[A cura dell'Acat-Vo • Maggio 1998] Il giorno 8 maggio 1998 a Soave si è svolto un Interclub (incontro dei club della nostra zona aperto alla popolazione) dal titolo: "Reinserimento nella famiglia, nel lavoro e nella società: difficoltà e pregiudizi". Queste sono alcune delle molte relazioni presentate in quella serata dalle famiglie dei club...

ACAT-VO. RIECCO LA PROPRIA DIGNITA’

Il giorno 8 maggio 1998 a Soave si è svolto un Interclub (incontro dei club della nostra zona aperto alla popolazione) dal titolo: “Reinserimento nella famiglia, nel lavoro e nella società: difficoltà e pregiudizi”. Queste sono alcune delle molte relazioni presentate in quella serata dalle famiglie dei club. TESTIMONIANZE “Mi chiamo Paolo, sono presidente del club 579 di Cazzano, astinente da poco più di un anno. Questo è un tema molto difficile da capire e spiegare per me che da poco sono astinente, però vorrei dare il mio contributo. Il reinserimento comporta non poche difficoltà nell’ambito della famiglia; bisogna cominciare dal niente a ricostruire quel rapporto che era venuto a mancare tra i componenti della famiglia a causa dell’abuso della sostanza, rapporto che comprende: dialogo, sincerità, fiducia, voglia di fare il bene e la serenità di tutti. É un compito molto difficile, ci deve essere da entrambe le parti molta forza di volontà e non bisogna arrendersi e lasciar perdere alla prima difficoltà. I pregiudizi saranno: io che ho avuto il problema con la sostanza sarò accettato nella società senza farmi pesare il passato? Al vedere i loro occhi ho una sensazione di paura, di incertezza, di dubbio. Ma tutto questo non può frenare, ma deve dare la forza per andare avanti, dimostrare che si può con tanta volontà e con l’aiuto delle persone vicine riconquistare con dignità il nostro posto nella comunità, certo con i nostri difetti, ma anche con tante qualità”. “Già di per sè la frase di presentazione esprime sinteticamente tutto il problema. Entrando direttamente nel merito, il primo passo avviene con l’astinenza dalla sostanza, rinuncia fondamentale per l’avvio del programma. Dopo questa prima fase la persona astinente si trova lucida e consapevole del ruolo che viene a ricoprire nella società e principalmente nell’ambito della famiglia. Qui cominciano le note dolenti, perché si pensa che sia sufficiente smettere con la sostanza perché automaticamente tutto si sistemi. Al contrario si risolvono solo quegli atteggiamenti e comportamenti che erano conseguenti all’uso, ma rimane difficile il recupero del proprio posto come marito/moglie/padre/madre… Questo perché per un determinato tempo, più o meno lungo, la persona viveva in un proprio mondo costruito in sua funzione, perdendo conseguentemente la stima, la credibilità, l’affetto di quelle persone che le vivevano accanto, per cui veniva estromesso quasi completamente dalla realtà quotidiana. Tale situazione obbligava in particolar modo i familiari a prendere decisioni e ad amministrare in assenza del suo apporto. Dopo l’astinenza, secondo punto fondamentale è il “rapporto con il mondo che ci circonda”. Il reinserimento nel proprio ambito, sia familiare che sociale, può creare difficoltà sia perché il riacquisto della fiducia è estremamente lungo e difficoltoso ma molto di più perché tale riabilitazione presuppone un cambiamento del modo di essere e di porsi agli altri. Va comunque precisato che tale modifica deve avvenire non solo nel soggetto, ma in tutte le persone che lo sostengono. Cambiamento reciproco che si può sintetizzare in: rispetto, sincerità, considerazione della persona in quanto tale, sostegno morale e materiale, fiducia, condizioni indispensabili per l’inizio di una nuova convivenza civile o per la continuazione di un rapporto. Concludendo, a mio parere, la maggior difficoltà sta proprio nel riacquistare la propria totale e incondizionata dignità come persona e rapportarla agli altri”. (G.) “Per me è assai difficile inserirmi nell’ambiente famigliare, non fisicamente, perché ero sempre presente, ma spiritualmente. Ho conosciuto mio marito 11 anni fa ed ero già un bel po’ di anni dipendente dalle sostanze e in più da 18 anni soffro una bulimia nervosa. All’inizio andava più o meno tutto bene, ma col passare del tempo mi allontanavo sempre più da mio marito. Rifiutavo di partecipare a qualsiasi attività inventando una scusa. Mi serviva lo spazio e la solitudine per le mie abbuffate e ubriacature. Senza rendermene conto, spingevo mio marito a fare la sua vita, senza di me. Sembra strano, ma si può vivere sotto lo stesso tetto, senza dividere passioni, pensieri, problemi, gioie, dolore… Ognuno faceva la sua vita, a me andava bene così e lui pian piano si adeguava. Cinque mesi fa ho avuto la fortuna di conoscere un gruppo di persone stupende, il club di Cazzano. Con il loro aiuto ho cominciato a non usare più sostanze e a non abbuffarmi più. Adesso sono diversa. Comincio a pensare e a migliorare ma sono da sola. Mio marito non mi ha mai conosciuta come sono adesso. Per lui è molto duro starmi vicino visto che l’ho sempre escluso e ora si è abituato alla mia “assenza” e sta bene così; ma a me questo non basta più. D’altra parte non posso pretendere che dopo 11 anni di vita insieme sbagliata, dare un colpo di spugna e cominciare come se fosse tutto a posto”. (E.)


Questo articolo è stato pubblicato sul numero di Maggio/Giugno 1998 del giornale «il GRILLO parlante».