[a cura del Coordinamento italiano a sostegno di Rawa • 16.03.02] Abbiamo visto sulle pagine di molti giornali le splendide foto di bambine e ragazze afghane, ritratte dalla Benetton a pubblicizzare il nuovo corso della politica afghana rispetto alle donne...

LE DONNE AFGHANE NON VESTONO BENETTON

Abbiamo visto sulle pagine di molti giornali le splendide foto di bambine e ragazze afghane, ritratte dalla Benetton a pubblicizzare il nuovo corso della politica afghana rispetto alle donne. Le immagini hanno un forte impatto emotivo, l’accostamento burqua-volto scoperto e/o le didascalie non lasciano dubbi: oggi le ragazze sarebbero libere di trovare un lavoro, di andare a scuola, di rientrare dall’esilio. Noi e voi sappiamo che non è così. Certamente conoscete quanto noi gli ultimi rapporti di Human Rights Watch, che potete consultare comodamente sul loro sito www.hrw.org , o persino tradotti in parte in italiano sui nostri siti (www.wforw.itwww.ecn.org/reds/donne/donne.html), visto che la stampa si guarda bene dal pubblicarli. Potete rivolgervi ad Amnesty International, o anche ai vostri stessi corrispondenti che sono certamente ben informati. Perché allora ospitare sulle pagine dei giornali una campagna pubblicitaria che nega e nasconde quello che è oggi più che mai necessario denunciare con
forza? La “liberazione” delle donne è stato uno dei principali falsi obiettivi dei bombardamenti americani in Afghanistan. Le donne afghane, attraverso le loro organizzazioni quali tra le altre Rawa ed Hawca, si sono opposte strenuamente a questo massacro e sono state ignorate. Hanno denunciato senza ambiguità che i nuovi padroni dell’Afghanistan, i signori della guerra insediati dal governo americano e mai liberamente eletti dalla popolazione, sono dei criminali. Essi hanno provocato centinaia di migliaia di morti negli ultimi trenta anni, hanno devastato, torturato e calpestato i diritti e la dignità umana delle donne quando erano al governo prima dei talebani. Contro di loro Rawa chiede da anni un processo internazionale per crimini contro l’umanità e l’accurata documentazione per realizzarlo è già pronta e disponibile da anni. Peccato che non si trovi ne’ un giornale ne’una forza politica, neppure qui in Italia, disposto a sporcarsi le mani con questa storia poco edificante. In tutte le province dell’Afghanistan le scuole riaperte a beneficio dei riflettori occidentali vengono assalite da bande di fondamentalisti e non sono poche quelle che sono state costrette a chiudere di nuovo. Dobbiamo ricordarvelo noi che la sharia è in vigore ovunque, le carceri sono piene di donne che fuggono alla violenza domestica, i suicidi per sfuggire ai matrimoni forzati non diminuiscono, in molte regioni è nuovamente proibito alle donne circolare senza un parente stretto maschio? Le donne vengono arrestate e sottoposte a visite ginecologiche forzate, non riescono a raggiungere scuole, posti di lavoro, università a causa delle restrizioni rigidissime sulla libertà di movimento. Forse non è evidente a chi gira solo per Kabul, ma chi mette un piede fuori dalla capitale entra in un territorio fuori da ogni controllo.
 
NEL GOLFO, PER L’ESERCITO INGLESE, LA NAVE DI BENETTON
Nel dibattito italiano sui preparativi bellici fa irruzione il caso “Strada Gigante”: una nave italiana che sta trasportando verso il teatro di guerra materiale bellico per conto delle forze armate britanniche. A fare scandalo -secondo Oliviero Diliberto, leader dei Comunisti italiani – è che la nave sia in parte di proprietà dei Benetton, dinastia dall’immagine storicamente pacifista. “Stradablu”, la compagnia armatrice che posiede la nave spiega che i Benetton hanno con la loro “21 Investimenti” una partecipazione in “Stradablu” minoritaria e “finanziaria”, senza coinvolgimento nella gestione. Dalle visure camerali, si scopre però che la partecipazione è del 44,62%. Tra i proprietari della “21 Investimenti” con il 56% dei Benetton c’è anche il 10% della Fininvest di Berlusconi.». (Repubblica, 27 febbraio 2003)