«NOMADE, SEMPRE IN CAMMINO». INTERVISTA AD ARTURO PAOLI

Intervista ad Arturo Paoli: un bilancio della sua esperienza e testimonianza in America Latina, ricordando e denunciando lo scandalo della povertà, della guerra. I silenzi della Chiesa di fronte a sconvolgimenti politici, economici, culturali. E la lezione della Teologia della Liberazione…

Francesco Comina: Giunto alla soglia dei 94 anni di età, dopo una vita passata a girare fra l’Italia, l’Africa, l’America Latina, non ti sei ancora stancato di cercare il senso della storia? Non è forse venuto il momento di voltarsi indietro e di guardare il viaggio trascorso?

Arturo Paoli: A 94 anni di età posso dire una cosa, che forse può apparire stonata. Ho come la sensazione che la vecchiaia sia un momento molto bello della vita perché è caratterizzato dalla leggerezza, ossia dall’essere liberati da tanti pesi che uno si porta dietro. Io sono una persona che ha avuto il privilegio di viaggiare molto. Posso definirmi un nomade. Ho girato tutti i paesi dell’America Latina e anche qui in Italia non ho una permanenza fissa. Non sento, insomma, la stanchezza del cambiamento fra una parte e l’altra del mondo. Mi sembra di stare fermo, di non muovermi. Una di queste mattine, aspettando la luce ho avuto come una immagine che tutta l’umanità e avvolta sotto una grande tenda che ci protegge, una tenda azzurra, tenerissima si staglia sull’orizzonte dell’uomo. Spariscono le differenze di luogo, di clima, di cultura. Questo ho sentito come una riprova del fatto che non siamo mai soli, che l’individuo, in un certo senso, non esiste perché siamo tutti parte di una grande famiglia. Avere ogni tanto questa immagine, questa pacificazione, è ciò che aiuta la nostra speranza. Io so che verrà la morte, ma tutto ciò non mi inquieta perché emerge questa tenerezza che avvolge il mondo e rende bella l’esistenza.

LO SCANDALO

Francesco Comina: Correva l’anno 1960 quando il transatlantico, che ti portava in America Latina attraccò in Argentina. Da quel giorno la tua vita si è addossata lo scandalo dell’ingiustizia e della miseria rappresentata dai favelados, gli abitanti delle favelas. Quello scandalo ti ha fatto gridare innumerevoli volta la rabbia di vedere l’occidente responsabile dell’impoverimento del sud. Ma la forbice fra primo e quarto mondo si allarga.

Arturo Paoli: La grande conquista della modernità è quella di aver fatto una diagnosi precisa della povertà e di aver capito che essa non è qualcosa di endemico e di invincibile. Noi oggi sappiamo che la povertà è il frutto di certi meccanismi di tipo economico per cui non possiamo trovare scuse per dire che uno è povero perché non ha cultura, perché è sfortunato e via dicendo. Io ho parlato con grandi economisti a Washington e in altri centri del potere e ho capito che essi sono coscienti che il funzionamento del sistema globale produce necessariamente una grande quantità di poveri. Ma come giustificano loro questa situazione? Questi scienziati affermano che in ogni scoperta c’è un inconveniente, che ci sono sempre delle vittime e che poi, una volta superati gli ostacoli della ricerca, la macchina si regolarizza in modo che tali vittime non ci siano più. Ma tutto questo è falso. Il funzionamento della macchina non è assolutamente rimediabile. Il sistema capitalistico è sbagliato, errato, perché produce ricchezza, che viene moltiplicata e affinata da strumenti tecnici, al costo di sofferenze enormi e soprattutto attraverso la guerra e il dissesto ambientale. Il progetto della Fao, nato per conoscere globalmente la produzione degli alimenti, si è rovesciato ed ha preso la direzione del centro. Il sistema capitalistico non fa che centralizzare i beni della terra spogliando sempre di più una quantità di umanità, che arranca sulle colline dei rifiuti nelle discariche metropolitane.

IL MANEGGIO DELLA GUERRA

Francesco Comina: Tutto questo discorso ci proietta nel cuore freddo della guerra, che tu consideri il rovesciamento dell’etica, il ribaltamento di ogni discorso di carattere umano. E lo scandalo continua.

Arturo Paoli: Ma sai cosa mi inquieta di più? Sai cosa non mi fa dormire la notte? Quello che ci dovrebbe interrogare fortemente tanto da farci male per la contraddizione che porta con sè, è che il centro delle due guerre mondiali che si sono combattute nel ‘900 è stata l’Europa cristiana. Il maneggio della guerra mondiale è qui, intorno a noi, dentro di noi. Le sofferenze dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina hanno la loro causa qui, dove noi poggiamo i piedi. E allora perché il cristianesimo, che è predicazione di pace e di fraternità, é diventato il centro delle guerre e delle discordie?

