[Adriano Sella • 22.10.04] (...) Per aiutarci a dare intelligenza alla nostra solidarietà, cercherò di far percepire che esistono diversi livelli di solidarietà e dentro ad essi inserirò esempi concreti di aiuti umanitari oppure cammini nuovi di solidarietà, in modo da far capire meglio dove possiamo inserire il nostro aiuto solidale...

CONSIGLI PER UNA SOLIDARIETÀ INTELLIGENTE

Nel mondo non manca la solidarietà, realizzata attraverso varie forme e a livelli diversi. La Chiesa la chiama carità; essa stessa si è sempre dimostrata sensibile – nel corso dei suoi millenni e secoli – e si è impegnata nel mostrare il suo volto caritatevole soprattutto agli indigenti.
 
Il problema dunque non è tanto la mancanza di solidarietà o di carità, quanto piuttosto il tipo o le forme usate per svolgere questo dovere. Quella che è mancata, molte volte, è stata la faticosa ricerca di dare intelligenza alla solidarietà per raggiungere veramente l’obbiettivo di sradicare la miseria, l’oppressione, la dipendenza e ogni tipo di esclusione, senza limitarsi ad alleviare le sofferenze con dei calmanti caritatevoli.
 
Ho letto con molto piacere e gioia le dichiarazioni di don Gianni Bernardi, parroco del Gesù Redentore di Mirafiori a Torino (il parroco della FIAT), un’intera parrocchia ormai in cassa integrazione. Don Gianni, intervistato dal quotidiano La Repubblica (1 aprile 2004) per integrare la pubblicazione dell’inchiesta della Caritas sul problema dei nuovi poveri, chiamati i “poveri grigi”, cioè gli anziani che si trovano ad essere impoveriti e bisognosi, nonostante l’auto e il telefonino, ha affermato: “tre anni fa avevamo sette famiglie assistite a pieno carico, ora sono settanta. Questi non sono i poveri sfortunati, sono poveri programmati, messi in conto. Più che carità, dovremmo metterci a far politica. E non subire quella di chi dice: diamo un po’ di soldi alla Chiesa e se la vedano loro”. Si tratta quindi di poveri creati dalla politica e dalla economia.
 
È da anni che vedo le cose così e quindi queste dichiarazioni mi hanno fatto molto felice. Voglio aggiungere che anche i poveri del Sud del mondo (dei paesi di maggioranza povera) non sono sfortunati, ma sono programmati dal capitalismo internazionale, dominato dalla superpotenze e dalla multinazionali che impongono delle politiche ed economie neoliberiste. Basti pensare al meccanismo terribile del debito estero che strangola ancora oggi i paesi poveri, costringendo i loro governi ad usare una consistente fetta del loro bilancio annuale solamente per pagare gli interessi del debito che non hanno fatto, ma che altri hanno fatto fare loro attraverso delle strategie diaboliche di dipendenza e sudditanza. Il Brasile, in tutta la storia dell’indebitamento estero, ha ricevuto 620 miliardi di dollari di prestito, ne ha dovuti pagare 755 miliardi e ancora ne deve 228 (fonte: Banca del Brasile, dicembre 2002). È una sudditanza senza fine, che strangola un paese che non riesce a risolvere i suoi problemi sociali a causa di tutto questo denaro che non può essere investito internamente.
 
Allora, si rende necessario dare intelligenza alla nostra solidarietà, senza lasciarci condurre solamente dal cuore che potrebbe indurci alla carità  sulla scia della commozione di fronte alle sofferenze dell’umanità.
La vera solidarietà è quella che ha il coraggio di interagire nelle radici del male per rimuovere le cause dell’impoverimento della maggioranza della popolazione mondiale: non si tratta solamente di dare per sentirci a posto con la coscienza nell’alleviare le sofferenze altrui.
 
