07.11.07 – Trento – Il Novecento di Ante Ciliga

Mercoledì 7 novembre 2007, alle 17,30, a Trento, nella Sala dell’Aurora di Palazzo Trentini (Via Manci 27) il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale organizza l’incontro «Il Novecento di Ante Ciliga». Pier Paolo Poggio e Paolo Sensini discutono di Ante Ciliga, in occasione della prima edizione integrale italiana di Nel paese della grande menzogna (Fondazione Micheletti-Jaca Book). Introduce Fernando Orlandi.

Approdato a Mosca nell’ottobre 1926 in rappresentanza della frazione di sinistra del Partito comunista jugoslavo, l’istriano Ante Ciliga si trovò subito al cospetto di un paese assai differente rispetto a quello immaginato. Equivocando, il cocchiere che trovò alla stazione ferroviaria gli disse: “Venite dall’America? Laggiù si vive bene; non è come da noi. Si può avere tutto quel che si vuole, e roba di prima qualità… a buon mercato. Da noi si pagano a peso d’oro dei vestiti che non valgono niente e addosso non abbiamo che stracci”. La sorpresa fu estrema: “Come? Un lavoratore della nuova Russia, che non sente nessuna gioia, nessuna fierezza della sua nuova esistenza? M’impappinai in una risposta confusa: non si deve credere che all’estero tutti siano ben vestiti…”.
Ma questo primo shock nel paese che veniva designato come il “faro del socialismo mondiale” era ben lungi dall’esser circoscritto a quel fugace incontro: “La vita in Russia, dicevo a me stesso fin da quei primi giorni, è ben lungi dall’essere così felice e così bella come pretende la stampa comunista estera e come credevo io stesso; ma questa conclusione mi dava un senso di malessere. Mi dicevo che forse, prima di venire in Russia, avevo mancato di spirito critico e quasi quasi facevo a me stesso il rimprovero di giudicare la situazione da un punto di vista borghese”.
In quello stesso periodo in Russia era in corso una battaglia furiosa che stava dilaniando il Partito bolscevico per la conquista delle massime cariche di potere. Ciliga, dopo aver cercato di ben capire la situazione in cui versava l’Unione Sovietica, passò lentamente dalla meraviglia al dubbio, dal dubbio all’opposizione leale, dall’opposizione leale all’opposizione “cospirativa” e da questa alla prigione e alla deportazione in Siberia, allontanandosi sempre più dal regime e ripudiando dopo Stalin anche Trockij, e quindi, con il “mito tanto caro di Lenin”, l’intero bolscevismo.
Arrestato dalla Polizia politica (GPU) il 21 maggio 1930 a Leningrado, dove insegnava all’Università comunista delle minoranze occidentali, per cinque anni e mezzo dovette subire un “trattamento speciale” da parte delle autorità sovietiche. Un destino che gli fece conoscere a fondo quello che, molti anni dopo, sarebbe passato alla storia come l’Arcipelago GULag.

Dopo aver sperimentato in corpore vili che “è più facile uscire dall’inferno di Dante che dalla Russia sovietica”, Ciliga riuscì finalmente a varcare il 3 dicembre 1935 il confine sovietico. Nel 1936 si stabilì a Parigi dove iniziò a scrivere la prima parte del suo libro più celebre, Au pays du grand mensogne, pubblicato nel 1938, cui farà seguito la seconda parte, Sibérie terre de l’exil e de l’industrialisation, concluso nel 1941 e stampato nel 1950. In Italia i due volumi vennero pubblicati all’inizo degli anni Cinquanta in una edizione monca, di difficile reperibilità.

Viene ora finalmente pubblicata l’edizione completa di Nel paese della grande menzogna, un’opera che presentò in Occidente una delle prime dettagliate descrizioni dell’universo concentrazionario comunista.
Paolo Sensini, curatore dell’edizione e autore di un dotto saggio, ha scritto che, “considerato il suo valore testimoniale, potremmo azzardarci a definire il libro di Ciliga una sorta di Odissea dei tempi moderni. Una narrazione avventurosa in cui Ante Ciliga è stato capace di decifrare, con una prosa allo stesso tempo densa e suggestiva, tutte le sfaccettature di quello che senza alcun dubbio rappresenta uno dei più complessi ‘enigmi’ presentatisi alla ribalta della storia in questo scorcio di fine millennio”.
Ciliga si arrovellò per tutta la vita attorno alla questione cui era inderogabile rispondere: “Com’è possibile che la più audace, la più profonda delle rivoluzioni sia degenerata nella più completa schiavitù? Perché la rivoluzione russa nella sua prima tappa rappresenta il più moderno dei progressi sociali e nella tappa successiva è sboccata nella menzogna sociale, nello sfruttamento e nell’oppressione perfezionata? Che cosa può spiegare una contraddizione così enorme?”.
Dal 1958 Ciliga è vissuto a Roma, svolgendo attività di pubblicista e dirigendo alcune pubblicazioni in lingua croata. Nel giugno 1990, a 92 anni, gravemente malato e ridotto alla cecità, coronò il desiderio di ritornare in Croazia, a Zagabria, dove morì il 21 ottobre 1992.
L’epitaffio dell’amico Ivo Vucicevic dice: “Ciliga riteneva che se non avesse potuto scrivere la verità avrebbe preferito non scrivere affatto”.
Il contributo storico, politico, intellettuale di Ciliga è stato di primaria rilevanza, anche se negletto dalla cultura italiana.

Pier Paolo Poggio è il direttore della Fondazione Michetti (Brescia); Paolo Sensini è il curatore dell’edizione italia di Nel paese della grande menzogna, oltre che autore di numerose altre pubblicazioni.