[L’Unità • 06.02.04] Intervista all’Arcivescovo di Pisa. L'anticamera dell'Arcivescovo è piena di gente. C'è il parroco che deve fissare la data delle Cresime, c'è l'assessore in visita, c'è il cittadino che chiede un consiglio, magari un aiuto. C'è il fedele con la disperazione stampata in faccia...

MONSIGNOR PLOTTI: «POVERA ITALIA SENZA SOLDI E SENZA VALORI»

Intervista all’Arcivescovo di Pisa. L’anticamera dell’Arcivescovo è piena di gente. C’è il parroco che deve fissare la data delle Cresime, c’è l’assessore in visita, c’è il cittadino che chiede un consiglio, magari un aiuto. C’è il fedele con la disperazione stampata in faccia. C’è, in sostanza, una fila di un’ora e mezzo per ascoltare il vicepresidente della conferenza episcopale italiana, vescovo della diocesi di Pisa da diciotto anni.
Monsignor Alessandro Plotti è bolognese di nascita, romano di adozione, toscano di crescita. È più che altro “toscano”: capita che non si nasconda dietro al ruolo. E dica quello che pensa, senza calcoli di comodo, come quando – rivolto alle rappresentanze sindacali della Piaggio – ricordò al governo Berlusconi e agli industriali che “minare l’unità sindacale (la destra tirava a sé Cisl e Uil sul “Patto per l’Italia”, isolando la Cgil, Ndr) è una strategia diabolica, che fa venire meno la solidarietà fra i lavoratori. Incalzate – disse alle Rsu della Piaggio – l’imprenditore e restate uniti”. O come quando invitò a “considerare il caso di Adriano Sofri come un caso umano, da affrontare con serenità, evitando strumentalizzazioni politiche. Sofri sta vivendo la vicenda con grande dignità: non chiederà mai la grazia, ma non la potrà rifiutare se gliela concederanno”. Monsignore, sfogliamo i giornali. L’assessore della provincia di Pisa si lamenta: “Non c’è una lira per la Scuola, non ci sono i soldi nemmeno per comprare la carta”. “La scuola prepara i cittadini di domani, dovrebbe essere una priorità negli investimenti dello Stato. Da metterci i soldi, ma anche energie umane”. Invece è bagarre politica.
“Arriva un ministro e fa una riforma di tutto il sistema, dall’Asilo alla maturità. Gli anni passano, le riforme non si completano, non si attuano, arriva un altro ministro a fa la sua riforma. E la scuola resta sempre lì, nella terra di nessuno”. Parla di energie umane. Cosa intende?
“La scuola sono soprattutto i maestri, i professori, i docenti. La loro elaborazione di progetti educativi e formativi al passo coi tempi. Uno Stato dovrebbe avere questa preoccupazione, aiutare queste risorse umane. Ma la scuola è sempre sotto riforma, e mai riformata. Questa precarietà fa perdere le motivazioni ai professori e ai docenti”. Però i soldi per le scuole private si trovano…
“Attenzione ai termini: le scuole sono pubbliche nella misura in cui rendono un servizio pubblico e non a delle élite particolari, chiuse. Questa è una classificazione onesta. Guardiamoci attorno: in Francia, paese laico, i docenti delle scuole cosiddette private sono pagati dallo stato, perché la loro funzione è pubblica, svolgono un ruolo educativo fondamentale. Allora invece che scuola privata si potrebbe chiamare scuola “libera”. Lo Stato deve alimentare la pluralità delle agenzie educative, garantendo la serietà dei programmi, l’osservanza delle norme che inquadrano il progetto formativo”.
Si assiste ad un dibattito perverso: la scuola pubblica è di sinistra, la scuola privata di destra. “Aggiungo: non c’è solo l’alternativa cattolica alla scuola pubblica. Un paese maturo promuoverebbe altre forme, i genitori dovrebbero alimentare nuove scuole. Eppoi insisto: siamo l’unico paese d’Europa dove i docenti sono malpagati. Ma il cuore del sistema scolastico sono loro”. Chiama in causa la famiglia. Cosa rimprovera ai genitori? “Non si interessano molto della “preparazione” dei ragazzi. Delegano: alla scuola per la formazione culturale, dai 4 ai 20 anni. Alla parrocchia per la preparazione religiosa, alle palestre e alle società sportive per la crescita fisica”.