Il noto sociologo Zygmund Bauman ha tenuto all’Università Cattolica una riflessione sul tema “Media, spettatori, attori” (cfr. La Repubblica, 29 marzo 2004), in cui ha sottolineato come, con l’avvento delle Tv, oggi siamo tutti spettatori globali, in maniera cosciente o no. La differenza rispetto a ieri è che oggi non sentiamo solo parlare del male del mondo, ma ne siamo testimoni oculari: “Nella replica quotidiana del dramma mondiale dell’umana sofferenza siamo scaraventati nel ruolo di spettatori. Il male ci è mostrato in azione, assistiamo alle sue conseguenze terrificanti e non possiamo più farci scudo dell’ignoranza”. Il sociologo mette in risalto come, a causa dell’esplosione delle comunicazioni, la giustificazione del “non sapevo” non funzioni più oggi, perché essere spettatori significa esporsi ad una gigantesca sfida etica.
 
Le conseguenze del fatto di essere diventati oggi spettatori globali e testimoni oculari possono essere due: a) rispondere a questa sfida etica con la vecchia elemosina che conduce necessariamente a fare qualcosa solamente a livello di aiuti o di assistenza; b) il passaggio dal “non sapevo” di una volta a quello di oggi: “sono loro la causa dei propri mali”, come ha affermato il noto sociologo Barman, una maniera di scaricare le responsabilità del male mondiale sui poveri stessi (così fece il capitalismo industriale affermando che loro sono poveri perché non vogliono entrare nel processo capitalista imprenditoriale).
 
Ecco, allora, la necessità di far capire quali sono veramente le cause dei mali mondiali e di non fermarci ad un livello superficiale di sfida etica della solidarietà che ci porta o ad essere benefattori dell’umanità sofferente oppure dei “ponzi pilati”, lavandoci le mani e scaricando sempre la responsabilità sui poveri. È importante capire che non è più sufficiente essere dei pompieri dell’umanità che intervengono solamente per eliminare i fuochi di miseria e di violenza. Questo può aver valore quando si tratta di situazioni di estrema emergenza nel caso di calamità naturali o di guerre che riducono popoli sul lastrico. Ma quando si tratta di ordinaria amministrazione della vita mondiale, dobbiamo avere il coraggio di arrivare fino alle radici del male per poter rimuovere le vere cause dell’impoverimento e dei conflitti mondiali. Ad esempio: quando una macchina produce dei pezzi sbagliati, non è sufficiente gettare via quei pezzi e salvare quelli ben riusciti, ma bisogna avere il coraggio di aprire la macchina e scoprire l’ingranaggio sbagliato, in modo che, intervenendo sulla macchina, si possano eliminare le vere cause del mal funzionamento. Così pure: quando si ha un male fisico non è sufficiente prendere degli antidolorifici per eliminare il male, ma bisogna fare la diagnosi per scoprire da dove viene quel male e là intervenire. In tal modo, il male viene rimosso alla radice e non si ripresenta più.
Pensando all’intero mondo degli aiuti umanitari e dei nostri comportamenti per affrontare la grande sfida etica globale, dobbiamo aiutarci a cogliere quali sono oggi quelle azioni concrete che agiscono solamente al livello di elemosina o di assistenzialismo, alleviando appena il male e molte volte mettendo le nostre coscienze a posto. E quali sono quegli interventi umanitari che finalmente interagiscono sulle cause del male, sradicando il cancro dell’impoverimento e della conflittualità, prima che arrivi alla metastasi.
 
Per aiutarci a dare intelligenza alla nostra solidarietà, cercherò di far percepire che esistono diversi livelli di solidarietà e dentro ad essi inserirò esempi concreti di aiuti umanitari oppure cammini nuovi di solidarietà, in modo da far capire meglio dove possiamo inserire il nostro aiuto solidale.
 
Prima di farvi leggere i vari livelli di solidarietà voglio fare una premessa. Ci tengo a sottolineare il mio apprezzamento verso tutta la bontà che esiste da parte della gente e tutti gli sforzi di fare qualcosa per gli altri. Neppure è mia intenzione essere escludente o condannare quelli che si ritrovano ad un livello di pura elemosina o assistenzialismo. Il mio vero obiettivo invece è quello di provocarci a fare dei passi in avanti per raggiungere sempre più -e meglio- i livelli che conducono finalmente ad un cambio strutturale del sistema mondiale, rimuovendo definitivamente le cause del male globale. Questo impegno riguarda la situazione ordinaria della vita mondiale, mentre le situazioni di emergenza, come calamità e guerre, esigono un intervento veloce di assistenza da parte di tutti.

