[Tavola della Pace • 02.03.04] In occasione del dibattito alla Camera dei Deputati sul rifinanziamento della missione militare italiana in Iraq, la Tavola della pace presenta un documento intitolato “In Iraq un altro intervento è possibile e necessario” con il quale chiediamo a tutti i deputati di negare ogni sostegno al decreto con cui il governo intende prolungare l’attuale missione e di promuovere una conseguente iniziativa parlamentare per non abbandonare il popolo iracheno impegnando il governo italiano ad investire subito sull’Onu e fare ogni sforzo per favorire il suo rapido rientro in Iraq. Il documento indica precise proposte concrete tese a sostanziare la scelta che l’Italia deve assumere se vuole davvero contribuire alla fine della tragedia irachena: la scelta dell’Onu...

IN IRAQ UN ALTRO INTERVENTO E’ POSSIBILE (E NECESSARIO)

In occasione del dibattito alla Camera dei Deputati sul rifinanziamento della missione militare italiana in Iraq, la Tavola della pace presenta un documento intitolato “In Iraq un altro intervento è possibile e necessario” con il quale chiediamo a tutti i deputati di negare ogni sostegno al decreto con cui il governo intende prolungare l’attuale missione e di promuovere una conseguente iniziativa parlamentare per non abbandonare il popolo iracheno impegnando il governo italiano ad investire subito sull’Onu e fare ogni sforzo per favorire il suo rapido rientro in Iraq. Il documento indica precise proposte concrete tese a sostanziare la scelta che l’Italia deve assumere se vuole davvero contribuire alla fine della tragedia irachena: la scelta dell’Onu.

IN IRAQ UN ALTRO INTERVENTO E’ POSSIBILE (E NECESSARIO)
 
Non è vero che proseguire la missione militare italiana a Nassiriya è “la cosa migliore” o “la sola cosa” che l’Italia può fare per aiutare il popolo iracheno ad uscire dal pantano in cui è finito a causa della guerra.

Premessa

1. La guerra condotta in Iraq è stata fatta, in modo inequivocabile, in violazione del diritto internazionale. E’ stato dunque un atto illegale.

2. Anche l’occupazione, conseguenza di atto illegale, è essa stessa illegale. Nessun “realismo politico”, nessuna prassi omertosa può legittimare la strategia del fatto compiuto.

3. La guerra è stata giustificata con manipolazioni e inganni adducendo pericoli e motivazioni false e inconsistenti.

4. La guerra ha provocato la fine del regime di Saddam Hussein ma ha gettato il paese nel caos e nella violenza. Per il popolo iracheno le sofferenze non solo non sono finite ma per molti aspetti sono addirittura aumentate. In questo senso non è vero che la guerra è finita. La guerra continua in forme nuove e terribili.

5. L’raq del cosiddetto “dopo-guerra” è diventato il principale campo di battaglia per la guerra. Non una guerra tra le tante ma “la” guerra delle guerre: quella degli Stati Uniti contro il terrorismo, quella contro l’occupazione americana, quella dei fondamentalisti contro l’America e l’occidente, quella interna per la conquista del potere.

6. Questa situazione allarmante descrive una sola cosa: l’ennesimo clamoroso fallimento dell’opzione militare. La guerra non è uno strumento utile per “migliorare il mondo”. La guerra non risolve i problemi: li aggrava. Ne chiude uno e ne provoca molti altri.

7. Coloro che hanno fatto la guerra hanno dimostrato di saper distruggere ma di non saper costruire né la libertà, né la pace né la democrazia. Hanno avuto ottimi piani di guerra e pessimi piani di pace.

8. I piani di ricostruzione delle potenze occupanti non hanno portato alcun beneficio diffuso alla popolazione irachena. Il piano di ricostruzione (definito di “democrazia del libero mercato”) che stanno cercando di realizzare è molto efficace nella distruzione (distruzione delle istituzioni esistenti, smantellamento dell’esercito,  privatizzazione delle imprese di stato) e del tutto fallimentare nella costruzione di un nuovo stato democratico. Lo stesso modo in cui le truppe d¹occupazione gestiscono la sicurezza (spesso affidata anche a imprese private e mercenari) non è di alcun aiuto alla popolazione civile.

9. Il risultato è che tra la popolazione civile cresce il senso di insicurezza, di umiliazione, di frustrazione e malcontento; si rafforzano gli estremismi religiosi, etnici e tribali, si diffonde la criminalità organizzata e si finisce di devastare la società irachena, si aumenta la frammentazione e si scivola verso la balcanizzazione dell’Iraq. Altro che passaggio dalla dittatura alla libertà!

