I SEGNI DEI TEMPI CHE SVELANO LA PRESENZA DI DIO OGGI NELLA STORIA

Celebriamo in questi giorni i quarant’anni della chiusura del Concilio Vaticano II (8 dicembre 1965), il quale ci ha insegnato, soprattutto con la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et Spes), a leggere i segni dei tempi per saper cogliere la presenza di Dio nella nostra storia: “Il popolo di Dio, mosso dalla fede, per cui crede di essere condotto dalla Spirito del Signore, che riempie l’universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza e del disegno di Dio” (n.11).

La straordinaria enciclica Pacem in Terris (11 aprile 1963) del papa Giovanni XXIII, pubblicata durante la prima fase del Concilio Vaticano II, contiene una vera pedagogia alla lettura dei segni dei tempi e ne propone tre (n. 19) legati ai grandi fenomeni di oggi: la rivendicazione dei diritti dei lavoratori, la dignità della donna e l’uguaglianza tra i popoli (non più dominatori e dominati).

Sulla scia della Pacem in Terris dobbiamo saper guardare i grandi fenomeni di oggi e intravederli come segni dei tempi.

Le emigrazioni mondiali

Si tratta di un fenomeno sempre più possente e preoccupante per l’umanità. Masse intere che si spostano da una parte all’altra in cerca di un futuro migliore. Sono soprattutto persone dei paesi a maggioranza povera che sono obbligate ad emigrare soprattutto a causa della miseria. Molti di loro sono africani costretti ad attraversare il deserto e quando non incontrano la morte nel deserto devono attraverso il Mediterraneo che spesso diventa la loro tomba. Sono persone che vengono da continenti dove non mancavano le ricchezze naturali, anzi sono nativi in terre ricche di risorse naturali. Purtroppo il sistema capitalista neoliberale ha imposto un depauperamento di quelle nazioni per arricchire i paesi occidentali, lasciandoli sempre più nella miseria. Dobbiamo, quindi, avere il coraggio di affermare che tutta questa gente, che noi chiamiamo immigrati, o peggio ancora extra-comunitari, vengono a chiedere giustizia a noi occidentali che siamo responsabili del loro impoverimento. Basti pensare alle nostre multinazionali che continuano ancora oggi a portarsi via ricchezze enorme dal Sud del mondo. Inoltre, ci stimolano a rendere la nostra fede cristiana sempre più autentica nella sua dimensione essenziale che è l’amore attraverso una solidarietà intelligente, capace di accogliere e sradicare le cause globali che gettano continuamente milioni di persone ai margini della storia.

Incontro o scontro di civiltà differenti

La realtà globale sta creando sempre più un mondo multiculturale e multireligioso. Se vogliamo rispondere profeticamente a questa sfida dobbiamo impegnarci a costruirne uno interculturale e interreligioso, cioè essere capaci di intraprendere la strada che ci porta all’incontro, al dialogo tra le culture e religioni e non a scontri e fondamentalismi. Ossia, costruire ponti e non più muri. Siamo di fronte ad una svolta epocale: o costruiamo un mondo interculturale e interreligioso, oppure rischiamo lo scontro di civiltà, fomentando fondamentalismi religiosi che porteranno a future guerre anche religiose. Ci aiuterà a camminare sulla prima via, se prendiamo sempre più coscienza che una realtà interculturale e interreligiosa non significa impoverimento, bensì arricchimento. La diversità non deve farci paura, anzi deve farci assaporare la bellezza di un mondo non uniforme ma plurale. L’altro non è una minaccia ma una grande opportunità di crescita. Se si vuole raggiungere la pace planetaria, il futuro del pianeta passa attraverso una realtà sempre più interculturale  e interreligiosa.

