[Luciana Bohne * • 07.03.04] Come si insegna la stupidità e il disimpegno sociale nelle università Usa. Forse direte che leggere dei tentativi di un’insegnante d’inglese in un’università di provincia di mettere in rapporto la miseria dell’istruzione pubblica negli Stati uniti con la semplicioneria del pubblico del paese può essere un pò banale, considerando che ci siamo imbarcati nella prima avventura apertamente confessata del capitalismo senescente negli Usa. Ma vedete, la domanda che emerge dalle mie esperienze nelle aule è: perché questi giovani sono stati istruiti sino a raggiungere tali abissi di ignoranza?...

UNIVERSITA’. IMPARANDO A ESSERE STUPIDI

Come si insegna la stupidità e il disimpegno sociale nelle università Usa. Forse direte che leggere dei tentativi di un’insegnante d’inglese in un’università di provincia di mettere in rapporto la miseria dell’istruzione pubblica negli Stati uniti con la semplicioneria del pubblico del paese può essere un pò banale, considerando che ci siamo imbarcati nella prima avventura apertamente confessata del capitalismo senescente negli Usa. Ma vedete, la domanda che emerge dalle mie esperienze nelle aule è: perché questi giovani sono stati istruiti sino a raggiungere tali abissi di ignoranza?
 
“IO NON LEGGO”

 
“Io non leggo”: me lo confessa candidamente, senza imbarazzo, una studentessa di secondo anno. Non le viene in mente che sbandierare, in un’università, la propria preferenza abituale per la non lettura è come vantarsi nella vita normale di non respirare. Lei segue il mio corso di Letteratura del mondo, nel quale si richiede la lettura di romanzi di autori africani, latino-americani e asiatici. La scelta non è sua: è imposta dal piano di studio, altrimenti avrebbe dovuto seguire Filosofia. Ha scelto il mio corso perché è più facile, o così pensa.
Il romanzo che sta trovando di difficile lettura è Amore e ombre di Isabel Allende, ambientato nel terrore postgolpe del regime tipo-nazista di Pinochet in Cile, 1973-1989. Nessuno nella mia classe, neanche quelli con la specializzazione in Lingua e letteratura inglese, sa scrivere una tesina di analisi coerente, quindi debbo insegnargli a farlo. Nessuno nella classe sa dove il Cile si trova, così faccio fotocopie di informazioni generali prese dalle rassegne geografiche mondiali. Nessuno sa cosa sono il socialismo o il fascismo, quindi m’ingegno a scrivere definizioni digeribili. Nessuno sa cosa è l’Allegoria della caverna di Platone, e così supplisco, perché è impossibile capire il tema del romanzo senza una qualche conoscenza di base di quell’opera – che fino a qualche generazione fa era fra le letture obbligatorie. E nessuno nella classe ha mai sentito parlare dell’11 settembre 1973, il golpe sponsorizzato dalla Cia che pose fine a un maturo esperimento di democrazia in Cile. Si diffonde lo sgomento quando fornisco documenti statunitensi, liberati dal segreto di stato, che attestano la collusione statunitense con il golpe dei generali e con l’assassinio del presidente eletto Salvador Allende.
La geografia, la storia, la filosofia, la scienza politica, tutto ciò manca nella loro preparazione. Mi rendo conto che i miei studenti sono, infatti, oppressi, nel senso indicato da Paulo Freire in La pedagogia degli oppressi, e che scontano la propria oppressione. Così, spiego con pazienza: no, il nostro governo non è stato amico della democrazia in Cile; sì, il nostro governo finanziava sia il golpe che l’apparato di tortura della Giunta; sì, lo stesso vale per quasi tutta l’America latina. Poi uno studente domanda: “Perché?”
Ebbene, dico io, la Cia e le multinazionali calpestano parte del mondo a causa dell’ignoranza del popolo statunitense, indotta dal sistema istruttivo, rafforzata dai media e incoraggiata da Hollywood. Quanto meno la gente legge, tanto meno sa e tanto più viene indottrinata – così si diffonde una stupidità generalizzata, per raggiungere la quale la gente s’indebita all’inverosimile. Se non fosse tragico, sarebbe divertente.
 
