«UNA STAGIONE ALL’INFERNO», RAPPORTO SULLA CONDIZIONE DEGLI IMMIGRATI IMPIEGATI IN AGRICOLTURA NELLE REGIONI DEL SUD ITALIA


Abbiamo deciso di dare questo titolo al rapporto di Medici Senza Frontiere (MSF) perché raccoglie l’idea di quello che ogni anno migliaia di stranieri vivono nelle campagne del Sud Italia quando si spostano da una regione all’altra per essere impiegati in agricoltura come stagionali. Pur di lavorare queste persone accettano paghe da fame e sono costrette a condizioni di povertà estrema ed esclusione. Vittime consapevoli di un sistema economico e politico perverso che li sfrutta e che allo stesso tempo li tollera ma poi li criminalizza.

Con questo rapporto MSF vuole denunciare ancora una volta quest’inaccettabile stato di cose che lede la dignità degli ultimi e tutelare un diritto fondamentale, quello dell’accesso alla salute. Da anni siamo impegnati anche in Italia perché chiamati a rispondere al mandato della nostra organizzazione: assistenza sanitaria di popolazioni vulnerabili e testimonianza.

Dai Centri di Permanenza Temporanea agli sbarchi a Lampedusa, dagli ambulatori dedicati agli stranieri irregolari fino all’intervento con gli stagionali la nostra azione umanitaria si è concentrata laddove maggiore erano i bisogni.

Oggi, nel complesso fenomeno dell’immigrazione in Italia, la condizione degli stagionali resta un nervo scoperto ipocritamente nascosto. Già nel 2004, MSF aveva visitato le campagne del Sud Italia per portare assistenza sanitaria agli stranieri impiegati come stagionali e per indagare questa scomoda realtà. Allora avevamo potuto testimoniare le vergognose condizioni di vita e il preoccupante stato di salute in cui gli stranieri versavano. A distanza di tre anni MSF ha potuto constatare che nulla è cambiato.

Tra giugno e novembre 2007 infatti una clinica mobile di Medici Senza Frontiere ha viaggiato nelle regioni del Sud offrendo assistenza sanitaria a quegli immigrati che prestano le proprie braccia nei campi di coltivazione e nelle serre. Le condizioni drammatiche testimoniate da MSF presentano caratteristiche riferibili a contesti di crisi umanitarie dove il valore della vita dei più vulnerabili è pressoché nullo. Migliaia di stranieri impiegati in agricoltura sono dunque costretti a condizioni di vita e di lavoro inaccettabili per uno stato di diritto e per un paese civile. Un costo umano e sociale altissimo, necessario per assecondare i meccanismi perversi di economie di mercato. Un costo umano dimenticato da un politica tesa solo a regolamentare flussi migratori senza avere il coraggio di guardare in faccia la realtà.

Senza avere il giusto coraggio di andare al cuore del problema.

Nell’arco di tre anni, dunque, non è stata registrata alcuna discontinuità sostanziale con le precedenti politiche sull’immigrazione. Una mancata inversione di rotta che riflette un atteggiamento ambiguo e ipocrita del sistema istituzionale italiano nei confronti dell’immigrazione irregolare. Da una parte, si registrano misure di contenimento del fenomeno migratorio con politiche dal pugno di ferro tese a combattere la clandestinità a difesa della legalità. Dall’altra, le stesse istituzioni nazionali e locali si tappano occhi, orecchie e bocche dinanzi al massiccio sfruttamento di stranieri nelle produzioni agricole del Meridione perché necessari al sostentamento delle economie locali. L’utilizzo di forza lavoro a basso costo, il reclutamento in nero, la negazione di condizioni di vita decenti, il mancato accesso alle cure mediche sono aspetti ben noti e tollerati. I sindaci, le forze di Stato, gli ispettorati del lavoro, le associazioni di categoria e di tutela, i ministeri: tutti sanno e tutti tacciono.

E quando decidono di affrontare il problema, come ad Alcamo in provincia di Trapani, strutturano interventi ispirati al rispetto della legalità, generando ulteriori discriminazioni. Infatti, l’allestimento di campi di accoglienza che ospitano esclusivamente lavoratori stranieri con il permesso di soggiorno e le operazioni di polizia che colpiscono solo i lavoratori irregolari mostrano il solito atteggiamento ambiguo di chi cerca di nascondere l’esistenza di un popolo ‘invisibile’ e preferisce perseguire lo sfruttato e non lo sfruttatore.

Da San Nicola Varco a Cassibile, da Foggia a Pachino, da Rosarno ad Alcamo sono echeggiate storie di disperazione, di viaggi della speranza segnati da rotte tragiche, di sogni infranti nel Belpaese dove si vive in condizioni spesso peggiori di quelle lasciate alle spalle. Vessati, sfruttati, ricattati. Picchiati, scacciati, braccati. Gli immigrati stagionali vivono in case abbandonate, in fabbriche in disuso, talvolta per strada. Pur di sopravvivere offrono le proprie braccia per meno di 25 euro al giorno e per molti l’obiettivo di inviare risparmi alle loro famiglie nei paesi di origine fallisce miseramente. Sebbene arrivino in Italia in buone condizioni di salute, i lavoratori stranieri si ammalano per le durissime condizioni lavorative.

Si ammalano perché quando rientrano dai campi non hanno acqua potabile da bere, né luoghi asciutti e salubri in cui stare.

Queste malattie, per lo più curabili con una semplice terapia antibiotica si cronicizzano perché non si ha un medico a cui rivolgersi, né soldi sufficienti per acquistare medicine. Queste sono le persone che sostengono l’agricoltura nel Sud Italia. Queste sono le persone sfruttate da un sistema che produce profitti grondanti disperazione e malattia. Una stagione all’inferno è quella che abbiamo testimoniato viaggiando da una regione all’altra del Sud. Una stagione all’inferno è quella che vivono ogni anno gli stranieri stagionali.

E a tutte queste persone è dedicato questo rapporto. E a loro prestiamo la nostra voce.

Leggi «Una Stagione all’Inferno», il rapporto di Medici Senza Frontiere sulle condizioni di salute, vita e lavoro degli stranieri impiegati in agricoltura nelle regioni del Sud Italia. [ documento in pdf ].