Il Corriere del Mezzogiorno dell’11 gennaio 2004 – allegato regionale del Corriere della Sera – ha pubblicato un articolo a firma di Nazareno Dinoi che ha come titolo “Base Usa a Taranto, investimento da 600 milioni di dollari”. Il 12 e il 13 gennaio 2004 una funzionaria dell’ambasciata americana sarà a Taranto per trattare.
La notizia conferma e arricchisce con nuovi elementi quanto già PeaceLink aveva scoperto il 20 settembre 2000 sul sito del Pentagono e cioè che a Taranto era diventata il nodo telematico del sistema C4i americano, un sistema di coordinamento e spionaggio militare che collegherà la base navale direttamente alla Us Navy oltre Altantico (precisamente il Navy Center for Tactical System Interoperability che ha base a San Diego in California), scavalcando la catena di comando Nato. La notizia – data in esclusiva nazionale da PeaceLink – aveva suscitato da una parte un’interrogazione parlamentare del senatore Semenzato (componente di una commisione difesa che era completamente all’oscuro della faccenda) e dall’altra parte le impacciate smentite dell’on.Minniti (braccio destro di D’Alema) e della Marina Militare, smentite che rasentavano il grottesco essendo il comunicato di PeaceLink supportato da in una pagina web ufficialmente del Pentagono. Si è poi scoperto sulla stampa specializzata che il sistema C4i coinvolge anche la portaerei Garibaldi.
L’attuale notizia della nuova base Usa a Taranto arriva dopo i recenti scavi archeologici da cui giunge conferma che sotto la nuova base navale – in costruzione in località Chiapparo – esiste un villaggio neolitico. Chi si è presentato per fotografare il sito archeologico non avrebbe potuto farlo essendo il luogo – contemporaneamente – sito di esclusivo interesse militare. Non osiamo pensare che cosa sarà di questo bene archeologico e turistico in una città in cui l’espansione edilizia è in passato avvenuta dando “sepoltura” ad un anfiteatro che ora giace nel centro cittadino sotto le fondamenta dei suoi palazzi. Citiamo tutto questo per sottolineare che il superprogetto militare Usa rischia di provocare a Taranto la fine di ogni prospettiva commerciale e turistica. A Taranto rimarra in eredità un solo futuro certo: quella di città a rischio nucleare e di bersaglio per devastanti azioni terroristiche. Ricordiamo che tutti i sommergibili americani sono a propulsione nucleare.
Questo è il futuro che ci vogliamo scegliere? Recentemente il sindaco di Taranto Rossana Di Bello ha dichiarato che le priorità di sviluppo della città saranno due: il porto commerciale e il turismo. Per il turismo la dice lunga la fine che farà con ogni probabilità il villaggio neolitico… Per il porto commerciale è bene citare i dati (resi pubblici su Internet) del “Piano di emergenza per le navi a propulsione nucleare” (classificato come “riservato” dalla Marina Militare) il quale piano prevede, nel capitolo intitolato “Misure da applicare allo scopo di evitare incidenti e pericoli di collisione durante la manovra di unità militari a propulsione nucleare”, un esplicito divieto di transito civile. Vi si legge testualmente: “Unità mercantili: il traffico sarà sospeso. Maridipart provvederà a richiedere alla Capitaneria di Porto la sospensione del traffico precisando inizio e durata della sospensione (…)
La Capitaneria di Porto prenderà provvedimenti intesi a ritardare la partenza di unità mercantili.” Inoltre la Capitaneria dovrà “far sostare il traffico in arrivo fuori dal porto ed in posizione tale da non intralciare le unità militari a propulsione nucleare”. Gli americani andarono via da Taranto all’inizio degli anni sessanta dopo aver installato intorno a Gioia del Colle trenta missili Jupiter a testata nucleare, ognuna della potenza pari a 100 volte quella di Hiroshima. Due di quei missili rischiarono di esplodere a causa di fulmini. Quando andarono via gli americani la città tirò un sospiro di sollievo ma oggi l’on. Ostillio (centrosinistra), che a quei tempi aveva quattro anni, sembra rimpiangere le ricadute occupazionali di una presenza americana. Gli chiediamo se troverà una sola assicurazione che stipulerà a Taranto una polizza di risarcimento in caso di incidente nucleare: ogni assicurazione le esclude esplicitamente a priori. E che Taranto abbia rischiato grosso lo testimonia il passato. Nel 1968 il sommergibile atomico americano Scorpion passò da Taranto il 10 marzo per esplodere il 22 maggio nell’Oceano Atlantico. Un’altra catastrofe fu sfiorata il 22 settembre 1975 con lo scontro fra l’incrociatore Belknap e la portaerei Kennedy nello Jonio in quanto divampò un incendio a bordo le fiamme arrivarono a pochi metri dai missili nucleari Terrier provocando il più grave SOS nucleare della Us Navy.
Va ricordato che in caso di incidente o disastro i trattati bilaterali Usa-Italia non consentono alcuna azione penale italiana verso i militari Usa, come ha dimostrato la tragedia del Cermis. Taranto temiamo possa diventare una colonia americana, esposta a tutti i rischi e senza alcun potere di controllo, come dimostra la base Usa della Maddalena in cui non è possibile il monitoraggio della radioattività in quanto le autorità americane non autorizzano analisi ravvicinate. La mitilicoltura e la pesca a Taranto avrebbero il futuro segnato da una spada di Damocle radioattiva.
Lo Statuto di Taranto, all’articolo 1, parla di città operatrice di pace libera da armi di terminio di massa. Per noi la campagna elettorale è già cominciata: metteremo su Internet i candidati e la forze politiche che non si schiereranno contro il pericolo nucleare di una Base Usa a Taranto.E se la base Usa si farà, cari politici, ricordatevi Scanzano. Non saremo la colonia di nessuno.
Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink