[GRILLOnews • 10.12.03] Si è tenuto sabato 6 dicembre a Verona, nella centralissima Piazza Bra, un presidio di protesta per chiedere maggiore attenzione, solidarietà e riconoscimento dei diritti delle persone straniere non comunitarie. Nel comunicato stampa diramato dal “Coordinamento dei migranti” di Verona si legge: “Denunciamo la situazione dei più di quattrocento lavoratori stranieri TRUFFATI da datori di lavoro disonesti nell'ambito della recente regolarizzazione prevista dal DL 195/02...

VERONA. “I LAVORATORI MIGRANTI HANNO DIRITTO DI VIVERE DIGNITOSAMENTE”

Si è tenuto sabato 6 dicembre a Verona, nella centralissima Piazza Bra, un presidio di protesta per chiedere maggiore attenzione, solidarietà e riconoscimento dei diritti delle persone straniere non comunitarie. Nel comunicato stampa diramato dal “Coordinamento dei migranti” di Verona si legge: “Denunciamo la situazione dei più di quattrocento lavoratori stranieri TRUFFATI da datori di lavoro disonesti nell’ambito della recente regolarizzazione prevista dal DL 195/02. Costretti a versare grosse somme- da 2000,00 a 3000,00 euro, oltre agli 800,00 euro richiesti dalla legge, pretesi da questi datori di lavoro per presentare le domande di regolarizzazione, per poi scoprire che queste domande erano per lo più fasulle o perché presentate da datori di lavoro « inesistenti», cioè a enti o società create dal nulla, con documenti societari falsi, oppure da enti o società esistenti ma che hanno presentato domande non corrispondenti al vero, attestanti cioè rapporti di lavoro inesistenti. In tutti i casi la truffa si è realizzata attraverso false promesse di instaurare un rapporto di lavoro e i lavoratori migranti vi sono incorsi per la necessità di accedere alla regolarizzazione, dovendo fidarsi senza garanzie di questi disonesti datori di lavoro”. Ed ancora: “ Al danno si è poi aggiunta la beffa di vedere «bloccate» le pratiche di regolarizzazione a causa dei procedimenti penali riguardanti appunto i datori di lavoro, una volta scoperti. Ma il mancato sbocco positivo della regolarizzazione e quindi della concessione dei relativi permessi di soggiorno per lavoro, perdurante da circa un anno, incide pesantemente sulle condizioni di vita dei migranti, che non potendo lavorare non possono pagare l’ affitto, mantenere la famiglia, e subiscono anche la tentazione di rientrare, per necessità di sopravvivenza, in un circuito di illegalità dal quale avevano cercato di uscire proprio attraverso la regolarizzazione. Un esempio significativo è dato dai recenti arresti di ambulanti -nell’ambito della ingiustificata e dura campagna di repressione richiesta dai commercianti del centro -che si erano dedicati a tale attività per poter sopravvivere avendo appunto le pratiche di regolarizzazione bloccate da tempo. Questa vicenda di lavoratori immigrati «clandestinizzati» dalla mancata concessione del permesso di soggiorno è emblematica di quanto la legge Bossi-Fini ha prodotto e continua a produrre sul terreno dell’immigrazione e non solo, essendo significativa di quello stesso attacco globale ai diritti del lavoro che viene portato avanti anche dalle politiche europee e dal «libro bianco» di Maroni. Uomini e donne -e non importa se italiani o stranieri –vengono visti solo come forza lavoro mercificata e totalmente piegata alle logiche neoliberiste del primato della produzione. In questo contesto la negazione del legittimo diritto al permesso di soggiorno per lavoro -che a molti lavoratori migranti di Verona non viene rilasciato o rinnovato solamente per le lungaggini burocratiche o per le truffe di cui sono vittima ma alle quali sono estranei- destina al limbo dell’invisibilità sociale e alla clandestinità lavoratori re2olari, ma che lavorare non possono, ne ottenere prestazioni sanitarie e trattamenti di welfare cui hanno diritto dato che pagano regolarmente le tasse- esprime la stessa logica dei nuovi strumenti contrattuali previsti per tutto il mercato del lavoro. La stessa riforma delle pensioni si trova prefigurata nella Bossi-Fini, che nega ai migranti che decidono di abbandonare l’ltalia la possibilità di ritirare i contributi versati fino ai 65 anni. La legge Bossi-Fini -e gli esempi sopra indicati ne sono una prova- si rivela quindi uno strumento per la produzione di clandestinità e gli effetti sono sotto gli occhi di tutti coloro vogliano vedere. Suo scopo non è il controllo dell’immigrazione, ma lo smantellamento dei diritti del lavoro. Essa serve a controllare e integrare una parte minima della forza lavoro migrante, lasciando la quota eccedente di lavoro vivo nella terra di nessuno dell’irregolarità e dello sfruttamento. E a quest’ultima consegna anche i «regolari» se i permessi non vengono rilasciati o rilasciati con ritardo”. Il presidio hanno preso parte circa 600 persone, accomunate dal desiderio e dalla pressante richiesta che le “autorità cittadine, il sindaco, il prefetto, il procuratore della Repubblica e il questore si facciano carico di questa situazione di grave lesione dei diritti dei lavoratori migranti e aprano un tavolo di trattativa che porti  ad un accordo risolutivo della questione sia attraverso lo sblocco delle pratiche di regolarizzazione, ove possibile, e in ogni caso attraverso il rilascio di permessi di soggiorno per lavoro anche di soli sei mesi, come prevede la legge. E che diano modo a tutti i lavoratori migranti in qualche modo danneggiati di lavorare per vivere dignitosamente.