[di Sergio Paronetto • 12.01.03] La riflessione che vi proponiamo è stata redatta da Sergio Paronetto (Pax Christi - Verona) quale introduzione ad un recente convegno su don Lorenzo Milani, tenutosi in provincia di Verona.

RIPUDIARE LA GUERRA. EDUCARE ALLA PACE

La riflessione che vi proponiamo è stata redatta da Sergio Paronetto (Pax Christi – Verona) quale introduzione ad un recente convegno su don Lorenzo Milani, tenutosi in provincia di Verona.

Per costruire una nuova cittadinanza attiva, locale e universale, quotidiana e planetaria, ritengo fondamentale comprendere bene e realizzare  la Costituzione italiana, la Carta dell’ONU e la Dichiarazione Universale dei Diritti umani, anzi il Codice Internazionale dei Diritti umani. Ognuno può, ovviamente, avere altri punti di riferimento, aggiungere altri testi o esaminare i profili di tanti testimoni di pace. Per me è anche importante conoscere e sviluppare le riflessioni maturate nell’ambito della Tavola della pace, dell’Onu dei Popoli, della Rete Lilliput, dello straordinario Forum Sociale Europeo di Firenze, del cantiere di Porto Alegre. 
Oggi è urgente dedicare tempo e spazio all’articolo 11 della Costituzione. Sta partendo una proposta di legge di iniziativa popolare orientata alla sua applicazione integrale. A Firenze si è anche proposto di inserire nella futura Costituzione Europea il contenuto dell’articolo 11 della nostra Costituzione. L’articolo 11 della Costituzione è di grande bellezza. In esso vibra il dolore per le vittime della guerra mondiale appena conclusa e delle possibili vittime di guerre future sempre più totali, sempre più e solo aggressive. Si agita ancora l’orrore per il massacro atomico di Hiroshima e Nagasaki. E’ presente la dimensione planetaria delle Nazioni Unite (ONU), della sua Carta (1945) e del neonato, ma contrastato, diritto internazionale. Da anni, purtroppo, anche l’ONU fa parte dell’infanzia negata o abbandonata. Nell’articolo 11 si evoca una nuova pedagogia. Si muove un desiderio di riforma delle menti e dei cuori. S’avverte in profondità lo spirito della nonviolenza intesa come azione per la pace con mezzi di pace, nuovo diritto internazionale, impegno per la libertà, per la giustizia, per la democrazia, per la solidarietà, per la “convivialità”. Ripudiare la guerra  è un’espressione fortissima. Estrema. Vuol dire non accettare, non riconoscere, rigettare da sé qualcosa di proprio, rinnegare un’appartenenza ritenuta un tempo importante. Come dire: ora cambia lo scenario della storia. Si volta pagina. Anzi si cambia libro. Mutano gli strumenti di scrittura. Ripudiare la guerra è rifiutare ciò che sembrava decisivo e necessario ma che ora, sulla base della novità della guerra moderna e della complessità dei problemi, si ritiene ripugnante. Ripudio è rifiuto, ripulsa, ripugnanza. Allontanare ciò che è ripugnante. Ripugnante vuol dire tante cose: refrattario, disdicevole, disgustoso, incompatibile, nauseabondo, nauseante, odioso, orrido, repellente, ributtante, ripulsivo, schifoso, stomachevole, sconveniente.Viene in mente lo stile ironico e sarcastico di Erasmo da Rotterdam. Ripugnante è anche avverso, contrario, alieno (alienum a ratione scriveva Giovanni XXIII nella “Pacem in terris”),  cioè assurdo, impossibile. Oggi crollano le teorie delle guerre giuste. Tanto più quelle preventive. Allora, solo la prevenzione della guerra conta, la guerra non ha più un fine ragionevole ma è la fine. La fine della ragione, della politica, del diritto, della religione, della vita, dell’umanità. Soprattutto quando si teorizza e si pratica l’azione internazionale unilaterale, la politica di supremazia e di prepotenza. Soprattutto in presenza non solo della guerra  totale ma della ribadita necessità della guerra di aggressione e di aggressione anche nucleare. Viene a orribile maturazione lo scenario descritto da don Milani nella pagina conclusiva de “L’obbedienza non è più una virtù”: ormai la guerra o è aggressione o è vendetta. La guerra è uscita per sempre da qualunque criterio di razionalità. Oggi la prospettiva militare è così complicata e terribile che anche coloro che si rifanno alla teoria della “guerra giusta” non trovano motivi reali e plausibili per accettare un’azione bellica. La Dichiarazione dei vescovi statunitensi contro la politica militarista dell’amministrazione Bush rivela che anche il tradizionale insegnamento sulla guerra ci porta al rifiuto delle guerre, può trasformarsi in tentativo di prevenzione di esse (cfr “Adista” n.85, 30 novembre 2002). Un felice paradosso! Un bel salto culturale! Che tristezza, allora, sentire molti parlare di revisione demolitrice dell’articolo 11 della Costituzione!  