[di di Erri De Luca • 26.04.02] Il male estremo della guerra si è impiantato nel luogo di massimo contagio. La terrasanta, tre volte santa per tre religioni, tracima d'infezione e ammala il mondo alzandogli la temperatura. Israele ha invaso la Cisgiordania. Non vuole annettersela ma smantellare le formazioni militari palestinesi e raccattare il massimo di nuove informazioni su di loro.

ISRAELE-PALESTINA: QUEI DUE ORMAI INCOMPATIBILI PER LA PACE

L’intifada, molto più compattata, ha tagliato i contatti, i rifornimenti di notizie accecando il servizio di sicurezza di Israele. Gli arresti in massa, gli interrogatori, le perquisizioni stanno inseguendo questa nuova mappatura del nemico. Per farlo hanno invaso la Cisgiordania, hanno procurato stragi di combattenti e di civili.
L’invasione è un atto di guerra smisurato rispetto a un risultato di polizia. Non si dichiara una guerra per fare degli arresti. L’atto è sregolato per eccesso, ma pure per difetto: è a tempo, deve ritirarsi, non ha fermato gli attentati.
Dall’altra parte esiste un’altra sproporzione: un suicida palestinese con addosso un esplosivo molto più devastante lo userebbe? Sì. Allora oggi non è più questione di discutere di due stati che possono coincidere su quella terra, ma questione di sopravvivenza per entrambi i popoli. Un attacco a Israele, mininucleare, chimico, batteriologico avrebbe una risposta su scala nucleare. La sopravvivenza della vita umana su quel suolo: questo è all’ordine del giorno.
Sergio Romano ha di recente spiegato che il guaio sta nel manico, nella scelta delle Nazioni Unite di concedere entità di stati a ebrei e palestinesi nel dopoguerra. La sostanza è: Israele è l’anticorpo, isola d’occidente in mezzo agli arabi, che produce a ondata crisi di rigetto. Ecco il punto ben individuato: non si è rimesso in circolo un petulante e becero antisemitismo ricorrente, la calunnia del complotto sionista, l’insofferenza verso il popolo infinitamente eletto e rieletto a bersaglio. No, riparte in teste lucide e in sentimenti oscuri l’impulso dello sfratto. È l’«Aussiedlung», termine con cui i nazisti indicavano lo spostamento forzato degli ebrei dall’Europa, con destinazione i campi di annientamento. Stavolta l’Aussiedlung riguarda un solo punto del mondo, la terrasanta. L’antisemitismo di ora mira a un punto della carta geografica, che è il centro del mondo. Tale è la terrasanta. Rispetto alla sua centralità, le macerie delle torri gemelle, del Pentagono e del fallito impatto sulla Casa Bianca sono incidenti di periferia. La terrasanta è il centro nervoso capace di scatenare epilessia al pianeta intero. Mentre imprese militari contro l’Afganistan e prossimamente l’Irak sono diversivi, tiri molto lontani dallo specchio della porta.
Oggi l’antisemitismo ha smesso ogni gradualità e indica l’«Endlösung», la soluzione finale, l’eliminazione di Israele da lì. La terrasanta si candida a diventare la nuova camera a gas con forno annesso per tutti gli abitanti di quel suolo. Ringrazio chi ha avuto lo stomaco di leggere fin qui, e ha pieno diritto di non leggere il seguito, che è peggio.
Non esiste alcuna possibilità di pace tra Sharon e Arafat. Sono entrambi incompatibili con una soluzione, con un dopo-guerra. Si deve fare senza di loro. La differenza tra i due è però grave: Sharon è intercambiabile, un altro israeliano prenderà facilmente il suo posto, mentre Arafat no. Lui è ostacolo più grande di Sharon perché insormontabile. Senza di lui anarchia? Lo è già, ma è anarchia con delega a lui di rappresentarla. Senza di lui le lotte armate palestinesi dovranno darsi un governo unificato, uscire dallo stato di tutela e di seminfermità politica. Dovranno decidere se puntare alla soluzione finale o raggiungere l’entità nazionale attraverso il negoziato. Il tempo congiura contro, i giorni di guerra ingrandiscono i calibri e la volontà sorda di farla finita col nemico anche a costo di catastrofe. Non credo che i nostri governatori del mondo abbiano inteso il furore tellurico che sta accumulandosi nell’epicentro di Gerusalemme. E in tempi tragici è tragico avere capi di piccoli cranio.


da Avvenire del 14/4/02