IMMIGRATI IRREGOLARI. ZOOM SULLA “DIRETTIVA DELLA VERGOGNA”


Tutti i parlamentari europei conservatori, più i cosiddetti “liberali” e qualcosa di più di una trentina di socialisti – fra di essi 16 spagnoli – costituiscono l’ampia maggioranza che, con 369 voti, ha votato a favore della direttiva sui «procedimenti e norme comuni negli Stati membri per il ritorno dei cittadini di Paesi terzi che si trovano illegalmente nel loro territorio», nota popolarmente come “Direttiva della vergogna” perché comporta la rinuncia ai valori che la Vecchia Europa si vanta di difendere.


Sogni e libertà calpestati

In attesa di un accordo europeo sulla politica migratoria, i diversi governi si sono affrettati a elaborare una direttiva per espellere gli immigrati irregolari, dando la preferenza, di fronte al fatto irreversibile delle migrazioni nel pianeta, ai provvedimenti repressivi e polizieschi su insufficienti misure di carattere sociale. La decisione approvata era già in discussione nell’ambito della maggioranza dei parlamentari, in particolare quelli che rappresentano i partiti politici al governo nei rispettivi Paesi. Per questo la sua approvazione è stata una semplice trafila dove non è stato tenuto conto di emendamenti presentati, nemmeno quelli che predisponevano misure specifiche di protezione dei minori, che potranno anch’essi essere rinchiusi ed espulsi. Con la nuova normativa, la ricerca di una vita migliore, diritto inalienabile di ogni abitante del pianeta, può essere punita con il carcere fino a un anno e mezzo. Il prolungamento della detenzione (se l’immigrato irregolare “non coopera con la sua espulsione”) non richiederà l’intervento del giudice, ma un semplice ordine amministrativo. I minorenni non accompagnati potranno essere espulsi in Paesi terzi dove non hanno tutori né familiari “sempre e quando dispongano di strutture di accoglienza”. Questo costituisce una violazione della Convenzione europea sui diritti del Bambino, visto che i minori,  in mancanza di garanzie di protezione da parte delle autorità che decidono il loro destino, possono trovarsi in situazioni inumane, degradanti. La Direttiva stabilisce la proibizione di rientrare in Europa prima di cinque anni per tutte le persone espulse, il che in pratica implica la permanenza degli immigrati in una situazione amministrativa irregolare, trasformandoli agli occhi della società in delinquenti che devono essere esclusi.

C’è chi spiega la fretta dei parlamentari nell’approvazione della normativa con il fatto che libera automaticamente fondi europei per l’ingranaggio delle espulsioni. In realtà, ci vorranno due anni perché i vari governi adeguino le rispettive leggi alla Direttiva europea. Non è mancata una buona dose di ipocrisia nel vano tentativo di ‘abbellire’ la disposizione repressiva: il commissario dell’organismo europeo che porta il nome di “Giustizia, Libertà e Sicurezza”, Jacques Barrot, ha detto che la normativa “permette di lottare contro lo sfruttamento dei bambini e di proteggere le persone in situazione irregolare”.

Manodopera ‘usa e getta’

La realtà è che negli ultimi dieci anni è risultato evidente che l’immigrazione ha reso possibile a molti Paesi, come nel caso della Spagna, di compensare la mancanza di manodopera per molti lavori che gli europei non erano più disposti a fare perché duri e mal retribuiti. Gli stessi dati ufficiali dimostrano il contributo dei nuovi cittadini al sistema di Sicurezza sociale, che hanno consentito di equilibrare conti e consolidare fondi di fronte a una preoccupante prospettiva a causa della natalità decisamente bassa. Alla fine del 2007 più di un milione e centomila stranieri iscritti al servizio di sicurezza spagnolo aveva versato il 7,4% del totale dei contributi. Ovviamente non ci sono cifre sui lavori ‘in nero’ che svolgono quanti non hanno documenti, ma costituiscono un significativo risultato economico per alcuni settori della produzione e dei servizi, visto che i compensi sono più bassi e non comprendono i contributi. “Legali” o “illegali”, i lavoratori immigrati sono stati un apporto decisivo per rivitalizzare l’economia spagnola stimabile in 8 miliardi di euro annuali. Ma questa descrizione positiva dell’immigrazione formulata da diversi governi europei è cambiata di punto in bianco quando ha fatto la comparsa il nuovo ciclo di recessione del sistema capitalista mondiale. I primi effetti sono stati che migliaia di lavoratori edili sono rimasti disoccupati. Fra di essi, molti cittadini ecuadoriani, boliviani e di altri Paesi dell’America Latina.

