[Autori vari • 12.04.03] Erano entrate in una base militare del Colorado e avevano preso a martellate un missile nucleare. "Abbiamo pensato ai bambini iracheni", ha detto una delle tre religiose. Rischiano trent'anni di carcere per aver dato una martellata a un missile nucleare di una base militare del Colorado.

USA – PROTESTE CONTRO LA GUERRA

USA/1 – TRE SUORE CONTRO LA GUERRA: RISCHIANO 30 ANNI DI CARCERE 
DENVER (USA) – Erano entrate in una base militare del Colorado e avevano preso a martellate un missile nucleare. “Abbiamo pensato ai bambini iracheni”, ha detto una delle tre religiose. Rischiano trent’anni di carcere per aver dato una martellata a un missile nucleare di una base militare del Colorado. Le insolite protagoniste dell’azione dimostrativa non sono state delle semplici pacifiste, ma tre suore.  Suor Ardeth Platte, 66 anni, Jackie Hudson, 68 e Carol Gilbert, 55, erano state arrestate il 6 ottobre dopo essere entrate illegalmente in una base missilistica del Colorado, per cercare di danneggiare uno dei missili nucleari Minutemann III, dopo aver saputo che l’esercito progettava di utilizzarli contro l’Iraq. L’iniziativa delle religiose faceva parte di una manifestazione di protesta contro la guerra che allora si stava preparando.  ”Abbiamo pensato ai bambini iracheni – ha detto e suor Platte – e deciso che dovevamo fare qualcosa”. Le argomentazioni religiose non hanno convinto la Corte, che ha emesso il verdetto di colpevolezza. La sentenza è fissata per il 25 luglio. Intanto le tre suore pacifiste dovranno pagare unamulta di mille dollari per i danni causati con l’ingresso illegale nella base. (Fonte: il Nuovo dell’8 APRILE 2003)
 
 
USA/2 – VENTICINQUE ANNI DI GALERA PER CHI MANIFESTA PER LA PACE
PORTLAND – L’obiettivo è dichiarato: scoraggiare le proteste contro la guerra. La pena prevista è altissima: 25 anni di prigione per chi scende in piazza per la pace. E’ quanto prevede un progetto di legge anti-terrorismo presentato nell’Oregon. Dove, pare, i manifestanti contro il conflitto in Iraq vengono considerati alla stregua dei terroristi. Puntuale, nello stato americano occidentale, è scoppiata la polemica. Il progetto di legge, presentato dal senatore John Minnis della maggioranza repubblicana, ha già riscontrato il “no” dell’opposizione democratica. Tanto che i legislatori stanno ora dibattendo sulla definizione esatta di “terrorismo” e sul valore della libertà di espressione prima di arrivare al voto nella commissione giudiziaria del Senato.  Stando a quanto si legge nel progetto di legge 742, comunque, il terrorista viene identificato come una persona che “pianifica o partecipa a un’azione in cui ci sia l’intento, da parte di almeno uno dei partecipanti, a distruggere” gli affari, i trasporti, le scuole, libere assemblee o il Governo. I sostenitori del documento aggiungono che le forze di polizia dovrebbero contare su leggi più drastiche per metter fine alle proteste di piazza.  A supporto di tale tesi vengono portate le numerose distruzioni che, secondo i firmatari del disegno di legge, sarebbero state causate durante una manifestazione contro la guerra in Iraq che ha visto sfilare a Portland migliaia di manifestanti. Secondo Lars Larson, sostenitore del progetto di legge, “è necessario dotarsi di nuove regole per controllare i manifestanti che sono in grado di mettere ko un’intera città”. A chi protesta, infatti, secondo Larson non può essere permesso di bloccare, ad esempio, il passaggio di un’ambulanza. E, tantomeno, di spaventare i cittadini. Numerose le voci che si sono alzate per contestare il progetto di legge. Andrea Meyers, dell’Unione per le libertà dei civili americani, fa notare che il così vago linguaggio utilizzato nello stendere il documento viola i diritti base alla libertà in nome della lotta al terrorismo. Non solo. Gli stessi sindacati di polizia e i gruppi delle minoranze contestano il progetto di legge per l’inasprimento dei rapporti che questo potrebbe provocare tra le forze dell’ordine e le fasce vulnerabili della popolazione, come i poveri, gli immigrati e i bambini.  (di Melissa Bertolotti , il Nuovo del 4 APRILE 2003)