[Gianluca Carmosino • 16.02.05] Il settimanale “Carta” ha intervistato Mons. Tommaso Valentinetti, vescovo di Termoli - Larino [Campobasso] e presidente della  sezione italiana di Pax Christi...

«VIA GLI ESERCITI DALL’IRAQ». L’APPELLO DI UN VESCOVO

Nonostante la giovane età Mons. Tommaso Valentinetti,  vescovo di Termoli–Larino, da un paio di anni ha sostituito Diego Bona come presidente della sezione italiana di Pax Christi. Alcuni lo chiamano già «il nuovo don Tonino Bello», di certo dal vescovo pugliese ha ereditato la radicalità sui temi della pace e la sua convinzione che il mondo, ma anche la Chiesa, si cambiano dal basso, attraverso l’impegno di movimenti come ad esempio Pax Christi.  

A differenza di altri vescovi, Valentinetti non ama essere al centro delle attenzioni dei media: sono rare le sue interviste, ma ha scelto volentieri di rispondere ad alcune nostre domande.

Il rapimento di Giuliana Sgrena ci riporta in un clima di guerra, dal quale, in realtà non siamo mai usciti. Cosa le ha fatto pensare immediatamente questo sequestro?

Il mio pensiero innanzi tutto va alla famiglia di questa giornalista che certamente sta vivendo un momento di angoscia e di grande incertezza, come del resto tutte le famiglie di quelle persone che vivono lontane dalla loro casa. Sentire che un’ altra persona è stata rapita fa pensare al clima di grande incertezza e di grande disagio nel quale vive tutto il popolo iracheno, nonostante la normale apparenza venuta fuori attraverso il voto espresso alcuni giorni fa di cui è necessario conoscere la vera entità, pur apprezzando il notevole coraggio di chi ha espresso il suo voto. 

Il sequestro di una giornalista, in particolare, ripropone il problema dei media indipendenti e «non arruolati» che cercano di svolgere il proprio mestiere. Qual è la sua opinione a proposito?

Certamente i media devono continuare a svolgere il loro lavoro di informazione sempre più indipendente da qualsiasi centro di potere o di orientamento ideologico. L’informazione è un bene troppo grande perché possa essere oscurato da eventi sia pure difficili e faticosi come quello di un rapimento di una persona. Non bisogna scoraggiarsi anche se il momento è molto complesso.

Quale appello si sente di lanciare in questo momento a tutti i movimenti che hanno davvero a cuore la pace e la nonviolenza?

Di continuare a lavorare senza sosta e senza timidezze perché le giuste esigenze della pace e della nonviolenza possano essere davvero riportate al centro della discussione politica internazionale. Da più parti ormai si chiede, che anche nel caso del conflitto iracheno, la parola torni almeno ai tavoli delle trattative e alle delibere delle Nazioni unite piuttosto che al perdurare della presenza di eserciti in Iraq.

Quale ruolo, in particolare, è chiamata la Chiesa Cattolica ad assumere in situazioni come questa?

La Chiesa fino ad oggi attraverso le parole del papa ha svolto un ruolo fondamentale nella ricerca delle vie della pace e nella composizione pacifica di tutti i conflitti. Queste tematiche, ad esempio, sono state riproposte dal pontefice nel discorso al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede all’inizio del mese di gennaio, riproponendo le grandi quattro sfide per il futuro dell’umanità che sono appunto: la vita, la pace, il pane per tutti e la libertà, particolarmente quella religiosa. Un ruolo notevole stanno svolgendo le organizzazioni di base che continuano il loro lavoro di sensibilizzazione e di riproposizione, di fronte all’opinione pubblica delle istanze della nonviolenza e della pace come appunto il movimento di Pax Christi.

Nel recente Forum sociale mondiale di Porto Alegre, si è svolto anche un inedito forum tra teologi di diverse fedi. Come ripensare anche una teologia in termini di impegno per la pace?

È certamente questo uno dei temi sui quali i teologi sono chiamati a una riflessione molto attenta e puntuale. Per quanto riguarda la Chiesa Cattolica i grandi punti di riferimento restano innanzitutto l’enciclica a Pacem in Terris del beato Giovanni XXIII, ma come non ricordare la Gaudium et spes, ma anche l’enciclica Popolorun progressio di Paolo VI e la Sollecitudo Rei Socialis di Giovanni Paolo II. Certamente i due grandi incontri di Assisi di preghiera per la pace promossi dal papa hanno aperto ampi spazi perché i teologi possano, alla luce di un cammino di ricerca comune, offrire itinerari sempre più convincenti e coinvolgenti per tutti i credenti a percorrere le vie della pace. Il dialogo interreligioso, pur faticoso, è un punto di non ritorno sul quale certamente dovremo impegnarci e lavorare.

Gianluca Carmosino