Eminenza, lo dicono i dati: gli italiani sono poveri. “E sono dati inutili. Non c’è bisogno di aspettare che ce lo dica l’Istat. Si vede: gli stipendi fissi valgano sempre meno e le famiglie campano con gli stipendi fissi. L’Italia è sempre più povera, ma lo è anzitutto di valori. Credo che la gente abbia ancora un tenore di vita che non risponde alle vere esigenze. Anche in questo momento di crisi si continua a spendere troppo nel superfluo, e resta poco per studiare, per leggere, per ricercare. La gente, se deve scegliere, compra la crema antirughe, mica compra il libro”. Si leggono – vanno di moda – le storie di famiglie costrette a rinunciare alla cena al ristorante, alla vacanza in albergo. L’idea è di una deprivazione relativa: verso chi ha i soldi, verso un tenore di vita precedente. “Il popolo italiano è più povero, di tutto. Anche di una sana scala di valori”. Un tema che interessa molto la gente è quello delle pensioni. Par di capire: il governo è diviso, discute. “Chi ha lavorato tanti anni merita di andare in pensione e ancor più di vivere dignitosamente. Questo è il punto fondamentale. C’è una sperequazione enorme fra pensioni d’oro e fra pensioni da fame. E la pensione sociale è da fame: cinque o seicento euro non cambia niente”. Sembra tutto lì il dibattito politico. “Il bipartitismo ha esasperato le divisioni, le contrapposizioni, tutto diventa muro contro muro, promessa contro promessa. Credo invece che il problema delle pensioni vada studiato nella concertazione: con i sindacati, con tutti i partiti, al di là degli schieramenti. Lo Stato sociale è un bene superiore alle divisioni politiche”. Ma ha ancora senso parlare di Welfare? Esiste un Paese al mondo dove la priorità sia lo Stato sociale? “Non lo so. Il concetto è in crisi nera. La sanità, le pensioni: sono allarmi che andrebbero considerati in maniera più seria, più attenta, e non buttarla nel calderone della politica”. Pagina degli Esteri: Bush vuole indagare sull’esistenza delle armi in Iraq. A febbraio lei fu fra i più duri oppositori della guerra, in linea con il Papa ma anche con Casarini. Ora Bush vuole l’inchiesta, ma prima ha bombardato e poi si fa lo scrupolo di sapere. “Siamo davanti a valutazioni elettorali…io non ci voglio entrare, perché alla fine il discorso è più semplice: la guerra deve essere detestata. Sempre. Con la guerra non si risolve niente, e questo annulla le possibilità che esista una guerra giusta. Poi la sofisticazione delle armi porta inesorabilmente a rendere la guerra un deterrente immorale, che uccide innocenti. La comunità internazionale ha il dovere di trovare altre strade”.  Come valuta la situazione attuale? “È nefasta: in Iraq si sono riaccesi degli odi spaventosi, in qualche modo innescati dalla stessa guerra. Che non fu evitata e fu anche colpevolmente gestita male”. Un dato curioso. La gente non riesce a terminare le cure. Le comincia, ma nel 50% dei casi le trascura, le interrompe, prende cinque pasticche e poi si ferma. Non si crede più nemmeno nella scienza? “Ma no. Ogni giornale ha il suo inserto settimanale sulla salute, tutti si  vantano del salutismo, dei muscoli in forma”. Sono inserti sul benessere fisico, sull’estetica della salute, sulla vita snella… “Forse è così. E sarebbe meglio far passare un altro tipo di concetto, quello della cultura della salute e non la cura della salute. Prima e non dopo.In una parola: la prevenzione. La Toscana, come istituzione, educa in questo senso, altrove non attacca, c’è fatalismo”. Però dilagano altre mode “salutiste”: lifting, bisturi, seni di marmo. Platinette e la Pivetti.
“Viviamo nella cultura dell’apparenza, la gente conta per come si veste e per come si pettina. La televisione ha esasperato questo primato dell’esteriorità. Gli spot sono recitati da bellissimi, senza rughe, chiome al vento”. Non solo chiome… “Non solo chiome”. E il presidente del Consiglio, Berlusconi, non poteva evitare il ritocchino? “È vittima anch’esso della società dell’apparenza, e non credo che questo aiuti a porre l’accento sui problemi reali, sui valori fondamentali. Anche perché è proprio vero che l’apparenza inganna…”.
Vittima o prodotto? O produttore? “In quanto proprietario di tre televisioni – quintessenza di questo spirito – è anche responsabile di questa infinita fiction di una società che vive di apparenza. Ma bisogna sfuggire da questa logica, da questo culto del corpo che sfocia in una forma di idolatria di se stessi”.