 
Livello dell’elemosina
 
Si tratta della situazione dove ci si limita a fare dell’elemosina per aiutare chi la richiede poiché si trova in situazioni di miseria. È uno strumento usato anche da chi si trova improvvisamente in situazioni di estrema povertà e non sa a chi ricorrere. È anche un livello usato per affrontare delle emergenze improvvise, causate da calamità naturali o da guerre. Per altri, i cosiddetti poveri cronici, è diventato il sostento della vita perché si riducono a chiedere solamente l’elemosina e non s’impegnano a trovare vie di uscita. Per molti è un gesto “comodo” per sentirsi bene a livello di coscienza senza tuttavia impegnarsi più di tanto, vivendo nella sensazione di avere aiutato gli altri senza uno sforzo eccessivo.
 
Si tratta di uno strumento vecchio, ma continuamente usato da chi vive nella povertà e nel bisogno. Oggi, forse più che ieri, incontriamo nei crocicchi delle nostre strade o nelle nostre piazze molte persone che chiedono l’elemosina.
 
Possiamo dire che il fare l’elemosina è un bel gesto di bontà che non risolve però i problemi alla radice e neppure sfiora il cambiamento della realtà. Tuttavia, rimane il fatto che incentiva le persone ad essere generose e ad accumulare meno, anche se può diventare una buona maniera per mettersi la coscienza a posto, poiché un po’ tutti sentiamo l’esigenza di essere solidali. Resta il fatto che l’elemosina non modifica i comportamenti ingiusti delle persone, così come non cambia le strutture generatrici di impoverimento.

Per fare una lista concreta: i nostri spiccioli che diamo a chi chiede l’elemosina; le nostre cose usate che doniamo a gruppi di carità o ai poveri; le nostre offerte ai bisognosi.
 
Per usare un luogo comune: si tratta di dare il pesce, senza insegnare a pescare.
 
 
Livello dell’assistenza
 
Qui ci troviamo ad un livello superiore, dove ci si impegna ad assistere chi si trova nella miseria e nel bisogno (popolazioni, gruppi e classi). In questi decenni sono sorte varie associazioni di volontariato e molti gruppi del settore no-profit, con l’obiettivo di dare assistenza a vari livelli: nel campo dell’handicap, dell’emarginazione, degli impoveriti, dei profughi, degli immigrati ecc. Queste realtà si sono affiancate alle vecchie congregazioni ed istituti religiosi che da secoli lavorano a questi livello di assistenza dei bisognosi.
 
Si tratta di una grande solidarietà da apprezzare. Tuttavia anch’essa, come la precedente, rimane solamente al livello di assistenza, senza agire alla radice del male per cambiare strutturalmente il sistema. Sono gocce di solidarietà che alleviano e sostengono giornalmente i bisognosi, senza liberarli tuttavia dal peso della miseria perché non riescono a rimuoverne le cause. Ne dà prova la lista di dati ufficiali che, in questi ultimi 30 anni, ha rilevato come la miseria e la povertà nel pianeta siano aumentate colpendo sempre più fasce di poveri che diventano sempre più miserabili, diminuendo il numero dei ricchi e allo stesso tempi arricchendoli sempre più, creando un sempre maggiore divario tra i pochi ricchi e i troppi poveri. Tutto questo, nonostante la tanta generosità e bontà che si sono riversate sui bisognosi in forma di variegate assistenze. Inoltre, questa solidarietà ha creato una forte dipendenza tra i donatori di aiuti e i beneficiati, poiché questi ultimi, restando sempre bisognosi, si trovano nella situazione di dover ricevere e di ringraziare coloro che si dichiarano i benefattori dell’umanità.
 
Per fare una lista concreta: aiuti umanitari in cibo, in medicine, in vestiti; contributi in denaro (offerte, donazioni…); raccolta di materiale scolastico da inviare, oppure raccolta di carta e ferro, il cui corrispondente va devoluto in assistenza; campagne e feste di beneficenza; risorse umane come volontari, medici, infermieri, tecnici che aiutano popoli svantaggiati economicamente.
 
Per usare un luogo comune: siamo sempre nella situazione in cui si dà il pesce, senza insegnare a pescare.
 
 
Livello del finanziamento
 
Ritengo che siamo ad un livello superiore alla pura assistenza perché si tratta di sostenere progetti e iniziative locali attraverso risorse finanziarie in forme di denaro, oppure attraverso risorse umane in forma di volontari o anche di specialisti remunerati da chi li invia e non da chi li riceve.
 