10. Il governo italiano, dopo aver sostenuto la guerra (senza partecipare direttamente ai combattimenti) ha inviato una missione militare in Iraq a sostegno dei piani di occupazione e ricostruzione delle potenze occupanti senza dare ai nostri soldati una adeguata preparazione (come denunciato anche dall’Unione Nazionale dell’Arma dei Carabinieri); senza alcun coinvolgimento dell’Unione Europea; senza alcun rispetto della legalità internazionale; senza concordare alcuna copertura da parte dell’Onu; confondendo i soldati e gli aiuti italiani con quelli di coloro che hanno fatto la guerra.

Un altro intervento è possibile (e necessario)

Il Parlamento italiano deve scegliere di abbandonare l’opzione militare e di assumere l’pzione democratica.

L’opzione democratica richiede: 1. un maggiore e non un minore impegno in Iraq dell’Italia, dell¹Europa e della comunità internazionale; 2. una forte iniziativa per ridare centralità, credibilità e sostegno all’azione dell’Onu.
L’Onu non è e non dispone di una bacchetta magica per risolvere i disastri provocati dalla guerra. Tuttavia quella dell’Onu è la strada maestra per mettere un freno alla violenza che dilaga, per scongiurare il rischio di guerra civile, per ridurre lo spazio e il sostegno ai terroristi, per promuovere e proteggere i diritti umani degli iracheni.

Il solo invio di una “Missione” delle Nazioni Unite per discutere con tutte le parti irachene le modalità per realizzare libere elezioni in Iraq ha contribuito ad aprire nuove importanti prospettive basate sul dialogo e consenso.

La “ebolezza”o la forza dell’Onu dipende solo dalla volontà degli Stati che ne sono parte, a cominciare dai membri del Consiglio di Sicurezza. Nessuno può dunque giustificare la sua esclusione o messa ai margini se non con motivazioni politiche.

Sino ad oggi le potenze occupanti hanno di fatto impedito l¹intervento dell’Onu in Iraq.

L’talia deve investire sullOnu, fare ogni sforzo per favorire il suo rapido rientro in Iraq e sostenere concretamente la sua azione a partire da quelle missioni che la stessa Risoluzione 1511 elenca: “assicurare la necessaria assistenza umanitaria alla popolazione”; “favorire una rapida transizione politica in modo che il popolo iracheno possa determinare liberamente il proprio futuro politico e controllare le proprie risorse naturali”; “favorire il dialogo nazionale e la costruzione del consenso che dovrà portare alla stesura della nuova costituzione e alla convocazione di elezioni democratiche”; “accelerare gli sforzi per costruire istituzioni locali e nazionali democratiche e rappresentative, promuovere la protezione dei diritti umani in tutto il paese, favorire lo sviluppo di media indipendenti, sostenere lo sviluppo della società civile irachena e delle sue organizzazioni indipendenti, etc…”; “promuovere la ricostruzione economica”.
Gli stessi iracheni chiedono con gran forza l¹intervento delle Nazioni Unite per accelerare e gestire il passaggio dei poteri e l’organizzazione di elezioni nazionali libere e democratiche.

L’Italia deve dunque:

1. accogliere e sostenere attivamente le raccomandazioni formulate dalla “Missione” delle Nazioni Unite per l’organizzazione di elezioni nazionali libere e democratiche in Iraq a partire dal mantenimento della data del 30 giugno 2004 quale termine ultimo per il trasferimento dei poteri ad un governo iracheno provvisorio che a sua volta deve essere definito con il più ampio consenso possibile tra tutte le parti irachene e dalla istituzione di una Commissione Elettorale Irachena autonoma e indipendente.

2. lavorare perché il Consiglio di Sicurezza dell’Onu dia un chiaro e inequivocabile mandato e un sostegno concreto al Segretario Generale dell’Onu nella gestione di questa importantissima quanto difficile fase di transizione.

3. operare perché questa diventi posizione e iniziativa comune dell’Unione Europea o almeno del maggior numero possibile dei paesi europei sollecitando la solidarietà e la collaborazione;

4. non rifinanziare la missione militare italiana in corso sotto il comando delle potenze occupanti e, in ossequio all’articolo 11 della Costituzione, mettere, con una dichiarazione formale e solenne in Parlamento e all’Onu, tutte le proprie risorse di qualsiasi natura sotto diretta autorità delle Nazioni Unite per sostenere il loro “ruolo vitale” in Iraq;

5. sostenere l’ntervento diretto in Iraq delle organizzazioni italiane e internazionali della società civile e delle Istituzioni Locali impegnate nella promozione e difesa dei diritti umani;

6. assumere tutte le iniziative concrete necessarie per mettere fine alla violenza e alle quotidiane violazioni dei diritti umani, all’occupazione e agli attentati in Palestina e Israele e, finalmente, avviare la costruzione di una pace giusta e duratura basata sul principio “Due stati per due popoli: stessa dignità, stessi diritti, stessa sicurezza”.