[Alex Zanotelli • 09.09.02] Il testo-guida di padre Alex per "La pace nelle nostre mani: non solo utopia!". «Perché un altro giubileo? Non l’abbiamo già celebrato due anni fa?»... [Il testo è stampato - a cura dell'Emi di Bologna - in un tascabile di 32 pagine contenente anche quattro "proposte operative", in distribuzione sul percorso della Carovana della Pace. Prezzo 1,00 EURO]

«LA PACE NELLE NOSTRE MANI: NON SOLO UTOPIA. IL NUOVO E’ POSSIBILE»

Più di uno si domanderà: “Ma perché un altro giubileo? Non l’abbiamo già celebrato due anni fa? Il giubileo biblico non si celebrava ogni cinquant’anni? Sono domande legittime che richiedono una risposta. Per tentare di darla è necessario capire cos’era il giubileo e qual era la sua funzione sociale nella tradizione ebraica. La bibbia riconosce che le disuguaglianze sono inevitabili in una società umana decaduta. È inoltre un assioma sociologico che ogni società lasciata a se stessa tenda a strutturarsi nella disuguaglianza. Una realtà questa che il Dio di Israele non può accettare perché Egli ha un Sogno per il suo popolo: un’economia di uguaglianza. Il giubileo nasce in Israele per cercare di tradurre quel Sogno di prassi quotidiana.
Fino a pochi anni fa era opinione comune degli esperti biblici che il giubileo fosse un’istituzione post-esilio, cioè dopo il ritorno dall’esilio in Babilonia (538 a.C.) che si celebrava ogni 50 anni. Molti ritenevano che fosse solo un pio desiderio che non fu mai praticato (se è per questo, neanche il discorso della montagna fu mai praticato!).
La recente ricerca biblica sostiene invece che il giubileo è stato parte essenziale del “gran Sogno di Dio” che chiamava Israele (1200 a.C.) a essere una società, una comunità alternativa all’impero e alle città stato del medio oriente. Purtroppo anche in Israele le tendenze alla disuguaglianza si fecero ben presto sentire. Le istituzioni giubilari furono fin dall’inizio gli strumenti giuridici per tentare di riportare un minimo di uguaglianza in seno alla tribù di Yahvè (Yahvè è il rifiuto di darsi un nome).
La prima istituzione giubilare è il sabato, settimo giorno della settimana seguita dal settimo anno sabbatico che diventerà poi il sabato dei sabati (il 7 x 7), il grande Giubileo ogni cinquantesimo anno! Ma non si può capire il giubileo se non si capisce il Sogno che Dio ha per il suo popolo Israele. Dio sogna per il suo popolo liberato dall’impero faraonico (un’economia di uguaglianza cioè una più equa distribuzione dei beni perché tutti ne traggano beneficio). Per realizzare questo c’è bisogno di una politica di giustizia che persegue cioè un’equa distribuzione dei beni e delle risorse. Ma un tale sogno sottintende un’esperienza religiosa in cui Dio è percepito come il Dio totalmente libero, totalmente Altro! Per questo non può essere cooptato dal sistema o dal faraone per essere il garante dell’ordine costituito. Dio è il Dio che rimette in discussione ogni impero, che necessariamente schiaccia ed uccide. Infatti ogni impero è costituito su un’economia di opulenza (pochi straricchi a spese di molti morti di fame) che necessariamente domanda una politica di oppressione per tenere a bada la gente. La religione diventa allora il collante della società, Dio il garante del disordine costituito. Ma Yahvè sogna qualcosa d’altro per il suo popolo. “Lo yahvinismo era una forma di vita alternativa, sociale, economica, politica e religiosa” – affermano due bibliste americane, Ross Kinsler e Gloria Kinsler nel loro libro Il Giubileo biblico e la lotta per la vita. Lo yahvinismo diede una dimensione divina alla lotta dei popoli marginalizzati per vincere i meccanismi dominanti e le ideologie oppressive e creare un nuovo ordine sociale in cui tutti ne avrebbero avuto “a sufficienza””.
 
Il Sabato
La prima e più fondamentale istituzione giubilare fu il Sabato (il settimo giorno, giorno di riposo – shabat, per tutti: uomini, animali, terra), che ricordava ad Israele il sogno di Yahvè e diventava così il giubileo settimanale. “L’osservanza del sabato richiede un salto di fede – scrive il biblista americano Robert Lowery –, la ferma fiducia che il mondo continuerà ad operare benevolmente per un giorno senza lavoro umano e che Dio è pronto e capace di provvedere all’essenziale per una vita umana serena. Il Sabato promette sette giorni di prosperità per sei giorni di lavoro!”. Sia gli uomini, sia gli animali, sia la terra possono essere liberati regolarmente dal lavoro come dalla produzione e questo su base settimanale. È il giubileo settimanale. Nella bibbia il primo accenno al sabato è nel racconto della creazione (Gen 1); il secondo è nella storia della manna (Es 16). È questo secondo testo che ci aiuta a capire ancora meglio il significato del Sabato biblico. Gli israeliti sono appena usciti dall’impero faraonico (economia di opulenza!) e devono ora confrontarsi con la dura realtà della vita: sopravvivere in un deserto.
