[GRILLOnews • 16.12.03] L’umanità da secoli è divisa fra le ragioni della guerra e le ragioni della pace. Nessuno è in grado di indicarci la via da scegliere. Essa risiede nei nostri cuori e nelle nostre menti. Nessuno ha il diritto di proclamare: ”Dio è con noi”. Il Padrone dell’Universo ha creato gli uomini tutti liberi, santi, uguali cioè con pari dignità di fronte alla vita. Ciascuno di noi è responsabile dei suoi atti, dei suoi pensieri. La volontà del Giudice Supremo non può essere presa a pretesto per scaricare su di Lui la nostra responsabilità...

SAN GIOVANNI LUPATOTO (VR), 22 DICEMBRE. “CANTI PER LA PACE”: SPETTACOLO DI MONI OVADIA

L’Assessorato alla Cultura del Comune di San Giovanni Lupatoto e il Centro per l’Avviamento Musicale, nell’ambito della rassegna “SACRE ARMONIE” presentano, Lunedì 22 dicembre alle ore 21 presso il Teatro Astra di San Giovanni Lupatoto: “Moni Ovadia & Theatrum Instrumentorum” in “SHIR DEL ESSALEM – Canti per la Pace”. Con la partecipazione di Faisal Taher. Progetto musicale di Aleksandar Sasha Karlic, mise en éspace Moni Ovadia. Per informazioni e prenotazioni: tel.045 547624, dal lunedì al venerdì dalle 16,30 alle 19,30. Ingresso (posto unico) 12 euro. Il celebre attore e cantante Moni Ovadia ed il cantante palestinese dei territori occupati Faisal Taher, si incontrano per dar vita ad un programma che è un inno alla pace ed alla tolleranza. Sullo stesso palco artisti di differenti culture e nazionalità si uniscono per cantare le musiche delle tre religioni monoteiste: cristiana, ebraica e mussulmana.

L’umanità da secoli è divisa fra le ragioni della guerra e le ragioni della pace. Nessuno è in grado di indicarci la via da scegliere. Essa risiede nei nostri cuori e nelle nostre menti. Nessuno ha il diritto di proclamare: ”Dio è con noi”. Il Padrone dell’Universo ha creato gli uomini tutti liberi, santi, uguali cioè con pari dignità di fronte alla vita. Ciascuno di noi è responsabile dei suoi atti, dei suoi pensieri. La volontà del Giudice Supremo non può essere presa a pretesto per scaricare su di Lui la nostra responsabilità. Il sangue versato ricade su chi l’ha versato e solo su chi lo ha versato. La via della pace non è tracciata, essa va costruita pazientemente ogni giorno, ogni ora, ogni istante. Noi uomini di musica abbiamo uno strumento assai disarmato: il canto. Questo è il suo limite e simultaneamente la sua potenza. Il canto dei popoli attraversa lo spazio ed il tempo e comunica al di là delle differenze. Il viaggio musicale che proponiamo viene dall’epoca della Spagna terra di convivenza. In quel periodo i tre monoteismi sapevano parlarsi, volevano ascoltarsi, amavano convivere interagendo senza omologarsi, nel rispetto delle specifiche identità. Ripercorrere con un linguaggio universale un’epoca di reciproca accoglienza è necessario al nostro futuro. Un antico proverbio indiano recita:” se non sai dove stai andando, volgiti per vedere da dove vieni”. L’Europa ha urgenza di ritrovare le radici profonde della propria identità, l’occidente deve riaccogliere il proprio oriente, sua matrice. Il bacino del mediterraneo che è stata la culla della nostra civiltà e del nostro sapere deve simbolicamente ridiventare l’humus fertile di un futuro libero e santo. L’alito del deserto deve riportare alle nostre anime satolle di inutili e volgari orpelli, ma aride di interiorità quella Alef intenzionalità del canto e della parola che ci ha fondati come esseri umani. Sulla patria senza confini di un palcoscenico vagabondo, musicisti e cantanti cristiani, ebrei, mussulmani e atei propongono una convivenza libera, senza sopraffazione. Lo spettacolo è per tutti coloro che sanno albergare nei propri cuori la tenda del beduino: conforto per il viandante, casa per lo straniero. (Moni Ovaia)
 

Fin dai tempi più remoti, la musica ha avuto il potere di trascendere i confini di religione, cultura, geografia e etnicità. Certamente era questo il caso della Spagna medievale, dove la musica aveva collegato le culture cristiana, ebraica ed islamica in modi che ancora risuonano attraverso i secoli. Nella seconda metà del secolo XV, i popoli della Spagna, Cristiani, Ebrei e Musulmani, erano in gran parte mischiati a livello di cultura, lingua e sangue. In questo concerto sono presentati alcuni frutti musicali di questo incrocio, forse unico nella storia. Ad esempio, secondo lo scrittore e studioso messicano Carlos Fuentes, più di un quarto delle parole nella lingua spagnola corrente hanno radici arabe, per non parlare della musica flamenco contemporanea. I “Mori” hanno portato in Spagna i loro strumenti musicali, specialmente gli strumenti a corde, che sono diventati così importanti nelle loro incarnazioni europee dal Medioevo ad oggi. Ancora ai giorni nostri le influenze orientali sul linguaggio musicale, sulle forme poetiche e sulla prassi esecutiva del repertorio tradizionale di tutto il Mediterraneo sono enormi.  Le Cantigas di Santa Maria (che narrano i miracoli della Vergine Maria) è la più importante raccolta di monodia cortese dell’Europa medievale, pervenutaci in quattro manoscritti del XIII secolo. Per quanto riguarda gli autori, non vi sono indicazioni, ma per alcune Cantigas si può supporre che la mano sia quella del re Alfonso X “Il Saggio” in persona. Per il resto si tratta del prodotto della sua corte cosmopolita. Da sovrano illuminato, Alfonso si circondò di quanto meglio gli potevano offrire scienziati, letterati e musicisti cristiani, arabi ed ebrei. Nel proseguimento dello spettacolo, oltre alla cantilazione del Corano e al grande genere della musica classica araba muwashah, nato nel medioevo in seno alla scuola arabo-andalusa (più tardi diffuso anche nel medio oriente), si presentano anche i canti e le musiche degli Ebrei sefarditi, espulsi dalla Spagna nel 1492 e dal Portogallo nel 1508. La cultura del canto sefardita in giudaico-spagnolo ha ricevuto negli ultimi anni una grandissima attenzione, in particolare attorno alla ricorrenza, nel 1992, del cinquecentesimo anniversario dell’espulsione degli Ebrei da tutti i territori della Corona di Spagna. Questo interesse pare fortunatamente non conoscere battute d’arresto. Il canto sefardita si origina in una Spagna intrisa di elementi arabo-moreschi e prosegue in un esilio che si disperde attraverso il Levante mediterraneo, il Nord Africa, l’Italia, Il Medio Oriente, la Penisola balcanica. Ci sembra imprescindibile dunque fare riferimento alle culture di quei tempi e quei luoghi. Theatrum Instrumentorum si propone, in questa prospettiva, di utilizzare una strumentazione mista antica-mediorientale ( spesso di fatto poi “antico” e ” mediorentale” stessa cosa sono…) e di ricercare soprattutto nella vocalità una matrice etnica più “aspra”, emersa dal mare sonoro mediterraneo. L’intento è di ripristinare, dopo anni di ricerca accurata e appassionata, una originarietà culturale e timbrica e tentare di vitalizzare questi tesori musicali affinché lo smaliziato ascoltatore moderno possa coglierne appieno tutta la forza e la bellezza. (Aleksandar Sasha Karlic)