I partiti politici conservatori hanno sempre diffidato degli immigrati, salvo poi utilizzarli come manodopera a basso costo. Ma di fronte alla crisi, hanno raddoppiato le loro grida d’allarme, alle quali si aggiungono ora quelle di settori della socialdemocrazia, coincidenti in termini generali quando si tratta di mettere in questione la presenza degli immigrati. I termini del rifiuto vanno dai più pesanti aggettivi dispregiativi usati dai settori dell’ultradestra a quelli presuntamente più riflessivi che proclamano “sono sufficienti così”. Non mancano sedicenti ‘progressisti’ che suggeriscono che quello che bisogna fare è stabilire dei meccanismi per “scegliere” all’origine le persone di cui si ha necessità e chiamarle a lavorare con un contratto a tempo determinato, scaduto il quale dovranno rientrare obbligatoriamente ai loro Paesi d’origine. Come un fazzoletto usa e getta. Lavoratori qualificati, che possibilmente parlino la lingua del Paese, siano educati e ubbidienti e se ne vadano con i loro propri mezzi quando sono “in esubero”. Non si tratta di un piano occulto, ma espresso nel messaggio preelettorale di alcuni candidati.

Frontiere solo per gli esseri umani

Come ha detto l’italiano Claudio Fava, uno dei 197 eurodeputati che hanno votato contro, questa Direttiva crea una categoria inferiore di esseri umani. Questo parlamentare europeo è proprio il deputato responsabile dell’inchiesta che ha provato che centinaia di voli segreti della Cia statunitense hanno attraversato il territorio europeo dal 2002, e che molti di essi portavano prigionieri “clandestini” (o forse “illegali”?) verso la base di Guantanamo con scali in Turchia, Marocco, Spagna, Portogallo, Francia, Inghilterra, Albania o Italia, fra gli altri Paesi. Ma in questi casi, i Paesi europei hanno preferito “guardare dall’altra parte” e annunciare indagini che non hanno mai dato frutti. Certo è che per questo traffico illegale di esseri umani, sequestrati e trattenuti al di fuori di qualsiasi norma del diritto, non c’è stata ‘direttiva’ europea che condannasse questi fatti delittuosi e criminali, né che proteggesse le frontiere nazionali.

Per la maggior parte  degli eurodeputati non ci sono frontiere per il capitale, né per i dividendi dei guadagni, tanto meno per i voli segreti con prigionieri clandestini. Ci sono invece, rafforzate e con sofisticati sistemi di vigilanza e controllo, per gli “indesiderabili”: per gli esseri umani che fuggono dalla miseria, da situazioni spesso create dalle varie forme di colonialismo, da guerre promosse per interessi extranazionali e foraggiate con fucili, mine e bombe fabbricate e vendute dai Paesi “sviluppati”.

…E se parlassimo di responsabilità?

Né il Parlamento europeo, né i politici, nemmeno le università prendono in considerazione le cause dei flussi migratori. Certamente non lo fanno neppure i mezzi di comunicazione, che, nel loro ruolo di “formatori di opinione”, sono soliti trattare il tema dell’immigrazione in modo molto superficiale, come “fenomeno” o “problema”. Omettono di analizzare la responsabilità storica che deriva dalla presenza coloniale di molti Paesi europei in Africa, Asia e America Latina; e che deriva specialmente dagli effetti, ai nostri giorni, delle esperienze economiche etichettate come “neoliberismo” e “globalizzazione” che hanno comportato una sequela devastante di privatizzazioni di risorse e imprese nazionali, perdita di posti di lavoro, retrocessione delle politiche sociali, “riduzione” progressiva del numero dei contadini e, ciò che è più grave, facendo emergere la coscienza di vivere in Paesi dove si sa già che non c’è futuro per quelli che nasceranno, che non c’è spazio per i sogni. Questo consentirebbe di capire che l’immigrazione non è che il risultato di una ingiustizia strutturale, che ha fra i suoi architetti le grandi transnazionali, molti governi dei Paesi “sviluppati” e anche, certamente, i complici interni ai nostri Paesi, senza i quali non avrebbero trovato le porte aperte per la loro opera di spoliazione. In altre regioni della terra, a questa iniquità si sommano guerre, conflitti aizzati dall’esterno e carenze causate da danni ambientali, in molti casi provocati da ingordigie economiche (disboscamenti, contaminazione delle acque, tossicità da insetticidi).

È per questo che centinaia di migliaia di uomini e donne attraversano le frontiere cercando quel posto nel mondo che l’ingiustizia nega loro sulla loro terra.