Ci troviamo in quel settore sociale dove le popolazioni povere, organizzate in movimenti, gruppi, cooperative, associazioni, cercano di realizzare iniziative e progetti per uscire dalla miseria endemica. Tuttavia, mancando i fondi per sostenere queste azioni, ricorrono a chi può finanziare economicamente, oppure a chi può offrire gratuitamente i tecnici per realizzare i vari progetti. Rimane lodevole la quantità innumerevole di progetti finanziati dal Nord del mondo verso il Sud a vari livelli umanitari (miseria, salute, scuola, formazione…).
 
Senza dubbio sono ancora più lodevoli quei progetti finanziati nel campo della formazione e dell’educazione che conducono un popolo ad un buon livello culturale, capace poi di far sprigionare energie, fantasie e capacità per poter affrontare la vita quotidiana, con l’impegno di liberarsi dal peso della miseria e rendendosi così protagonisti di una nuova realtà. Questi progetti sono senza dubbio da preferire perché mettono le basi per una vera liberazione dalle situazioni dolorose della vita, come la miseria. Tuttavia, c’è un aspetto negativo che preoccupa, poiché sono azioni che prolungano quella dipendenza degli impoveriti da quelli che hanno un alto potere d’acquisto, anche se in maniera più lieve. Inoltre, chi sostiene economicamente i progetti detiene un potere, a volte inconscio, che gli viene dato dal denaro, il potere ossia di controllare i progetti e di darne l’orientamento secondo le volontà di chi finanza, senza rispettare le esigenze di chi riceve. I poveri che ricevono il finanziamento si sentono sempre deboli e vulnerabili perché sanno che i soldi non sono loro, ma vengono soprattutto dalle popolazioni ricche del Nord, quindi non hanno coraggio di difendere le proprie posizioni di fronte alla volontà del benefattore che vuole dare un altro risvolto all’esisto del progetto. Mi è rimasta impressa nella memoria la dichiarazione dei componenti di quell’equipe parrocchiale che, incaricati della costruzione della loro chiesa, così si sono espressi: “Se i soldi per la costruzione della chiesa fossero nostri, avremmo costruito la chiesa in maniera differente, mentre vengono dagli amici del vescovo (straniero) e quindi noi dobbiamo accettare la volontà del vescovo”. Sono parole che rivelano il potere del denaro e la sottomissione di chi lo riceve.
 
C’è anche un altro aspetto negativo da tener presente. I finanziamenti bloccano un processo di crescita molto importante dei gruppi locali nella valorizzazione delle proprie risorse economiche, oppure nella ricerca di possibilità locali per finanziare le proprie iniziative, riscattando i propri diritti. Infatti, a volte, l’eccessiva dipendenza nel ricorrere subito all’aiuto finanziario degli amici occidentali ha bloccato la possibilità di riscoprire fondi stanziati dai loro governi locali di cui i poveri erano tenuti all’oscuro, in quanto i pochi ricchi locali erano gli unici ad utilizzarli. Un esempio di crescita nel recupero dei propri diritti è stato il Movimento della Terra dell’Amazzonia, formato dai contadini e dai suoi sindacati, che è riuscito a porre, finalmente, nelle mani dei poveri agricoltori i fondi stanziati dal governo per i piccoli e medi produttori rurali. Si trattava di fondi utilizzati ingiustamente dai grandi proprietari terrieri. Questo movimento ha condotto quei contadini a crescere a livello socio-culturale, riscoprendo i propri diritti lesi dall’ingiustizia e superando tutti gli ostacoli, burocratici e giuridici, che impedivano l’erogazione di quei fondi nelle loro mani. Soldi, questi, non donati, ma conquistati come cittadini perché si trattava di fondi che appartenevano a quella gente per diritto, non per carità. Si tratta di una differenza sostanziale e qualitativa. Per loro sarebbe stato indubbiamente più facile ricorrere una volta ancora agli amici ricchi dell’Europa, ma così facendo sarebbero rimasti sempre dipendenti e non avrebbero fatto quel passo in avanti per recuperare la loro cittadinanza.
 
