[di Enzo Bianchi • 27.09.01] Sono pienamente convinto che le drammatiche ore che stiamo vivendo a seguito dei violentissimi e tragici attentati della settimana scorsa in territorio statunitense, possano ricevere qualche luce, qualche indicazione di senso dagli insegnamenti della grande tradizione patristica, comune all’oriente e all’occidente.

LA SOLA GUERRA GIUSTA E’ AI PENSIERI DI MORTE

Giovanni Climaco è stato un grandissimo conoscitore dei meandri del cuore umano: forse uno dei più grandi dell’antichità. Perché aveva capito che non vi è regola, non vi è norma, non vi è forza esteriore che possa davvero valere quanto l’autentica conversione del cuore. Sì, il cristianesimo è metànoia, conversione, giorno dopo giorno, come amavano ricordare i primi padri del deserto, insuperati maestri di spiritualità cristiana. Il nostro cuore, il nostro intimo, sono come il crogiolo in cui davvero tutto si decide, per la nostra vita, ma anche per quella di coloro che ci vivono accanto. Come l’ha chiamata padre John Chrissavghis, la vera spiritualità cristiana è una «spiritualità dell’imperfezione»: essa consiste nel prendere atto della nostra fragilità, della nostra precarietà, aprendoci dunque a Dio e agli altri. La salvezza viene sempre dall’altro: per questo alla radice dell’Evangelo, della fede cristiana, vi è l’ascolto – akoé – che inevitabilmente si declina in obbedienza – hypakoé. I monaci lo sanno, lo hanno sempre annunciato, e cercano di testimoniarlo con le loro povere vite. Prendere atto delle proprie debolezze e aprirsi agli altri: ecco la via della gioiosa tristezza di cui parla con grande intelligenza spirituale il venerabile igumeno Giovanni, vissuto nella penisola del Sinai tra il VI e il VII secolo della nostra era. E dall’ascolto, radice di tutto, nasce la possibilità di conoscere cosa arde nel cuore dell’altro, riconoscendosi peccatori come lui, e chiamati insieme a convertirci, a ritrovare la via della vita. Del resto, è lo stesso Spirito santo che annuncia nei nostri cuori e mediante il ministero della chiesa la remissione dei peccati, a essere l’unica vera fonte di comunione. Ma nessuno attinge alle energie dello Spirito, se non riconosce la propria debolezza! Allora lo Spirito che annuncia a noi il perdono, che ci indica la nostra vocazione di figli, ci porta a costruire nell’umiltà e nella mitezza legami d’amore e di pace che sono “contagiosi”. Sì, nella croce di Cristo suo Figlio, Dio Padre ha annunciato la grande forza della “debolezza” cristiana, lo straordinario potere di attrazione dell’umiltà di Dio: «Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32). E questo è anche il volto storico con cui si è rivelata la verità cristiana come amava ricordare un grande monaco occidentale del XII secolo, Guigo il Certosino: «Nuda, crucique affixa adoranda est veritas». La Scala del paradiso, come è chiamato il cammino della vita spirituale da Climaco, è questa ed egli l’ha capita in profondità, e ha speso tutta la sua esistenza per annunciare la via regale dell’ascesi, della lotta per disciplinare e trasformare se stessi, che porta come suo frutto più maturo l’amore, un amore umile e contagioso. E la vera contemplazione della verità è nella pratica profonda, quotidiana e sincera dell’amore. Amatissimi fratelli e sorelle: non è la guerra contro gli altri la risposta più vera che i cristiani possono dare oggi al mondo, ma è piuttosto la guerra contro i pensieri di morte che si affacciano nel loro cuore, e che anche i cristiani spesso lasciano crescere e agire nel loro intimo. Per questo la divisione, l’odio tra i cristiani, non possono essere un problema marginale per le chiese: sono una radicale contraddizione alla loro comune missione; la chiesa non dovrebbe far altro che rispecchiare in tutta la sua esistenza il suo Signore e Maestro, colui che ha detto: «Imparate da me, che sono mite e umile di cuore». E’ venuto il tempo di smetterla di chiederci quale sia la vera via verso quel centro di tutto che per noi è Cristo, facendoci la guerra gli uni contro gli altri. Come ricordava infatti il vescovo Damianos, attuale igumeno del Monte Sinai: «Tutti siamo come sulla circonferenza di una ruota, al cui centro vi è Cristo, e ognuno di noi spesso ritiene o presume di avere la via più diretta per giungere a tale centro. Ma non importa tanto sapere chi ha più ragione: ciò che conta è che cerchiamo, nella via della santità, di avvicinarci al centro. Allora, in Cristo, quando Dio vorrà, ci sarà data la piena comunione tra i cristiani». E sarà una comunione contagiosa. Il santo igumeno del Sinai Giovanni è tornato allora a “parlarci” in questi giorni, anche per spronarci a un rinnovato incontro, che potrà avvenire solo nel perdono reciproco, nella presa d’atto che siamo l’unica chiesa di Gesù Cristo – come ha ricordato con coraggio il patriarca di Romania Teoctist nel suo messaggio cl Convegno -, una comunione di peccatori perdonati, chiamati ad annunciare la gioiosa tristezza della conversione cristiana, messaggio di speranza per tutto il mondo. E’ con questo spirito, con questo umile ma deciso appello, che vorremmo dire a tutti gli uomini che non esiste altro nemico che l’opacità del nostro cuore, la nostra opposizione ai pensieri di pace, lo spazio che concediamo ai pensieri di morte.