Gli israeliti non potevano nemmeno immaginare un sistema economico differente dal complesso militar-industriale egiziano che li aveva oppressi. “La storia della manna non è un bel miracolino, ma è l’alternativa di Dio all’economia egiziana”, scrive il biblista americano Ched Myers, cui sono debitore di queste osservazioni. Questa storia della manna narra come Dio metta alla prova Israele per vedere se osserverà le istruzioni per “raccoglierla (la stessa parola fu usata per la raccolta delle messi). La prima lezione che Israele riceve fuori dall’Egitto ha a che fare con la produzione economica”. Mosè da tre istruzioni al popolo per “raccogliere”.
Primo: ogni famiglia raccoglie solo il sufficiente per il proprio fabbisogno. “Colui che ne aveva preso di più, non ne aveva di troppo, colui che ne aveva preso di meno non ne mancava” (Es 16,18b). Nell’economia di Dio non ci sono il “troppo” e il “troppo poco”.
Secondo. Questo pane non dovrebbe essere “accumulato”. L’economia imperiale egiziana era basata sull’accumulo. Mentre a Israele è ingiunto di far circolare la ricchezza attraverso strategie di distribuzione per evitare la concentrazione di ricchezza in poche mani, tipica di ogni impero.
Terzo. Il giubileo settimanale, il Sabato. ” Ma il sesto giorno quando prepareranno quello che dovranno portare a casa, sarà il doppio di ciò che raccoglieranno ogni altro giorno… Sei giorni lo raccoglierete, ma il settimo giorno è sabato: non ve ne sarà” (Es 16,5.26). La legge fondamentale del Sabato è la strategia che Dio ha usato per insegnare a Israele la sua dipendenza dalla terra come dono da condividere equamente, non come possesso da sfruttare. La terra è di Dio, i suoi frutti sono un dono: gli israeliti devono distribuire quei frutti invece che accumularli. “Il sabato significa ricordare ogni settimana due principi fondamentali dell’economia di Dio: il fine del sufficiente per tutti e la proibizione dell’accumulo – scrive Ched Myers -. Questa visione (è il sogno di Dio) è il contrario dell’economia capitalista”. È questo il giubileo settimanale presente fin dall’inizio perché Israele non dimenticasse la sua vocazione ad essere società alternativa”. Questo ciclo sabbatico settimanale è stato poi esteso al settimo anno nel codice dell’Alleanza (Es 23,10).
“Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto, ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà divorato dalle bestie della campagna” (Es 23,10-11). Il codice del Deuteronomio aggiungeva anche il condono del debito (Deut 15,1-8). “Alla fine di ogni sette anni celebrerete l’anno di remissione. Ecco la norma di questa remissione: ogni creditore che abbia diritto a una prestazione personale in pegno per un prestito fatto a un suo prossimo, lascerà cadere il suo diritto” (Deut 15,1-2). Tutto questo per contrastare la tendenza della società umana a concentrare ricchezza e potere in poche mani, creando così paurose stratificazioni sociali e relegando i poveri all’ultimo posto. Il settimo anno troverà poi la sua piena realizzazione nell’anno giubilare: sette per sette. È il massimo della perfezione per gli ebrei e marco per tentare di realizzare quella società alternativa che Dio sognava per il suo popolo. È la piena espressione della logica del Sabato.
“Conterai anche sette settimane di anni, cioè sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno un periodo di quarantanove anni… dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete la liberazione nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e nella sua famiglia” (Lev 25). Il giubileo includeva la remissione del debito (Lev 25,35-42), la restituzione della terra al suo proprietario originale (Lev 25,25-28) e la liberazione degli schiavi (Lev 25,47-55). “Queste leggi liberatrici del giubileo provano l’esistenza di un’ideologia di giustizia sociale in cui l’inclusione del povero, dell’indebitato, dello schiavo, è centrale – scrivono le due americane R. Kinsler e G. Kinsler –. La remissione dei debiti e la liberazione degli schiavi sono mezzi essenziali per superare le usuali tendenze verso l’esclusione. I contadini vivevano sotto la perenne minaccia di perdere i loro raccolti, cadere nell’indebitamento, perdere la propria terra e finire in schiavitù. Potenti e ricche élite cercavano un’opportunità per estendere la loro terra e accumulare più ricchezza sfruttando la situazione miseranda dei contadini offrendo prestiti ad alti costi, prendendo la loro terra come caparra in caso di mancato pagamento, e riducendoli poi in servitù. Questa situazione poteva in lunga parte risolversi se Israele avesse obbedito al Signore Dio che li aveva salvati dall’Egitto”.
