[di Sergio Paronetto • 11.07.01] La prima domenica di luglio ho partecipato a un emozionante incontro con  Rigoberta Menchù, giovane donna maya, premio Nobel per la Pace 1992, da anni impegnata nella lotta nonviolenta per la difesa e lo sviluppo dei diritti umani in Guatemala, in Messico e in tutta l'America Latina...

RIGOBERTA E SERENA: LA GLOBALIZZAZIONE DELLA PACE

La sua azione sviluppa con paziente tenacia l’opera del vescovo Juan Gerardi, assassinato nel 1998 a causa dell’impegno per il “recupero della memoria” sulle migliaia di  persone scomparse, uccise soprattutto dagli squadroni della morte e dall’esercito tra il 1960 e il 1996 in Guatemala. Negli anni scorsi molte cartoline sono partite dall’Italia nell’operazione “Riconciliazione con verità per stabilire uno stato di diritto. Pace con giustizia per costruire il futuro”, idealmente collegata a un’analoga iniziativa presieduta da un altro premio Nobel, Desmond Tutu, in Sud Africa. Ascoltando l’omelia calma e vibrante di Rigoberta  nella chiesa gremita di S.Zeno di Colognola ai Colli, la cui parrocchia da anni sta attivando varie forme di solidarietà  con alcune località del Guatemala grazie all’azione di don Luigi Adami e di padre Clemente Peneleu,  ho passato mentalmente e visceralmente in rassegna il dramma dei “desaparecidos” nel Centro America, in Argentina, in Cile e in tanti altri paesi del mondo. Ho meditato. Ho pregato. Ho contemplato la  globalizzazione della giustizia, dei diritti  e  della  solidarietà. Mi  si  è accesa in petto una frase di Bonhoeffer, martire antinazista, riguardo la testimonianza del cristiano oggi nel mondo:  “pregare e agire per la giustizia”. Il pomeriggio dello stesso giorno ho portato l’augurio autografo di Rigoberta, (una sorta di benedizione laica, femminile e maya), alle nozze di Serena, una cara amica operatrice di pace, celebrate in un’antica chiesa veronese piena di girasoli. Le letture, scelte dagli sposi (in partenza per il “viaggio di nozze” in Perù), sono incominciate con il  “Cantico dei Cantici”  e sono terminate con lo splendido inno del “Magnificat”.  Ho meditato. Ho pregato. Ho contemplato la convivialità delle differenze.Mi sono balzati in cuore i versi di Derek Walcott: ” Tempo verrà/ in cui, con esultanza,/ saluterai te stesso arrivato/ alla tua porta, nel tuo proprio specchio,/e ognuno sorriderà al benvenuto dell’altro.Amerai di nuovo lo straniero che era il tuo Io./ Offri vino. Offri pane. Rendi il cuore/ a se stesso./ Dallo scaffale tira giù lettere d’amore,/le fotografie, le note disperate,/sbuccia via dallo specchio la tua immagine./ Siediti. E’ festa: la tua vita è in tavola”. Così sto vivendo questo tormentato luglio dei G8 a Genova,  partecipando in vario modo alle iniziative “lillipuziane” contro la violenza della fame, della povertà, dell’ingiustizia e delle guerre. Rigoberta e Serena, la famiglia maya e la nuova famiglia italiana mi guidano sui sentieri di Isaia e rinnovano il sogno di Luther King. Un’altra globalizzazione mi tormenta.  La gestione nonviolenta dei conflitti. Un’esistenza conviviale. (Verona 2.7.2001 – Sergio Paronetto)