ENZO BIANCHI è Priore della comunità di Bose. Quanto e cosa ha da dire oggi l’esperienza dei monaci del deserto, punto d’incontro tra la spiritualità d’Oriente e dell’Occidente? E’ stato questo il tema della prima sessione dell’VIII Convegno Ecumenico Internazionale di Spiritualità Ortodossa, dedicato a «San Giovanni Climaco e il Monte Sinai», organizzato dalla Comunità di Bose insieme al Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, al Monastero di Santa Caterina del Sinai e all’Università di Torino. Vi hanno partecipato rappresentanti del mondo accademico, culturale e religioso dei paesi europei a tradizione ortodossa oltre che da Francia, Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Svizzera, Belgio e Italia. Numerosi i vescovi cattolici e ortodossi presenti, tra cui il cardinale Achille Silvestrini, mons. Marc Ouellet (Segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani), il metropolita d’Italia Ghennadios e il metropolita di Silyviria, Emilianos (Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli), i vescovi Eugenij di Verija e Basil di Sergievo (Patriarcato di Mosca), Serafim di Germania e Laurentiu di Caransebes (Patriarcato di Romania). Ha preso parte al convegno anche l’abate del monastero del Sinai, l’arcivescovo Damianos. Durante i lavori è stato approfondito in tutti i suoi aspetti il messaggio spirituale della «Scala al paradiso», capolavoro letterario del grande abate del Sinai, Giovanni Climaco, vissuto a cavallo tra VI e VII secolo. E’ un insegnamento sulle tappe della vita spirituale: ascolto della Parola di Dio e del fratello, lotta contro le passioni che dominano contro i nostri cuori e ci impediscono di vivere e di amare, e soprattutto approdo alla vera contemplazione, che non consiste nella fuga dal mondo, ma nell’amore per i fratelli reso possibile dall’umiltà e dal discernimento che si sviluppano mediante l’ascolto e la lotta spirituale. Tutti i convegnisti di Bose hanno allora concordato nel lanciare un appello all’umanità: non ha nessun senso scatenare le nostre passioni contro i “nemici”; non è questa la via cristiana, e in fin dei conti non è neppure una via capace di rendere più umana la vita degli uomini. Si tratta invece di apprendere con umiltà l’arte della carità, riconoscendo nel fratello, anche in quello più sfigurato dal peccato, uno di noi, uno che va ascoltato, capito, amato.