[a cura di «Donne Città Futura» • 10.10.03] Come DONNE CITTA’ FUTURA vogliamo condividere con la cittadinanza una riflessione su quanto sta accadendo nella vita politica veronese. Siamo convinte, in sintonia con la maggioranza delle cittadine e dei cittadini, che la politica abbia senso solo se si pone al servizio della città e se i soggetti che la esercitano dimostrano di sapere effettuare scelte etiche che definiscano il loro agire politico.

VERONA. POLITICA: LETTERA APERTA ALLA CITTADINANZA

Come DONNE CITTA’ FUTURA vogliamo condividere con la cittadinanza una riflessione su quanto sta accadendo nella vita politica veronese. Siamo convinte, in sintonia con la maggioranza delle cittadine e dei cittadini, che la politica abbia senso solo se si pone al servizio della città e se i soggetti che la esercitano dimostrano di sapere effettuare scelte etiche che definiscano il loro agire politico. Fin dall’insediarsi del nuovo governo della città abbiamo invece rilevato, prima con amarezza e ultimamente con indignazione, che la sola scelta che l’opposizione ha  effettuato fin dai suoi primi atti, è stata di non accettare il responso delle elezioni e di cercare di impedire con ogni mezzo il funzionamento del Consiglio Comunale tentando di dettare il calendario e l’agenda dell’intero Consiglio e pretendendo con tutti gli artifizi di rovesciare di fatto il risultato elettorale. Non si può infatti capire l’attuale blocco delle attività del Consiglio Comunale se non riandando con la memoria alla prima seduta che doveva formalmente convalidare i nuovi eletti (Sindaco e Consiglieri) nelle loro funzioni istituzionali. Tale seduta è durata una giornata e una notte a causa di modalità ostruzionistiche della minoranza, di scarsa qualità politica, quale la lettura interminabile dei verbali delle operazioni elettorali (il tutto a spese della collettività: se il Consiglio si protrae oltre la mezzanotte, i consiglieri hanno diritto ad una giornata di riposo che è a carico non del datore di lavoro, ma del Comune). Già questo primo momento è stato, per noi donne, incomprensibile: i molteplici, urgenti bisogni, Piano Regolatore, viabilità, inquinamento, servizi, integrazione, ecc., sono stati ignorati dalla minoranza e sostituiti dalla mera pretesa di impedire il funzionamento del governo della città. Il costo del funzionamento della “macchina deliberante comunale” (250.000 EURO al mese – pari a 500 milioni delle vecchie lire – solo per le spese ordinarie quali stipendi e costi vivi – “L’Arena” 24.9.2003) è così ingente da non permettere atteggiamenti irresponsabili. Non possono appartenere al patrimonio di cultura politica delle persone ragionevoli, ad esempio: le assurde proposte di Tosi di destinare l’area di S. Giacomo a Borgo Roma a “un allevamento di tori, un tempio indù, un allevamento ittico oppure una muraglia cinese o un’oasi sahariana (vedi “Corriere Veneto” 24.9.2003) ; l’indecente ostruzionismo, durato due giorni, messo in atto in occasione della surroga  di un consigliere (a Bondavalli, dimissionario, subentrava Fiorentino);  l’indefinibile comportamento di Pisa che per 5 ore (3 ore e mezza nella prima seduta e 1 ora e mezza nella seconda) ha letto la storia del trasporto pubblico a Verona a partire dal 1881 (L’Arena, 3.10.2003). La cittadinanza veronese pretende che i propri consiglieri eletti, di maggioranza od opposizione, assolvano con coerenza, serietà e competenza la loro funzione pubblica. Sarebbe istruttivo per tutti i cittadini e le cittadine vedere le registrazioni delle sedute dei Consigli Comunali (e a questo punto come donne ci impegniamo a rendere ciò possibile) affinché la città intera veda come l’opposizione interpreta le opportunità democratiche, ascolti la qualità politica degli interventi che si vogliono “alternativi” al programma dell’attuale maggioranza, tocchi con mano lo spreco delle decine di migliaia di euro che questo modo non democratico di fare opposizione costa a tutti noi. Esigiamo dunque, da subito, il ritorno al buon senso dell’agire politico nel rispetto  dell’utilizzo del tempo e del denaro pubblico e nel riconoscimento del diritto-dovere della maggioranza, democraticamente eletta, di esercitare il suo ruolo di governo.