 
Comunità alternative
L’evento cruciale del giubileo è il ritorno alla situazione originale dell’uguaglianza. “Ognuno ritorna alla propria terra, la base per una libertà ugualitaria delle famiglie. Coloro che hanno più accumulato devono restituire – scrive Ulrich Duchrow nel suo splendido Alternative al capitalismo globale -. Questo dovrebbe accadere nel giorno dell’espiazione quando i sacerdoti facevano penitenza scaricando sul capro i peccati del popolo. L’emergere della disuguaglianza socioeconomica in Israele è vista come peccato. Ma il popolo non è abbandonato in balia dei peccati economico-strutturali. Dio ha infranto questa struttura di peccati. Per cui il nuovo è possibile e deve emergere dentro la storia.
È questo il messaggio del giubileo. Gesù ha rilanciato in quella “Galilea delle genti” il messaggio dell’anno giubilare; ha proclamato l’economia sabbatica, radicalizzandola. La Galilea era la regione della Palestina che più pagava lo scotto dell’imperialismo romano che utilizzava il tempio e il tetrarca Antipa per schiacciare e strozzare i contadini. Il vangelo di Luca presenta il lavoro di Gesù come rilancio dell’anno sabbatico, del giubileo. Gesù si recò a Nazaret… entrò nella sinagoga… gli fu dato il rotolo di Isaia… “lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4,16-19).
“L’anno di grazia del Signore è generalmente compreso come un diretto riferimento all’anno giubilare o al settimo anno – affermano R. e G. Kinsler -. Tutto il testo esprime tutta la forza delle leggi sabbatiche. Portare un lieto messaggio ai poveri significa cambiare le realtà socioeconomiche e spirituali fondamentali dei contadini indebitati, di gente senza terra, disoccupati o schiavi in questo mondo. È importante notare che “l’anno di grazia” che Gesù proclamò come l’arrivo del regno di Dio non era più un anno di sette o un anno ogni cinquanta, ma una nuova età di libertà perpetua per tutto il popolo di Dio da ogni tipo di oppressione”.
“Gesù si ricongiunge così con l’idea ebraica che Israele doveva essere “una società alternativa” – afferma U. Duchrow – talmente attraente che tutti i popoli sarebbero venuti spontaneamente a Sion cambiando vita, assumendo un volto umano”. Gesù in quella Galilea schiacciata e oppressa, rilanciava alla grande “il gran Sogno di Dio” partendo dalle piccole comunità di rinnovamento nei villaggi della regione. “L’intuizione di Gesù non era quello di pilotare i suoi seguaci verso comunità disincarnate, ma invece di creare comunità alternative incarnate che potessero resistere e sfidare i sistemi di potere come Lui stesso ha fatto pagando di persona – Richard Horsely e Neil Asher Silberman nel loro ottimo testo Il messaggio e il Regno.
Il regno di Dio che Gesù proclamava era precisamente quell’ordine socioeconomico e spirituale inculcato nella Legge e nei Profeti condensato nella visione del sabato-giubileo. Gesù rinnovò la memoria sovversiva delle tribù di Yahvè e l’aspettativa del Regno di Dio tra i villaggi della Galilea”. E Gesù nei villaggi della Galilea diede inizio a piccole comunità alternative, comunità di accoglienza dove l’emarginato, l’indebitato, il lebbroso si sentiva accolto, amato, perdonato. Comunità di condivisione dove quel poco che c’era veniva spezzato, condiviso (lo spezzare il pane!). Nessun episodio nei vangeli è così raccontato come la moltiplicazione dei pani (sei volte!) che non è un bel miracolino, ma è il cuore stesso della Buona Novella.
Se sei capace di condividere quel poco che hai, vedrai fiorire vita e vedrai che ce n’è abbastanza per tutti. È la ritraduzione della storia della manna. “Pasti vissuti insieme sono il cuore della nuova fratellanza-sorellanza che spiazzano le norme della casa patriarcale. Tutti sono invitati. Il regno di Dio come festa che da gioia a tutti non è più qualcosa che appartiene al futuro. Inizia già, nella presenza liberante di Gesù tra gli emarginati e gli affamati – attraverso la condivisione e il mutuo servizio” (U. Duchrow).