Io credo perché, come diceva Chesterton, noi abbiamo delle idee impazzite. Tutto l’invito alla fraternità e alla pace lo abbiamo vissuto come un qualcosa di esterno a noi. Io invece credo che la pace inizi dal cuore dell’uomo. Il cambiamento di pensiero che ci fa capire che noi non siamo unicamente pensiero e che non siamo solo individui è la scoperta dell’alterità, della responsabilità globale. In questo senso la globalizzazione ci da una mano perché diabolicamente – sempre Chesterton diceva che il diavolo è la scimmia di Dio – ci si è accorti che c’è un piccolo villaggio unico, che l’umanità è una, e che invece di usare questa scoperta in maniera positiva la usa in maniera negativa perché serve solo per aiutare lo sfruttamento di altri. Ma la solidarietà, la pace, la riconciliazione non sono nè virtù, nè esercizi di fabbricazione razionale, sono fatti reali perché noi siamo uniti gli uni agli altri. Ogni relazione che io instauro con la persona umana, anche di tipo sessuale, affettiva, commerciale non è mai neutra perché – come diceva Teilhard de Chardin – o mi fa cadere in avanti o mi fa cadere indietro. E dunque le guerre, i conflitti, non sono altro che il confluire dell’egoismo umano.

CHIESA E POTERE

Francesco Comina: Come mai la chiesa molto spesso fa silenzio di fronte agli sconvolgimenti politici, economici, culturali e si ritira sovente lasciando libero spazio alle contraddizioni del nostro mondo, mentre parla molto sui temi morali, sessuali con chiare invadenze di tipo politico?

Arturo Paoli: La chiesa è l’inculturazione del Vangelo della stessa persona di Gesù nel mondo occidentale, e quindi di un mondo che aveva già raggiunto un livello di altezza di pensiero notevole con Platone, con tutto il mondo greco, ma che col tempo ha dimostrato la sua negatività. Il mondo greco ha portato il pensiero umano all’esplorazione di valori e di concetti, di idee permanenti ed eterne. Nell’indirizzo del pensiero occidentale greco c’è sempre stata la tendenza di fuggire dai limiti, dal contingente, dall’empirico e trovare i grandi concetti regolatori della vita al di fuori della vita stessa. E qui sono nati i grandi sistemi dell’occidente, prima di tutto la colonizzazione, ossia l’idea che bisogna portare la fede, la dottrina nel mondo. Non si è pensato di portare l’esistenza di Gesù, ma questa sintesi catechistica per imporla agli altri. La chiesa e’ diventata centro di potere perchè si è concentrata nella costruzione di questi grandi sistemi per poterli affermare al mondo. Ha pensato di imporre la verità di Cristo. Ma Cristo ha detto un’altra cosa, ossia ha detto “la verità vi farà liberi”. La chiesa da secoli è ferma sulla forma oggettiva, trascendente, del pensiero capace di trovare delle verità assolute, eterne, immobili, valide per tutti i tempi. Io credo che la via maestra sarà una conversione del mondo a partire dai laici, ossia da coloro che hanno negato questo tipo di verità. Credo che ci possano aiutare più i filosofi laici dei teologi.

GUEVARA, CAMARA, MENDES

Francesco Comina: Il tuo libro “Dialoghi sulla liberazione” del 1960 ha aperto la strada della teologia della liberazione. La tua lezione ha formato molti personaggi, che oggi sono considerati personaggi simbolo in America Latina. Cosa rimane oggi di questa lezione?

Arturo Paoli: Io credo che la teologia della liberazione abbia indicato un cammino che sarà l’unico cammino che potranno percorrere i teologi se vorranno fare un discorso su Dio che sia capace di essere recepito e accolto dalle nuove generazioni. Ma ci sono stati soprattutto tanti martiri che sono morti per difendere la giustizia e il diritto dei poveri alla terra, alla vita. Sono laici e religiosi. Quello che ha mosso Che Guevara alla lotta per la Bolivia era certamente un’esigenza di difendere i contadini, i poveri, gli oppressi. Pensiamo anche ai grandi vescovi come Helder Camara in Brasile, Oscar Romero in Salvador, Juan Gerardi in Guatemala. Pensiamo a Chico Mendes. Innumerevoli figure di persone che hanno dato la vita per difendere gli oppressi. La fede non è solo difesa della dottrina, ma soprattutto difesa dei diritti degli altri. Io penso che l’America Latina stia passando un momento di grande sofferenza. La sua rinascita è legata inevitabilmente al tramonto del potere degli americani. Quando il progetto americano rivelerà la sua caduta, beh, allora ciò conseguirà la rinascita dell’America Latina ora divenuta una colonia degli Stati Uniti.