Insomma, la dipendenza solidaristica crea anche un dipendenza progettistica e genera altresì un blocco nel processo di crescita come cittadini per liberarsi anche dal potere sottile implicito in una certa solidarietà finanziaria.
 
Per fare una lista concreta: sostenere economicamente progetti che finanziano varie attività in diversi settori della vita del Sud del mondo; adozioni a distanza; cooperazioni internazionali tra  governi che stanziano fondi per finanziare progetti.
 
Per usare un luogo comune: siamo nella situazione i cui ci si impegna a dare la canna e ad insegnare a pescare.
 
 
Livello della giustizia
 
Ci troviamo nella realtà dove finalmente riusciamo a sradicare la miseria e l’impoverimento rimovendone le cause e cambiando il sistema che genera sempre più povertà. Si agisce finalmente al livello della radice del male, sradicandolo e liberando i poveri dal terribile processo di impoverimento. Si cerca di identificare quali sono i meccanismi e le strutture a livello socio-economico, politico, culturale e religioso che danno origine alla miseria.
 
I poveri vengono finalmente riconosciuti come portatori di diritti e non più come beneficiari di aiuti, recuperando il cammino dei diritti umani come binari fondamentali per costruire la giustizia sociale. Le popolazioni povere non vengono più considerate come “poverine e bisognose di carità”, ma vengono finalmente trattate in forma paritaria vedendosi riconosciuti i lori diritti lesi addirittura da secoli.
 
Il livello della giustizia garantisce finalmente dei rapporti non più assitenzialistici, ma equi e solidali, dal Nord verso il Sud del Mondo, fondati sulla giustizia sociale e sul diritto internazionale; si tratta di relazioni internazionali dove tutti i popoli vengono considerati allo stesso livello: a contare insomma non sono più solo quelli che detengono il potere del denaro e che si arrogano il diritto di guardare i poveri dall’alto verso il basso, soggiogandoli per giunta alla dipendenza solidaristica.
 
 
La giustizia sociale genera finalmente una vera liberazione degli impoveriti da tutti quei meccanismi e sistemi che generano miseria e che condannano le popolazioni di maggioranza povera ad una perdita di dignità umana. Le popolazioni di maggioranza ricca sono chiamate finalmente ad effettuare un passaggio: da donatori di aiuti a costruttori di giustizia, da benefattori dell’umanità a debitori di giustizia.
 
Questo livello genera le condizioni fondamentali affinché le popolazioni povere possano liberarsi dalla miseria e raggiungere una vita dignitosa. Questa è, senza dubbio, la forma di solidarietà più alta, più vera, più liberatrice e più equa.
 
Per fare una lista concreta: commercio equo e solidale, finanza etica, microcredito e sostegno economico a tutto quello che serve per realizzarlo, consumo critico e boicottaggio delle multinazionali, nuovi stili di vita, campagne di pressione (raccolta firme, fax, e-mail…) alle istituzioni (governi, chiese) affinché rispettino i diritti umani; manifestazioni per far crescere una cultura di giustizia e di pace per un cambio strutturale a livello globale, nuovi stili di vita… sostenere economicamente quelle realtà impegnate direttamente nel cambiamento strutturale del sistema, come il Forum Sociale Mondiale
 
Per usare un luogo comune: non è più sufficiente insegnare a pescare, ma bisogna creare tutte le condizioni fondamentali per poter pescare bene.

 
Appello finale
 
Diamo intelligenza alla nostra solidarietà e cerchiamo di raggiungere livelli sempre più amalgamati con la giustizia sociale. Anche se ci troviamo ad altri livelli, facciamo lo sforzo di camminare, gradualmente e nel rispetto dei propri ritmi di crescita, verso gradini che ci conducono finalmente verso un altro mondo necessario, urgente e possibile: quello dove regni la giustizia e come suo frutto la pace, dove i popoli possano sedersi alla stessa tavola e condividere in maniera giusta tutti i beni della terra, senza più distinzione tra benefattori e donatori, ma tutti con gli stessi diritti e doveri, e quello in cui la terra possa diventare finalmente la “Nostra Madre Terra” nel momento in cui sia rispettata nei suoi diritti e amata non più come merce, ma come fonte di vita.
 
Adriano Sella
(Missionario e militante della giustizia e della pace)
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