NO ALLE MODIFICHE ALLA LEGGE 185 CHE REGOLA IL COMMERCIO DELLE ARMI

[Alex Zanotelli – 03.01.2011] «Quando tanti popoli hanno fame, quando tante famiglie soffrono la miseria, quando tanti uomini vivono immersi nell’ignoranza, quando restano da costruire tante scuole… ogni sperpero pubblico o privato, ogni spesa fatta per ostentazione nazionale o personale, ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi» (Paolo VI, 1967 Populorum Progressio, n.53).

Sono parole che potrebbero risuonare con drammatica attualità ancora oggi. Nelle nostre chiese, per esempio, proprio a Natale, quando si celebra la nascita del Principe della Pace. Dobbiamo riscoprire il coraggio profetico di un Magistero della Chiesa che ha condannato senza se e senza ma la guerra e la corsa agli armamenti con innumerevoli documenti che rischiano di restare a prendere polvere in qualche scaffale. Lasciando il posto a nuove teorie basate sulla sicurezza, sulla competitività e sulla fedeltà agli alleati. Al calcolo e all’interesse e non alla freschezza di un annuncio evangelico.

Proprio mentre davanti agli occhi di tutti c’è la tragedia della guerra in Afghanistan (non l’unica), ogni invocazione di pace, ogni ricerca di strade diverse dalla guerra, rischia di essere tacciata di antipatriottismo o di tradimento. Proprio di fronte alla retorica della pace ottenuta con la guerra, deve essere più forte il grido di pace contro le armi.

Come 20 anni fa con la Campagna «contro i mercanti di morte» che ha portato alla legge 185/90, universalmente riconosciuta come la più avanzata sul controllo dell’export di armi. Legge che rischia di essere cancellata, con la scusa di un adeguamento alla legislazione europea. «In piedi costruttori di pace» ci avrebbe chiesto don Tonino, se fosse stato con noi, lo scorso 23 novembre, al presidio davanti al Senato per chiedere trasparenza sulla riforma della legge 185.

L’esportazione di armi italiane va a gonfie vele: quasi 5 miliardi di euro autorizzati nel 2009. Se cambia la legge non ci sarà più controllo, non potremo più sapere a chi abbiamo venduto armi. Non sarà più possibile incalzare le banche perché non sarà più possibile sapere quali di esse sono armate e quali no. In piedi allora! Riprendiamo con forza la denuncia delle guerre. L’ammontare complessivo delle spese per la Difesa per il 2011, inserendo lo Sviluppo Economico e le Missioni, supera 24 miliardi di euro. Si taglia tutto ma non le armi. In questi giorni siamo stati vicini alle proteste degli studenti contro la riforma della scuola: denunciavano i tagli alla ricerca mentre ci sono 15 miliardi per gli aerei da guerra F-35… [leggi l’articolo]

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