviluppo umano”. Quello che sorprende è che la miopia e l’egoismo dei paesi del Nord del mondo, che insistono nella crescita degli attuali consumi di energia e di merci, non solo danneggia la natura e il futuro, ma è la prima fonte di disoccupazione, di crisi economica, di desolazione umana -proprio perché tale crescita è insostenibile. Solo un grande progetto, capace di soddisfare bisogni umani con la necessità di lasciare al futuro un pianeta abitabile, crea nuova stabile occupazione. Giorgio Nebbia (docente Università di Bari).


Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Marzo/Aprile 1998 del giornale «il GRILLO parlante».