ROM. IL DOVERE DI UNA MINORANZA (di Maria Bonafede)

Ci sono dei momenti nei quali ricade sulla spalle di piccole minoranza la pesante responsabilità di riaffermare con forza alcuni principi fondamentali e irrinunciabili della società civile. Ed è loro dovere intervenire perché molto spesso proprio le minoranze portano su di sé le ferite di pregiudizi ma anche di preclusioni e persino persecuzioni perpetrate dalla maggioranza. Una maggioranza spesso inconsapevole, distratta, confusa, manipolata, ma pur sempre incapace di fermare le campagne d’odio, di discriminazione e di violenza contro il diverso di turno.

Oggi tocca ai rom, ai piccoli rom. Non siamo ingenui e sappiamo bene che dietro un bambino rom che mendica o che sfila un portafoglio c’è una catena di violenza che non può essere tollerata e che deve essere spezzata. Ma i recenti provvedimenti annunciati dal Governo italiano che prevedono la rilevazione delle  impronte digitali ai rom – a tutti i rom, non a coloro che delinquono; a tutti, non a quelli stranieri irregolari nel nostro paese – ha il sapore brutale di una schedatura  su base etnica, tesa ad avvalorare il pregiudizio che ogni rom è naturalmente incline a compiere dei reati ed è quindi dovere dello Stato promuovere un’azione preventiva di controllo e monitoraggio.

Nessun bambino sarà sottratto all’accattonaggio forzoso solo perché lo si identifica. E dopo? Oltre la metà dei rom residenti in Italia sono cittadini a tutti gli effetti: si prevedono leggi speciali nei loro confronti? La sola idea, così sciagurata nella storia italiana ed europea, suscita sconcerto. E poi, si procederà con altre categorie “a rischio”?

Nello stesso tempo, mentre giunte di ogni colore politico fanno a gara a chi sgombera il maggior numero di campi rom, si interrompono quei rari e benemeriti processi di integrazione che avevano faticosamente portato alla scolarizzazione di quote crescenti di bambini altrimenti destinati a crescere per la strada o nei corridoi delle metropolitane.

L’Unione europea ha prontamente espresso un preoccupato allarme per questo provvedimento che nello stesso momento in cui è stato  annunciato  ha  consolidato quel muro di pregiudizio che ha già armato di spranghe e bottiglie molotov la mano di qualche esaltato.

Ed allora sono proprio quelle  minoranze che hanno una precisa memoria del peso del pregiudizio e della discriminazione violenta, che hanno il dovere di lanciare un monito: attenzione, stiamo andando ben oltre la soglia della legittima repressione della microcriminalità e della risposta alla domanda di sicurezza che viene invocata da ampi settori dell’opinione pubblica. Stiamo assumendo misure difficilmente giustificabili sul piano costituzionale e del diritto europeo, brutali nella forma e nella sostanza;  stiamo seminando una pianta cattiva che può produrre frutti avvelenati.

Lo diciamo con la forza e con la coscienza del nostro essere – valdesi e metodisti – una minoranza che sui temi delle libertà sociali e civili ha una parola importante da dire. E non intendiamo sottrarci a questo dovere, per noi spirituale, etico e civile.

Pastora Maria Bonafede

moderatora della Tavola valdese