Questo spiega il rifiuto radicale di Gesù dell’economia monetaria di accumulo del sistema greco-romano. Lui la chiama Mammona. Su questo Gesù è stato di una chiarezza lapidaria: non potete servire Dio e Mammona (Mt 6,24). È per questo che Gesù fu crocefisso, una morte riservata da Roma agli schiavi e ai sobillatori contro l’impero. Fu crocifisso “fuori le mura” come cane immondo. A quel crocifisso l’Abba, il Papi come Gesù lo chiamava, gli è rimasto fedele. “È vivo! È risorto, vi precede in Galilea!” e di là verrà rilanciata la “Buona Novella”, “l’evangelo”, il giubileo degli oppressi.
Piccole comunità alternative come quella di Gerusalemme che Luca ci presenta negli Atti. “Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo… e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno” (At 4,34-35). Memori della parola del Deuteronomio detta nel contesto dell’anno sabbatico “non ci sia un povero in mezzo a noi” (Deut 15,24). Piccole comunità alternative all’impero romano come quelle fondate da Paolo in Grecia e Asia Minore che avevano colto il cuore del Sogno di Dio: un’economia di uguaglianza. Questo porterà Paolo anche alla famosa colletta delle comunità ellenistiche a favore della comunità dei poveri di Gerusalemme.
“Qui non si tratta infatti di mettere in ristrettezza voi per risollevare gli altri, ma di fare uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca la loro indigenza perché anche la loro abbondanza supplisca la vostra indigenza e vi sia uguaglianza. Come sta scritto: colui che raccolse molto, molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno” (2Cor 8,14-15). È la lezione della manna del giubileo dell’economia sabbatica ritradotta nel contesto imperiale romano.
 
Tocca a noi
Tocca a noi ora ritradurre questa parola sabbatica giubilare nel contesto dell’impero del denaro. Il nostro, come tutti gli imperi, è costruito su un’economia di opulenza per pochi a spese di molti morti di fame. Questo impero permette al 20% del mondo di papparsi l’82,7% delle risorse mondiali. Questo vuol dire che l’80% del mondo deve accontentarsi del 17% delle risorse mondiali. Per il 20% più povero (coloro che vivono con meno di un dollaro al giorno) rimane solo il 14% delle risorse. Questo significa la morte per fame di 30-40 milioni di persone all’anno. Significa che i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Tre famiglie americane hanno l’equivalente in denaro del Pil di 48 stati africani che rappresentano 600 milioni di persone. È chiaro che questo stile di vita deve essere difeso da un incredibile investimento in armi.
Soprattutto a partire dall’11 settembre, l’apparato militare industriale americano ha deciso di rilanciare l’economia in recessione con ingenti investimenti in armi. Gli Usa spenderanno quest’anno 500 miliardi di dollari in armi, l’Ue 250 miliardi. Gli USA stanno investendo 60 miliardi di dollari per rinnovare armamentario atomico che userà ovunque i suoi interessi vitali siano minacciati. Gli Usa hanno già dato il via alla costruzione dello scudo spaziale stanziando 70 miliardi di dollari. Tutto questo per difendere lo stile di vita del 20%. È la sicurezza di chi ha. È la guerra e il terrorismo. Bush ha detto che sarà una guerra infinita: Afganistan, ora l’Iraq… morti per guerra: oltre due milioni di morti nella guerra del Congo. Un dispendio di energie, di risorse incredibile in morte che ci sta portando alla morte ecologica. Noi ricchi del mondo negli ultimi cinquant’anni abbiamo speso più di quanto abbia speso l’umanità in oltre un milione di anni.
Per vivere così avremmo bisogno di quattro pianeti terra. Gli scienziati ci danno 50 anni per cambiare. Dopo sarà troppo tardi. Il nostro è un sistema di morte. È il contrario del sogno di Dio che sogna un’economia di uguaglianza, che domanda una politica di giustizia… è la negazione radicale dell’economia sabbatica, del giubileo… “L’economia in ultima analisi un problema teologico – dice Ched Myers –. È questa la grande sfida giubilare che deve essere costantemente richiamata”. La tradizione giubilare non è roba da celebrarsi ogni cinquant’anni, ma uno sforzo costante di far passare il sogno di Dio dentro questa difficile storia umana, in questo difficile momento storico.


Testi consultati: Ched Myers, God speed he year of jubilee, Sojourners, June 1998; Ched Myers, Jesus new economy of grace, Sojourners, July-August 1998; R. Kinsler – G. Kinsler, The biblical jubilee. The struggle for life, Orbis Books; Ulrich Duchrow, Alternatives to global capitalism, Europe Kairos; Wes Howard-Brook, The church before christianity, Orbis Books.