LASCIAMOCI CONDURRE DAL CLAMORE DEGLI ULTIMI

I clamori degli ultimi e degli esclusi stanno crescendo. A volte sembrano talmente assordanti che non ci lasciano in pace neanche un minuto; altre volte ci conducono nei sotterranei della storia per scoprire le angustie dei popoli. Non occorre più andare nel Sud del mondo per incontrarli: oggi, purtroppo, sono presenti sempre più frequentemente anche nel Nord del mondo. Nel Sud si mostrano soprattutto attraverso gli impoveriti ed oppressi, persone che faticano ad andare avanti perché costrette a vivere nella miseria senza le minime condizioni per poter raggiungere una dignità possibile. Nel Nord si rivelano mediante i ‘morti viventi’ ossia persone che hanno smarrito il senso della vita.

Emblematici sono: il disagio giovanile e gli anziani soli e abbandonati, che diventano sempre più i nuovi poveri perché in seria difficoltà ad arrivare alla quarta settimana del mese. Sempre nel Nord del mondo, c’è anche il clamore degli immigrati riconosciuti come manodopera utile e niente più, scordandoci, colpevolmente, che sono portatori di una straordinaria molteplicità di culture e religioni. E molti di loro sono costretti a vivere nella clandestinità che li costringe ad elemosinare, oppure ad entrare nella microcriminalità per poter sopravvivere.

Questi clamori dei popoli, che s’innalzano dal Sud al Nord del pianeta, sono necessari e importanti. Ci fanno capire che il nostro mondo è malato e che non possiamo più dormire tranquilli fino a quando avremo in mezzo a noi ingiustizie che condannano milioni di persone a vivere nella miseria o nel destino di una vita senza senso. Quando incontriamo agli angoli delle nostre strade persone che ci rivolgono i loro clamori, rischiamo molte volte di essere sordi perché non abbiamo tempo di fermarci ad ascoltarli. La nostra fretta è tale che quei clamori ci danno fastidio. Come pure la preoccupazione verso i nostri interessi che non ci permette di accorgerci dell’altro: egli chiede non tanto la nostra elemosina, ma soprattutto la nostra solidarietà; non la nostra assistenza ma la nostra giustizia. Ed è proprio allora che reagiamo stizziti: i poveri non ci lasciano in pace e ci danno fastidio.

Se riuscissimo, almeno una volta, a fermarci per un attimo ad ascoltare davvero quei clamori e andare in profondità, scopriremmo che vogliono comunicarci qualcosa di molto importante per il bene dell’umanità. Ci accorgeremmo, allora, che sono clamori utili. Clamori che fanno bene perché ci stimolano ad uscire da noi stessi per incontrare gli altri e ritrovare il cammino che ci fa essere davvero amore per gli altri ma anche per noi stessi.

Ricordo ancora bene quel vescovo dell’Amazzonia che si lasciò condurre dai clamori di molte famiglie contadine che rischiavano di perdere la loro terra, dove da anni vivevano producendo e assicurando il futuro dei loro figli. Quel vescovo, durante le sue visite pastorali alle comunità cristiane, fu coinvolto dai tanti clamori di quelle persone che manifestavano le loro sofferenze e angustie di fronte al pericolo di perdere tutto perché rischiavano di trovarsi improvvisamente a vivere ai margini delle strade o nelle baraccopoli. Quel vescovo alla fine non ce la fece a contenere quei clamori e, durante l’assemblea ecclesiale della regione amazzonica, li pose all’attenzione dei vescovi, sacerdoti e laici presenti. L’assemblea venne  toccata profondamente da quei clamori fino al punto di promuovere delle azioni per riuscire a fermare quel tremendo pericolo che faceva perdere la terra ai contadini. Subito un gruppo di vescovi si mosse per chiedere ai governanti di intervenire per poter allontanare quel pericolo. Il risultato positivo ottenuto fu la garanzia a quelle famiglie di continuare a vivere dignitosamente nelle loro campagne. Alla fine, la giustizia aveva avuto la supremazia sulla terrificante possibilità dell’esclusione. Tutto questo, grazie a quei clamori che avevano fatto irruzione in quell’assemblea ecclesiale, trasformandola in un momento forte di riflessione e di impegno affinché la Chiesa diventi sempre più un luogo di giustizia e di pace.

Lasciamoci condurre da questi clamori! Lasciamoci guidare da loro! Ci faranno capire che dobbiamo cambiare il mondo se vogliamo stare bene anche noi; ci faranno sentire le voci non più di poveri che ci infastidiscono, ma di fratelli e amici che chiedono la nostra mano; ci aiuteranno ad avere una fede che ci porta ad incontrare il Dio della vita e dell’amore; ci stimoleranno ad uscire dai nostri egoismi ed interessi per aprirci all’amore; ci aiuteranno a trasformare la nostra realtà passando dal tremendo individualismo che ci sta condannando a vivere nella solitudine all’incontro con gli altri fino alla bellezza di una vita vissuta insieme e condivisa.

Lasciamoci condurre dal clamore degli ultimi e degli esclusi! Ci porterà necessariamente alla ricerca della giustizia perduta, in modo da realizzare una pace duratura che avrà le fondamenta della condivisione dei beni della terra e la diversità di culture e religioni come pilastro della convivenza umana.

Lasciamoci trasportare dai clamori di impoveriti e sofferenti! Ci condurranno nel cuore dell’umanità, dove potremo ossigenare il pianeta e riscoprire l’essenza della vita che è amare ed essere amati.

Adriano Sella

(missionario e discepolo della giustizia e della pace)