[di Sergio Paronetto • 20.04.02] A circa dieci anni dall'inizio della terribile guerra nei Balcani, sento la necessità di ri-cordare (cioè di richiamare al cuore) la partecipazione di don Tonino Bello alla marcia verso Sarajevo (dicembre 1992). La sua presenza inerme e crocifissa, tormentata dall'incalzare del male che dopo pochi mesi lo porterà alla morte, si fa prossima a chi soffre per la guerra in Bosnia...

DON TONINO/2 – «Tonino Bello, osare la pace»

Per lui, il viaggio a Sarajevo testimonia sia la fede nella nonviolenza evangelica che il modello nonviolento di difesa popolare. Lascio a lui la parola. “Io penso che queste forme di utopia, di sogno dobbiamo promuoverle, altrimenti le nostre comunità che cosa sono? Sono soltanto le notaie dello status quo e non le sentinelle profetiche che annunciano cieli nuovi, terra nuova, aria nuova, mondi nuovi, tempi nuovi. Quanta fatica si fa in Italia a far capire che la soluzione dei conflitti non avverrà mai con la guerra, ma avverrà con il dialogo, col trattato; si fa fatica in Italia, abbiamo fatto fatica anche qui, anche con i rappresentanti religiosi, perché è difficile questa idea della difesa nonviolenta, della soluzione pacifica dei conflitti. Noi qui siamo venuti a portare un germe: un giorno fiorirà. Quante idee un giorno fioriranno.Ormai, lo sapete, la difesa popolare nonviolenta, la nonviolenza attiva è diventata un trattato scientifico. Gli eserciti di domani saranno questi: uomini disarmati! Dovremmo promuovere anche un’azione intellettuale di questo genere, che le nazioni, l’ONU si attrezzino di eserciti di obiettori di coscienza, di nonviolenti che promuovano un’educazione alla pace, la spiritualità della pace, le tecniche della strategia nonviolenta.Parecchie mentalità cederanno a questa idea nuova che arriva , il domani è questo. Racconteremo a tanti di questa impresa.Ricorderemo il gesto di una donna serba che offre il pranzo a dieci croati! Come pure ci porteremo nell’immaginario nostro quello che abbiamo visto insieme a monsignor Bettazzi  e altri amici:  il signore che abitava accanto ci ha invitati a casa sua a partecipare al banchetto di commemorazione del padre. E ci ha detto: ‘io sono serbo, mia moglie è croata, queste sono le mie cognate musulmane’. Mangiavano insieme. Io ho pensato alla convivialità  delle  differenze:  questa è la pace”. Per l’occasione, don Tonino ricorda la proposta  che Francesco d’Assisi  portava con sé nel 1219, partito da Ancona con i crociati ma sostenuto dall’idea di parlare al Sultano, di convincere i soldati a non combattere e di frapporsi senza armi tra crociati e saraceni. Con animo francescano, egli ripropone in forme aggiornate la stessa logica: “è intervenuta una ONU popolare della base, che è penetrata, con rischi inauditi, nel cuore della guerra, per portare un messaggio di solidarietà ai popoli martoriati, e per stimolare le istituzioni a una  ingerenza che è già possibile utilizzare  in termini nonviolenti”.  A questa ONU è affidata un messaggio: “che la pace va osata”. Il  1993  è il suo anno ultimo.  La morte lo coglie “contempl-attivo” cioè pensoso, operoso, orante. Segue varie iniziative:  – le giornate degli ammalati, ai quali ricorda una bella preghiera di  Charles de Foucauld;  – la cura dei seminaristi e dei sacerdoti diocesani, cui propone una “teologia della bellezza” e il grido di Isaia: “beati i piedi di coloro che annunciano la pace”;  – i corsi  sulla  nonviolenza come educazione a  rapporti umani  basati  sulla “contemplazione del volto”;  – i convegni su mafie, legalità e democrazia, orientati a promuovere “la stagione degli uomini liberi”  tramite  una nuova progettualità politica. L’ultimo discorso contiene l’apertura a una totalità.  L’ 8 aprile, giovedì di Pasqua, “giorno del torchio e dello Spirito”, durante e dopo la Messa “crismale”, l’amarezza per lo spettacolo delle guerre, della fame e dell’illegalità si accompagna alla celebrazione della speranza. Ad ogni elencazione delle varie forme di violenza affianca i gesti  e le ipotesi  che tessono la trama della pace.  Non c’è inverno senza primavera: “non vedete quanti fiori spuntano sulle piante dei nostri giardini?”. La sofferenza del turbamento per i mali più devastanti si trasforma in capacità di visione: ” non vedete quanta gente lavora per il Regno di Dio?  Non vi accorgete di quanta gente, pure apparentemente fuori dai nostri perimetri cristiani (atei, miscredenti)  assume la solidarietà, la gratuità, la lotta per la pace come criteri supremi della propria vita morale?”. In ogni caso, “in questa situazione di  marasma generalizzato, abbiamo il dovere di chiederci quali compiti  oggi lo Spirito Santo ci affida per rendere più felice la gente.Oggi  come non mai, si sta prendendo coscienza dell’origine e del destino ‘unico’ dell’umanità. Ne deriva che devono cambiare, decisamente, i  nostri  rapporti con l’altro, non solo con i terzomondiali ma anche con chi abita al pianerottolo di fronte.Tanti auguri, popolo di Dio.Cantate la speranza. E se io non potrò immergermi nel vostro concerto posso darvene ancora l’intonazione”.  “Mi raccomando, domani  non contristatevi  per nessuna amarezza di casa vostra o per qualsiasi altra amarezza.  Non contristate la vostra vita. ‘Davanti al Risorto non è lecito stare se non in piedi’, dicevano i padri della chiesa.Vedrete come, tra poco, la fioritura della primavera spirituale inonderà il mondo perché andiamo verso momenti splendidi della storia. Non andiamo verso la catastrofe. Ricordatevelo. Queste non sono allucinazioni di uno che delira per la febbre. No, non è vero, andiamo in alto. Andiamo verso punti risolutori della storia, verso il punto omega.non verso la fine, ma verso l’inizio. Quindi, gioite! Il Signore vi renda felici nel cuore, le vostre amicizie siano sincere. Non barattate mai l’onestà con un pugno di lenticchie. Vorrei dirvi tante cose.Vi abbraccio tutti ad uno ad uno.Vorrei  dire a tutti, ad uno ad uno, guardandolo negli occhi: ‘Ti voglio bene’;  così come, non potendo adesso stringere la mano a ciascuno, venendo vicino a voi personalmente, vorrei dire: ‘Ti voglio bene'”. (Sergio Paronetto)