L’occupazione dell’Afghanistan e l’invasione e occupazione militare dell’Iraq, che ha potuto contare sull’appoggio chiaro di governi europei, ha provocato un flusso impressionate di rifugiati. Oltre tre milioni di afgani sono fuggiti dal loro Paese verso nazioni vicine, e dal martoriato Iraq, dove continuano a sopportare l’occupazione militare straniera, sono fuggiti più di quattro milioni di uomini, donne e bambini, che si dividono fondamentalmente fra Siria e Giordania. La Colombia, che soffre un conflitto interno con intervento miliare e appoggio economico del governo degli Stati Uniti, è uno dei Paesi con il maggior numero al mondo di profughi interni, oltre che di emigrati. E un dato in più: la Spagna ha ricevuto l’anno passato 7.662 domande di asilo e ne ha accettate 204. Fra i richiedenti asilo vi erano quasi 2.500 colombiani e 1.600 iracheni. Il panorama è simile negli altri Paesi dell’Unione Europea, eccezion fatta per alcuni Paesi nordici.

Decine di organismi di migranti, ma anche diverse organizzazioni sociali delle Canarie, hanno diffuso giorni prima della decisione del Parlamento Europeo un documento che, opportunamente e puntualmente, si indirizzava a coloro che comandano nel Vecchio Continente per “ricordare alle autorità dell’Unione Europea che storicamente, a causa di problemi economici, politici e sociali, il continente che ha ‘invaso’ con più immigrati il resto del mondo è stato proprio l’Europa, senza che i cittadini europei abbiano ricevuto per questo un trattamento disumano e vessatorio della loro dignità umana come succede alle persone che attualmente valicano i confini dello spazio Schengen. Ugualmente non bisogna dimenticare che le migrazioni dai Paesi poveri verso il cosiddetto “primo mondo” sono conseguenza dei processi di colonizzazione e saccheggio subiti nella storia e nei quali l’Europa ha una responsabilità evidente.

Se tutto questo fosse spiegato, commentato e dibattuto, probabilmente parte della società europea comprenderebbe le ragioni di genti tanto diverse che vogliono approdare sulle sue coste. E più importante ancora, capirebbero le ragioni e il diritto che le sostiene. Forse rifletterebbero insieme al fotografo Juan Medina, che ha catturato drammatiche immagini dell’arrivo dei cayucos (piccole imbarcazioni provenienti da Paesi africani, ndt): “La grande domanda è se ci importa che questa gente muoia o se ci infastidisce che lo faccia alle porte di casa nostra”.

La parola alla società civile

Ci troviamo indubbiamente di fronte ad una direttiva che viola la dignità e i diritti fondamentali delle persone straniere e che, con il pretesto di regolare i flussi migratori, stabilisce norme che sono politicamente, socialmente ed eticamente discutibili; a una direttiva che delibera soprattutto misure di polizia e che promuove i Centri di Internamento di Stranieri, paragonabili a un limbo carcerario, specie di Guantánamo europee.

E non è sufficiente il marchio di “immigrato”. La direttiva europea tenta di costruire una nuova categoria di esseri umani: gli “illegali” o “irregolari”. Ora non sono più un “problema” economico o occupazionale, ora sono un problema di ordine pubblico, di sicurezza. Un fatto sociale trasformato in un fatto di polizia.

La società civile ha la parola. Ancora una volta i governanti vanno per la loro strada, che non è “la nostra”. Così come è successo con l’invasione dell’Iraq. Come è successo con il cambiamento dell’orario di lavoro europeo. Bisogna smontare questo processo escludente. Bisogna recuperare lo spazio dei popoli. Il silenzio è complicità. L’indifferenza anche, come scriveva Mario Benedetti: «Se quarantamila bambini soccombono ogni giorno / nel purgatorio della fame e della sete / se la tortura dei poveri corpi / svilisce ad una ad una le anime / e se il potere  si gloria delle sue quarantene / e se i poveri in solennità / sono sempre meno solenni e più poveri / è già abbastanza grave / che un solo uomo / o una sola donna / contemplino distratti l’orizzonte neutro / ma è atroce / semplicemente atroce / se è l’umanità a scrollarsene le spalle».


Questo articolo di Carlos Laquinandi Castro è apparso sull’agenzia di stampa argentina «argenpress» (27/6/2008). Titolo originale:  «Si la solidaridad es la ternura de los pueblos… Esto… ¿qué es?».

Fonte: Adista n.56 del 19 luglio 2008