[di Enrico Vendrame • 06.04.03] E’ stato interessante – ma anche desolante – vedere e sentire come la stampa italiana ed internazionale presentava il drammatico braccio di ferro tra gli Stati Uniti e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nei primi mesi dell’anno per legittimare un intervento armato in Iraq...

LA GUERRA E IL DIRITTO INTERNAZIONALE

E’ stato interessante – ma anche desolante – vedere e sentire come la stampa italiana ed internazionale presentava il drammatico braccio di ferro tra gli Stati Uniti e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nei primi mesi dell’anno per legittimare un intervento armato in Iraq. Nel mentre si consumava in seno all’Unione europea una spaccatura e gli ispettori Hans Blix e Mohamed El Baradei rilasciavano interviste quanto meno contradditorie sull’esito delle ispezioni in Iraq. Anziché lanciare l’anatema “pacifisti” contro “bellicisti”, “antiamericani” contro “filoamericani”, sforziamoci di dominare le passioni che rischiano di travolgere tutto, per tentare di tenere aperto un dibattito dignitoso sui valori fondamentali delle società moderne. Poiché il mio tacere potrebbe essere interpretato come il mio approvare, poiché le guerre mietono vittime prevalentemente civili e inermi, ciascuno è chiamato dalla propria coscienza a fare delle scelte. Ciò non fosse altro perché il nostro Paese ha scelto di stare dalla parte di chi è militarmente più forte, in nome di una certa idea di democrazia.
La Carta delle Nazioni Unite non permette mai l’uso unilaterale della forza se non in caso di aggressione, e in quest’ultimo caso, comunque, soltanto fino a quando il Consiglio di Sicurezza non abbia deciso di occuparsi della questione (art. 51). Qui, nel caso Iraq, non solo non c’è nessun atto di aggressione contro i paesi “democratici” che hanno attaccato direttamente – come Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia –  o indirettamente – come i paesi che forniscono l’uso del proprio territorio per le operazioni di aggressione o che espellono i rappresentanti diplomatici iracheni, vedi Italia – ma anche il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è da tempo investito della questione. Nulla, nulla, e ancora nulla giustifica questo ignobile attacco. Le ragioni di questa guerra si infrangono su una debolezza di fondo resa evidente da alcuni. Diversamente dalle apparenze o dai piani militari che ci vengono illustrati, la sicurezza della regione non ne uscirà rafforzata. Nemmeno la sicurezza internazionale in quanto il terrorismo certo non si sconfigge con il lancio delle bombe incendiarie MOAB dagli aerei B52. Chi può dirci chi sarà al potere domani in Iraq, chi può dirci come verrà risolto il conflitto israelo-palestinese; o ancora quali saranno le intenzioni della Turchia o della Siria? Ma forse più realisticamente gli Stati Uniti non saranno riusciti, dopo questa dimostrazione di forza, che a rendere indispensabile la loro presenza militare permanente nella regione. Nulla, nulla, e ancora nulla giustifica questo ignobile attacco. Si è sentito, da molte parti, in questi giorni dire che la risoluzione 1441 dell’8 novembre 2002 del Consiglio sarebbe la fonte di legittimità dell’attacco. In quanto manovale dei diritti umani devo riconoscere che ciò non corrisponde al vero! Quella risoluzione prevede per l’Iraq la soggezione all’attività degli ispettori ed è stata adottata nell’ambito dei poteri concernenti la pace e la sicurezza internazionale stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite, ma non prevede nessuna forma di aggressione preventiva, nè d’altronde potrebbe prevederla. Solo avverte l’Iraq che la continua violazione degli obblighi internazionali potrebbe causare “serie conseguenze”. Questo, è bene saperlo, non significa che un qualsiasi stato possa unilaterlamente decidere di attaccare; solo il Consiglio di Sicurezza può decidere l’uso della forza e, inoltre, lo può fare solo in conformità a quanto dispone la Carta delle Nazioni Unite. Un intervento armato, in base allo lo statuto della Nazioni Unite, è legittimo giuridicamente solo se, come dicevo, è necessitato dalla legittima difesa oppure soltanto nel caso in cui il Consiglio di Sicurezza abbia deciso in tal senso e le forze armate devono essere messe a disposizione dell’ONU dagli stati membri (artt. 43 e ss. Carta ONU). Nessuna azione unilaterale è legittima, meno che meno azioni preventive. La guerra non è e non potrà mai essere un semplice mezzo per portare la democrazia e la libertà ad un popolo perché sappiamo che non è mai pulita. La guerra è imprevedibile per natura nei tempi e nelle modalità di azione. Le bombe che sono lanciate su Bagdad o Bassora non cadono né in nome del diritto internazionale né a mio nome. Eppure l’Italia è in guerra ed ha deciso di stare dalla parte del più forte militarmente. Come stupirsene?
Le tragiche conseguenze della guerra sono tanto più gravi in quanto vanno a colpire un processo di crescita in umanità grazie anche al contributo delle chiese e del dialogo interreligioso. Non credo che la politica delle armi svolga una funzione preventiva contro il terrorismo internazionale. Caso mai la guerra continua ad essere una “avventura senza ritorno”. La nuova guerra del Golfo e quella del Kosovo si sono poste al fuori della legalità dello statuto delle Nazioni Unite e del paradigma dei diritti umani. Per questo oltre a colorare le nostre case con i colori della pace, abbiamo il dovere di coniugare insieme il nostro modo di vivere con la giustizia sociale, la pace e la salvaguardia del creato nella nostra quotidianità.


(Esperto in diritti umani)