E’ inutile tirar fuori la bandiera italiana se non si tira fuori la Costituzione. E’ inutile voler cantare bene l’inno nazionale se non si canta la Dichiarazione dei Diritti umani che la Costituzione a modo suo ripropone. Giuseppe Dossetti si alzerebbe in piedi severo e fremente. Ricordo un suo pensiero poco prima di morire:  “In questo momento, se avessi qualche anno di meno sulle spalle, mi tirerei su le maniche e cercherei proprio di promuovere a tutti i livelli una revisione dei nostri comportamenti. Credo che questo debba essere un compito affidato ai più giovani: di non darsi pace se non facendo veramente opere di pace, in tutti i sensi. E poi…ci vuole anche fiuto: bisogna esercitarsi un po’ a sentire puzza di bruciato, quando l’incendio è ancora domabile. E questo non lo stiamo proprio facendo. Dobbiamo sentirci tutti personalmente e comunitariamente responsabili di quest’inerzia irrazionale e di questo grande egoismo paralizzante di questo fatalismo, per cui la guerra sarebbe una fatalità, comparabile a quella che grava su quegli animali polari che vanno incontro periodicamente a un grande suicidio collettivo, per estinguersi o sistemare lo sviluppo della specie. Così dovrebbero fare anche gli uomini. Io non posso rassegnarmi a una visione del genere, però, se non ci interroghiamo, c’è il rischio che, senza pensarci, anche noi adottiamo questo punto di vista”. Penso anch’io che in troppi, anche tra gli “esperti” o gli “opinionisti”, consapevoli o inconsapevoli “cattivi maestri”, ci sia un insensato irrigidimento polare, una specie di “cupio dissolvi”, un desiderio di sparire come se si fosse gli ultimi uomini della storia, quasi un gusto macabro della fine, un’accidia da rassegnazione e resa. Ecco, bisogna svegliarsi. Alzarsi in piedi. Vegliare.  Non rassegnarsi:  “condurre a termine con coraggio quest’opera di immenso amore per gli uomini”. Così la Costituzione conciliare “Gaudium et spes” descriveva l’azione dell’operatore di pace spinto dalle novità del mondo moderno a “considerare l’argomento della guerra con mentalità completamente nuova”. Così parlavano  Albert Einstein e Bertrand Russel negli anni ’50  ai capi delle nazioni. L’agire politico dovrebbe incarnare l’idea di libertà come nascita: “dare inizio a qualcosa di nuovo” (Arendt), creare storia. E’ urgente farlo a partire dal ripudio della guerra  e della sua preparazione. Anche la corsa agli armamenti, scriveva il documento presentato all’ONU nel 1976 dalla Santa Sede, costituisce di per sé un  fenomeno di aggressione, un’ingiustizia, un pericolo e un crimine. Le armi moderne, diceva Paolo VI all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 4 ottobre 1965, “ancor prima di produrre vittime e rovine, generano cattivi sogni, alimentano sentimenti cattivi, creano incubi, diffidenze e propositi tristi; esigono enormi spese, arrestano progetti di solidarietà e di utile lavoro, falsano la psicologia dei popoli”.
Educare alla pace significa anzitutto concepire il sogno buono diurno, cominciare a far nascere il mondo umano. Il primo passo è liberarsi dalla paura, nostro vero avversario, scegliendo la nonviolenza trasformatrice.  E’ tempo di  raccogliere le iniziative per la difesa delle leggi 185 (commercio delle armi) e 209 (annullamento del debito estero di alcuni paesi), quelle contro le mine, le banche armate, le armi varie all’interno di una grande campagna per il disarmo. Occorre prevenire la “guerra totale e infinita” (espressione disumana e blasfema!) con l’azione reticolare e capillare per il “disarmo totale e infinito”  partendo da piccoli gesti e dai piccoli passi. Pax Christi statunitense e inglese, in caso di guerra, invitano alla disobbedienza civile, all’obiezione di coscienza popolare. Teniamo gli occhi attenti e freschi. Quelli che don Milani indicava come fonte dell’azione pedagogica per gli educatori che intendono prendersi cura dei volti e assumersi la responsabilità del futuro. Sergio Paronetto.