STUPIDITÀ A FAVORE DELLO STATUS QUO
 
Nel frattempo, questa stupidità estesa facilita il finanziamento da parte degli Usa del lavoro sanguinoso di squadre della morte, giunte golpiste, regimi terroristici all’estero. Permette guerre come quella in corso – una guerra sleale, illegale, ingiusta, illogica e costosa, che palesa al mondo il fallimento della nostra intelligenza e, allo stesso tempo, la strisciante debolezza del nostro sistema economico. La morte di ogni uomo, donna e bambino ucciso da bombe, proiettili, carestie o acque inquinate è un assassinio, e anche un crimine di guerra. E indica l’impotenza del sistema d’istruzione statunitense di produrre menti fornite delle necessità minime per la sopravvivenza: cioè di poter analizzare e porre domande.
In una parola, non credo che un’istruzione seria sia possibile negli Stati uniti. Tutto quello che fa parte del patrimonio della conoscenza è nemico del sistema del commercio e del profitto – un sistema impazzito che può consentire soltanto l’esistenza di un’istruzione che educa allo status quo, come avviene nelle scuole costose, oppure da una che produce persone esperte nel salvaguardare o imporre lo status quo, come nell’istituto statale dove insegno io. È significativo che nella mia scuola, che è un’università di terz’ordine frequentata da studenti provenienti dalla classe lavoratrice – destinati a lavori di bassa menagerialità nella burocrazia governativa, nell’istruzione e nel settore privato – la maggior parte si laurea in comunicazioni, giustizia penale o assistenza sociale: in sostanza, imparano come mistificare, ingabbiare, controllare le masse.
Una simile istruzione costituisce un vasto spreco delle risorse e delle potenzialità dei giovani. È indicibilmente noiosa e inutile, tranne che per i poteri e gli interessi che ne dipendono. Se uno studente ucraino, dopo tre settimane dal suo arrivo, scrive in lingua inglese la tesina meglio organizzata e più profonda nella classe, vuol dire che il sistema educativo statunitense deve dare qualche spiegazione, specialmente alla gioventù.
Ma se il sistema educativo statunitense si è trasformato in una massa di rovine e di detriti, si tratta di un risultato voluto e strumentale. È grazie a esso che i media possono dire tante bugie. Fa capire com’è che il nostro Segretario di stato possa citare da una tesi di un dottorando, asserendo autorevolmente che i dati rubati provengono invece da fonti attendibili dei servizi segreti. Fa capire come, durante il suo ridicolo “rapporto” all’Onu, il “Guernica” di Picasso possa essere nascosto senza che nessuno capisca il significato politico di questo gesto e la mentalità fascista che esso difende. Il fascismo culturale si manifesta in un rifiuto del pensiero e della cultura. “Quando sento la parola ‘cultura”’, diceva Goebbels, “metto mano alla pistola”.
Fra le riforme più infami e significative del regime Pinochet fu la riforma dell’istruzione. Lo scopo principale fu di porre fine al ruolo dell’università come fonte di critica sociale e di opposizione politica. Diede l’ordine di smantellare i dipartimenti di Filosofia, Scienze sociali e politiche, Lettere, Arte, cioè le aree dove era più probabile che si avessero discussioni politiche. Alle università si impose di offrire lauree soltanto in affari economici, informatica, ingegneria, medicina e odontoiatria – materie tecniche, che è il tipo di insegnamento che sempre più caratterizza l’istruzione negli Stati uniti, almeno al livello dell’istruzione di massa. I nostri studenti possono laurearsi senza aver mai studiato una lingua straniera, filosofia, scienze, musica, arte, storia, scienze politiche, economia [materie che nelle università statunitensi sono spesso opzionali, N.d.T.]. Infatti, i nostri studenti imparano a vivere in una democrazia elettorale priva di politica, una caratteristica ben attestata dalla sempre più scarsa affluenza alle urne.
Il poeta Percy Bysshe Shelley scrisse che, nella rapacità creata dalla rivoluzione industriale, il popolo ha sacrificato prima di tutto la mente, cioè la capacità di ragionare, poi il cuore, cioè la capacità di compatire, finché non è rimasto altro della originaria dotazione umana che i sensi, ossia la domanda egocentrica di gratificazione. A quel punto, gli esseri umani sono entrati nell’era dei prodotti e dei consumi di mercato, come un’ulteriore “cosa” nel paesaggio commerciale. Senza mente, senza cuore, sono strumentalizzati per comprare qualsiasi cosa possa tramortire i sensi esigenti e spaventati: menzogne ufficiali, guerre immorali, Barbie, nonché un sistema educativo alla bancarotta.
Nel frattempo, nel mio stato il governatore ha imposto un taglio del 10% a tutti i servizi, compresa l’istruzione.

Luciana Bohne
professoressa di cinema e letteratura
presso l’Edinboro University-Pennsylvania


Tratto da:
http://www.marchforjustice.com/8.8.08.learning.php

Riportato nel n°106 di Guerre&Pace