HAITI. NEL PAESE DOVE ANCHE LA CRISI MONDIALE CADE SUL BAGNATO


Enrico vagnoniAnche l’ultimo presagio dell’era globalizzata, «La Crisi Alimentare», cade sulla frontiera tra Haiti e Repubblica Dominicana come pioggia sul bagnato. La scarsità di alimenti? L’aumento dei prezzi? La denutrizione e l’insicurezza alimentare? Tutti fenomeni tristemente noti e drammaticamente vissuti da chi, di questa frontiera, è più vittima che artefice. Non sorprende allora neppure l’allarmismo che impera negli uffici delle grandi agenzie internazionali, e il motivo perché non sollevi eguale scalpore tra la povera gente di Dajabòn e Wanament. Loro, le crisi, si limitano infatti a soffrirle in silenzio, sulla propria pelle e senza farsi tante domande. Noi le raccontiamo lavorando ogni giorno al loro fianco. Mentre pochi, troppo pochi, provano a risolvere alla base queste crisi.

Rimaniamo dunque sulla Frontiera, analizzando i fatti, le cause, e accennando ad alcune conseguenze dell’ultima catastrofe annunciata: la passata stagione ciclonica (iniziata nel giugno del 2007 e conclusasi in dicembre) ha lasciato ancora una volta il segno pesante su Haiti e sulla Repubblica Dominicana, causando numerose morti e ingenti danni, soprattutto al sistema produttivo agro-alimentare.

Il periodo successivo è stato invece caratterizzato da una severa siccità che perdura sino ad oggi. E la fredda regola del libero mercato, almeno così si pensa qui, è stata inclemente: meno offerta, domanda crescente, aumento dei prezzi. Pertanto, in meno di 6 mesi, i principali prodotti che fanno parte della dieta familiare caraibica sono aumentati di circa il 30%.

In Repubblica Dominicana, a gennaio, 1 libra di riso costava 19 pesos ed mezzo litro di olio vegetale 40 pesos, oggi si pagano rispettivamente 24 pesos e 50 pesos. Analogamente per i fagioli e le verdure. Il resto dei prodotti, molto spesso di importazione, non possono che essersi adattati d’immediato alla tendenza iperinflazionistica. I salari sono naturalmente fermi ai livelli di molti anni orsono. Considerando che il reddito di un nucleo familiare medio è al di sotto dei 6.000 pesos mensili, le difficoltà ad assicurarsi la sussistenza s’intuiscono facilmente.

Ad Haiti le dimensioni dei problemi assumono valori esponenziali visto che, almeno il 60% del fabbisogno alimentare, viene coperto dalle importazioni (incluse le donazioni) e che le opportunità di lavoro decrescono altrettanto proporzionalmente.

Alcuni esempi significativi del rialzo dei prezzi negli ultimi 5 mesi: 1 sacchetto di riso (unità di misura locale) è passato da 625 a 1.000 gourdes; 1 marmite (altra unità di misura locale par i a 7 libre) di zucchero da 75 a 110 gourdes; 1 gallone di benzina da 170 a 218 gourdes. L’entrata mensile familiare media non raggiunge i 4.000 gourdes!

Tanto che, disperazione e impotenza della gente di fronte all’inaccessibile costo della vita, sono sfociate in violente giornate di protesta (le più rilevanti a Porto Principe ma diffuse in gran parte del Paese) che hanno lasciato sul campo 6 vittime e portato alla repentina sostituzione del primo ministro. Nel frattempo, e come se non bastasse, da quasi 2 mesi vige il divieto d’importazione di prodotti avicoli dominicani perché, in alcune fattorie dominicane, si è scoperto un focolaio di febbre aviaria. Ciò ha causato da una parte (ad Haiti) scarsità di alimenti fondamentali (carne di pollo e uova), dall’altra (in Repubblica Dominicana) l’acuirsi di una crisi economica già in atto. Posto che veridicità ed entità dell’epidemia rimangono tutt’ora avvolte dal mistero, la situazione ha portato a un irrigidimento delle relazioni bilaterali dei 2 governi e a varie (e discutibili) forme di proteste da parte dominicana: a Dajabòn per 2 settimane è stato sospeso il famoso mercato bi-nazionale (motore dell’economia locale e principale via d’ingresso di merci in Haiti), il che ha generato disordini e tensioni tra le comunità di frontiera.

Le prospettive future non lasciano grandi speranze per una soluzione rapida dell’incipiente emergenza: in Repubblica Dominicana il clima pre-elettorale ha un po’ diluito l’entità del fenomeno e distratto la popolazione dalle necessità immediate, potenziando probabilmente la “bomba a tempo” della crisi profonda (gran parte della campagna elettorale è stata finanziata con soldi pubblici e la distribuzione gratuita di alimenti ha gettato un po’ di fumo negli occhi della gente che presto riacquisterà piena coscienza delle reali difficoltà).

Si parla di grandi investimenti per fare della Dominicana il “granaio” dei Caraibi, zona cuscinetto per arginare le crisi alimentarie della regione, ma seppure le soluzioni frettolose non mancano mai, i problemi rimangono sempre in atto. Ad Haiti l’insediamento del nuovo primo ministro (Ericq Pierre, ex alto funzionario del BID) ha destato speranze ed aspettative che è doveroso sostenere ed alimentare, ma che vanno lette con pragmatismo. L’uscita dal tunnel è molto, molto lontana. Purtroppo, emerge ancora una volta, e con totale e drammatica evidenza, come la contrapposizione culturale ed economica dei due popoli che abitano l’Isola Hispaniola, impedisca di affrontare le gravi problematiche in forma sinergica e coordinata. Limitando fortemente cioè le possibilità di contenere e rimuovere effetti e cause di ogni crisi ambientale ed economica e, a volte, addirittura rafforzandone le conseguenze negative.

In questo scenario, la presenza di ProgettoMondo Mlal acquista un significato particolare e un valore aggiunto per i nostri obiettivi istituzionali. Partecipare alla costruzione di una proficua e pacifica bi-nazionalità, incentivare processi di aggregazione e integrazione tra gli attori della società civile, difendere i diritti elementari, contribuire alla sovranità alimentare, rendere protagonista la popolazione del proprio sviluppo: sono scelte e impegni precisi nella ricerca di un futuro migliore per quest’Isola del mondo.

Ci auguriamo di poter coinvolgere sempre più gente. Perché, la povertà strutturale, origine delle crisi alimentari nei Paesi in via di Sviluppo, si combatte anche, e soprattutto, nei Paesi ricchi.

Enrico Vagnoni

cooperante ProgettoMondo Mlal a Dajabon (Haiti)


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