LULA COME CARDOSO. NON C’É PIÙ TRACCIA DEL PRESIDENTE OPERAIO


C’è rimasto ben poco di progressista in quel governo brasiliano che, nelle sue intenzioni originarie, doveva rappresentare una speranza per l’intera sinistra mondiale: l’«Analisi della congiuntura» presentata alla riunione del Consiglio permanente della Cnbb (Conferenza dei vescovi brasiliani), tenutasi dall’11 al 13 giugno scorso a Brasilia, illustra con chiarezza le opzioni reali del governo Lula. Le critiche al presidente esposte nell’Analisi – il tradizionale studio condotto da un gruppo di consiglieri guidato dal sociologo Pedro A. Ribeiro de Oliveira come contributo per la riflessione dei vescovi sulla situazione politica, economica e sociale del Paese – sono a tutto campo, non risparmiando neppure il versante della politica di integrazione latinoamericana, rispetto a cui – in particolare di fronte alla crisi attraversata dalla Bolivia – il governo Lula «potrebbe assumere un atteggiamento più fermo in difesa della democrazia e dei diritti dei popoli indigeni»: «Le pressioni interne – sottolinea l’Analisi – vanno in direzione di un rafforzamento della posizione di Washington, che considera Lula un alleato per contenere la crescita dei movimenti sociali in America Latina».


Inacio lula da silvaÈ comunque sul piano interno che le critiche a Lula si fanno più severe. Riguardo all’offensiva dell’agrobusiness contro la demarcazione delle aree indigene – particolarmente violento e brutale l’attacco ai popoli di Raposa Serra do Sol – e la regolarizzazione dei territori quilombolas (degli afrodiscendenti), l’Analisi accusa Lula di lasciare «politicamente isolati i movimenti sociali e i settori della società che vogliono saldare il debito con i popoli su cui è stata costruita la ricchezza del Paese».

Ed è sempre agli interessi dell’agrobusiness che viene sacrificata la produzione di alimenti per il mercato interno. In Brasile, infatti, «le terre occupate dalla produzione di cereali o dal bestiame cedono spazio alla canna da zucchero destinata all’industria dell’etanolo». Non sorprende allora «che il bestiame e la soia migrino per l’Amazzonia e il Cerrado, dove “un albero in piedi vale meno che un albero per terra“». E un altro grave colpo all’Amazzonia viene dalla Misura provvisoria 422/08 – non a caso ribattezzata Pag, Piano di Accelerazione del Grilagem (appropriazione indebita di terre pubbliche) – che triplica il limite dell’area, da 500 a 1500 ettari, che può essere concessa ad uso rurale in Amazzonia senza licitazione, con legalizzazione immediata. Con la concreta possibilità – denunciano gli ambientalisti – che il disboscamento cresca nella stessa proporzione. Una misura a cui si accompagna il progetto di legge, già passato al Senato, che punta a ridurre l’area di riserva legale forestale dell’Amazzonia per consentire piantagioni di palmacee, cereali, eucalipto e canna da zucchero.

Neppure l’emergenza alimentare sembra indurre il governo a cambiare linea: se l’incremento del prezzo degli alimenti, infatti, «dovrebbe motivare l’agricoltura locale ad aumentare la produzione», si assiste invece alla dissoluzione dell’agricoltura familiare da parte dell’agrobusiness. «La necessità di esportare beni primari per sanare il deficit estero ha condotto i governi di Fernando Henrique Cardoso e di Lula a favorire l’agrobusiness e l’attività mineraria, cosa che, a partire dal 2003, ha prodotto ottimi risultati finanziari, ma ha favorito la devastazione dell’Amazzonia e del Cerrado». E la violenza è lì a dimostrare che, «una volta ancora, l’economia va bene, ma il popolo va male».

Se il parallelo tra Lula e Cardoso, il predecessore odiatissimo dai movimenti sociali, già dice tutto sulla condotta dell’attuale presidente, il progetto di riforma tributaria presentato dall’esecutivo al Congresso nazionale aggrava ulteriormente la posizione del governo. Infatti, se l’attuale sistema tributario appare già “altamente regressivo” (le tasse pagate dai contribuenti con reddito minore sono in proporzione superiori a quelle pagate dai più ricchi), in quanto il maggiore carico fiscale è costituito da imposte indirette – quelle cioè che incidono sul prezzo delle merci e dei servizi (prezzo che è lo stesso per tutti, ricchi o poveri che siano) anziché sul reddito e la proprietà -, con la riforma prevista più dell’80% del carico tributario sarà costituito da imposte e contributi indiretti. Di più: le modifiche proposte colpiranno principalmente le spese sociali, in quanto, in nome della lotta alla burocratizzazione e degli incentivi al settore produttivo, verrà soppresso quel bilancio per la sicurezza sociale, previsto dalla Costituzione, che vincolava risorse specifiche alle politiche per la salute, la previdenza e l’assistenza sociale, le quali dovranno allora cercare finanziamenti in sede di legge finanziaria. E «qualunque osservatore sa che, in questi casi, solo per miracolo le risorse del bilancio vengono destinate prioritariamente a soddisfare le necessità dei settori più poveri, perché sono meno organizzati e quasi senza rappresentanti al Congresso». Il cambiamento è grave, spiegano gli autori dell’Analisi: «Vincolare risorse significava garantire che una parte del bilancio fosse obbligatoriamente destinata al finanziamento dell’area sociale». E se il governo Lula promette di compensare tale perdita assicurando alle spese sociali una percentuale determinata del bilancio dello Stato, ciò non impedisce – conclude l’Analisi – che la proposta «destrutturi il profilo della Costituzione del 1988», essendo le regole ora proposte insufficienti per proteggere i diritti sociali di base al momento del varo della legge finanziaria.

Alla bocciatura del governo Lula da parte dell’Analisi presentata ai vescovi si aggiunge inoltre la denuncia della Commissione pastorale della terra (Cpt) riguardo alla criminalizzazione dei movimenti sociali, il cui caso più eclatante si è registrato nello Stato del Rio Grande do Sul, dove il Consiglio superiore della magistratura ha approvato all’unanimità la proposta di «promuovere un’azione pubblica mirata alla dissoluzione del Movimento dei Senza Terra e alla proclamazione della sua illegalità». Il Mst, definito dall’istituto di ricerca Ibope una delle “istituzioni nazionali”, «è trattato – denuncia la Cpt – come un’organizzazione criminale legata a gruppi terroristi», colpevole addirittura di ispirarsi a testi come quelli di Paulo Freire, uno dei più importanti pedagogisti del nostro tempo (autore della celebre Pedagogia degli oppressi) o del grande martire ambientalista Chico Mendes. «Non si vedeva nulla di simile dai tempi della dittatura!», ha concluso la Cpt, sottolineando come l’élite economica, l’agrobusiness e le imprese minerarie riescano ormai a dettare la linea dell’esecutivo e del giudiziario. (claudia fanti)


Fonte: Adista Notizie n. 53 del 12.07.2008