Francesco Comina

 

Francesco Comina è giornalista del quotidiano «L’Adige». In questi giorni è anche il principale punto di riferimento in Italia della campagna di sostegno al SI al referendum brasiliano per proibire il commercio delle armi. Giornalista e saggista, pacifista nonviolento, è impegnato nel movimento di Pax Christi; nato a Bolzano nel 1967, laureatosi con una tesi su Raimon (Raimundo) Panikkar, collabora a varie riviste. Opere di Francesco Comina: Non giuro a Hitler, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 2000; (con Marcelo Barros), Il sapore della liberta’, La meridiana, Molfetta (Ba) 2005; ha contribuito al libro di AA. VV., Le periferie della memoria, Anppia – Movimento Nonviolento, Torino-Verona; e a AA. VV., Giubileo purificato, Emi, Bologna.

Arturo Paoli, religioso, costruttore di pace, saggista, è una delle figure più vive della solidarietà operosa e della nonviolenza in cammino; su di lui, dal sito www.giovaniemissione.it , riprendiamo la seguente scheda: “Arturo Paoli è nato a Lucca nel 1912. Si laurea in lettere classiche a Pisa ed è ordinato sacerdote nel 1940. Tra il ’43 e il ’44 partecipa alla Resistenza. Nel 1949 viene nominato assistente nazionale della Giac (Gioventù Cattolica) mentre era alla presidenza Carlo Carretto. Assistente nazionale dell’Azione Cattolica negli anni ’50, fu costretto alle dimissioni per le sue posizioni in contrasto con la gerarchia. Autore di numerose opere che potrebbero andare sotto il titolo di “spiritualità della relazione”, ha scritto fra gli anni ’80 e i ’90 la sua puntuale “Lettera dall’America Latina” ai lettori di “Nigrizia” (www.nigrizia.it). Nel 1954 riceve l’ordine di imbarcarsi come cappellano su una nave argentina destinata agli emigranti. Durante questi viaggi conosce i Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld ed entra nella loro congregazione. Terminato il noviziato svolge il lavoro di magazziniere nel porto di Orano (Algeria) e poi nelle miniere di Monterangiu in Sardegna. Nel 1960 si reca in America Latina per avviare una nuova fondazione: qui vive con i boscaioli della foresta argentina. Quando il clima politico peronista si fa pesante, subisce una campagna denigratoria: il suo nome e’ nell’elenco di quelli che devono essere soppressi. Nel 1974 si trasferisce in Venezuela; anche qui il suo lavoro è di impegno pastorale e di promozione sociale. Nel 1983 comincia a soggiornare in Brasile, dove, dopo la dittatura militare, prende vita una chiesa che è tra le più vive dell’America Latina. In Brasile ha fondato “Afa” (Associazione fraternità alleanza), che è una comunità di laici impegnati in alcuni progetti di aiuto alle famiglie delle favelas: progetto Latte, Educazione, Salute, Donna, Informatizzazione. Nel 1999 lo Stato d’Israele gli conferisce la nomina a “Giusto tra le Nazioni” per aver aiutato e salvato alcuni ebrei nel 1944 all’epoca delle persecuzioni naziste. Il suo nome sarà scritto per sempre nel muro d’onore del Giardino dei Giusti dello Yad Vashem a Gerusalemme. Attualmente vive a Foz de Iguacu, nel barrio di Boa Esperanza. Da quarant’anni Arturo Paoli condivide la sua vita con i poveri, senza per questo rinunciare all’attività di conferenziere e animatore: collabora con diverse riviste (“Rocca”, “Nigrizia”, “Il Regno”, “Jesus”) e ha scritto una trentina di opere”. Tra le opere di Arturo Paoli: Gesu’ amore, 1960, Borla 1970; Dialogo della liberazione, 1969; La costruzione del Regno, Cittadella, Assisi 1971; Conversione, Cittadella, Assisi 1974; Il grido della terra,1976; Camminando si apre cammino, Gribaudi, Torino 1977; Cercando liberta’, Gribaudi, Torino 1980; Tentando fraternita’, Gribaudi, Torino 1981; Facendo verita’, Gribaudi, Torino 1984; Le palme cantano speranza, Morcelliana, Brescia 1984; Testimoni della speranza, Morcelliana, Brescia 1989; Il silenzio, pienezza della parola, Cittadella, Assisi 1991, 1994, 2002; La radice dell’uomo, Morcelliana, Brescia; Camminando s’apre cammino, Cittadella, Assisi 1994; Il sacerdote e la donna, Marsilio, Venezia 1996; Progetto Gesu’: una societa’ fraterna, Cittadella, Assisi 1997; Quel che muore, quel che nasce, Sperling & Kupfer, Milano 2001; Un incontro difficile, Cittadella, Assisi 2001; con Remo Cacitti e Bruno Maggioni, La poverta’, In dialogo, 2001; La gioia di essere liberi, Edizioni Messaggero di Padova, Padova 2002; Della mistica discorde, La meridiana, Molfetta (Ba) 2002.