L’anelito per la pace e la giustizia

È sempre più forte il clamore dei nostri popoli per la pace. Durante la guerra in Iraq, il popolo della pace era stato dichiarato come la seconda potenza mondiale da uno dei più importanti quotidiani degli Stati Uniti “New York Times”. Tutti si ricordano ancora bene, l’appello forte e straordinario di Giovanni Paolo II, riprendendo l’appello di Paolo VI fatto all’ONU: “Mai più la guerra”. Ma la forza bellica  continua ad essere un’arma usata dalle superpotenze per poter dominare i popoli della terra, scatenando morte, fame e miseria; fomentando inoltre il terrorismo che è la guerra messa in atto dai poveri e oppressi. Oggi i popoli non sono più solo alla ricerca della pace, ma sono sempre più coscienti che non ci sarà pace senza giustizia. Da qui scaturisce tutto l’impegno di tanti gruppi, associazioni, movimenti, entità (come lo straordinario popolo del Forum Sociale Mondiale) per costruire giustizia sociale mediante rapporti equi e etici in tutti i livelli planetari. Il clamore di oggi è, quindi, una pace col volto della giustizia.

Il clamore della terra

Da tempo eravamo attenti al clamore dei poveri e degli oppressi. Oggi c’è un altro clamore che si sta innalzando sempre più forte: il grido della natura. Possiamo constatare ogni giorno i cambiamenti climatici provocati da una continua e sembra inarrestabile violenza sulla natura, con uno sfruttamento che ha condotto a fare della madre terra una mera merce per poter lucrare. I molti anni trascorsi in Amazzonia mi hanno dato l’opportunità di constatare il degrado ecologico causato da folli interessi economici delle multinazionali. Il noto teologo brasiliano Leonardo Boff, nel suo libro”Ecologia, clamore della terra e clamore dei poveri” ha dichiarato: “L’Amazzonia è il luogo dove Gaia mostra l’affascinante ricchezza del suo corpo, ma è anche il luogo dove essa più soffre violenza. Se vogliamo vedere il volto brutale del sistema capitalista/industrialista, allora visitiamo l’Amazzonia brasiliana. Là si perpetuano tutti i peccati capitali (peccati mortali e peccati del capitale)”. C’è uno slogan molto significativo usato da Greenpeace per farci capire la gravità della violenza sull’ambiente: “Decidi. O il pianeta lo difendi tu, o si difendi da solo”. Allora, dobbiamo saper leggere il clamore della madre terra che esige rispetto e affetto, e non vuole più essere mercificata ma desidera ridiventare fonte di vita.

Il risveglio religioso

Dopo il periodo del secolarismo occidentale e la repressione religiosa dei sistemi totalitari abbiamo una significativa rinascita religiosa perché è una dimensione insita nell’essere umano che non può essere emarginata o repressa, riemergendo oggi come esigenza essenziale che può essere indispensabile nel dare senso alla vita delle persone e dei popoli. Ma questo risveglio religioso ha tre tendenze pericolose: a) la fede vissuta soprattutto a livello emotivo mediante grandi eventi che suscitano continue emozioni per poter soddisfare il sentimento religioso, una fede che non diventa mai feriale ma sempre festiva perché viene legata solamente a suggestivi eventi religiosi senza diventare processo e cambiamento del quotidiano; b) la fede come il fai da te, privatizzando Dio e adattandolo alle proprie esigenze, svuotando il valore della comunità dei credenti come luogo di crescita, di discernimento e di incontro con Dio Trinità cioè il Dio che genera  comunione; c) la fede come sottomissione all’autorità religiosa mediante un’obbedienza sterile che non aiuta il credente a raggiungere una fede adulta, diventando più comodo obbedire in maniera passiva all’autorità religiosa, rispettando in modo acritico le norme e regole definite da essa, piuttosto che la fatica di una fede che s’interroga e che discerne per rispondere agli appelli di Dio.

Questi grandi fenomeni di oggi fanno lievitare dei segni dei tempi, attraverso i quali Dio ci vuole trasmettere messaggi importanti per la storia di oggi e per la realizzazione del suo Regno di giustizia e di pace. Per questo, non sono solamente dei fenomeni storici ma anche dei segni dei tempi da leggere attentamente per svelare la presenza di Dio oggi nella storia planetaria.

Adriano Sella

missionario e militante della giustizia e della pace